1 - RICHARD ROGERS L'ARCHITETTO CON I TUBI
Marco Belpoliti per "la Repubblica"
Renzo Piano Richard Rogers
Quando la commissione, che doveva decidere riguardo alla costruzione del nuovo centro museale e culturale voluto da Georges Pompidou, prese visione nel 1971 dei progetti, s' accorse che erano 681. Optarono per il numero 493: un enorme parallelepipedo di vetro che s' affacciava su una grande piazza.
A proporlo erano due giovani architetti trentenni: Richard Rogers e Renzo Piano. Uno aveva studiato a Yale, l'altro a Milano, e s' erano uniti a Londra da poco tempo; nel loro curriculum solo una casa per il primo e un edificio e alcune case private in Italia per il secondo.
Renzo Piano Richard Rogers
Forse fu la grande voglia di riuscire che li portò in tre mesi a pensare e disegnare quella che sarebbe stata una macchina non per abitare, ma per conoscere e divertirsi: un centro d'informazione e uno spazio d'incontri. L'Europa era entrata nell'epoca della cultura di massa, effetto della crescita economica degli anni Sessanta. La macchina ludica che i due progettisti avevano concepito era un anti-monumento.
Letto come un progetto della architettura higt-tech in realtà realizzava una delle utopie dell'età contemporanea facendo proprio il clima in cui era sorto lo strutturalismo filosofico e letterario del decennio precedente: le strutture interne, a partire dalle scale per arrivare ai condotti di riscaldamento, non erano più occultate all'interno, bensì mostrate all'esterno.
Renzo Piano Richard Rogers
Quello che ad alcuni era apparso come un mastodontico hangar dava così forma alle gioiose utopie del gruppo inglese di Archigram e produceva un involucro architettonico che gareggiava con quello che di lì a poco avrebbe contenuto. Il Centre Pompidou, costruito tra il 1971 e il 1977 ha segnato senza dubbio la carriera dei due giovanotti che l'avevano concepito col fervente aiuto di Peter Rice, geniale ingegnere irlandese.
Renzo Piano Richard Rogers
Rogers scomparso ieri all'età di 88 anni è stato poi uno degli interpreti più prestigiosi, insieme a Norman Foster di quella tendenza basata sull'uso elevato di elementi ingegneristici e tecnologici e sull'esaltazione estetica delle loro potenzialità espressive. Dei tre architetti più noti di questo indirizzo - Foster, Rogers e Piano - Rogers è quello che ne ha incarnato l'anima romantica con l'uso di scintillanti condotti argentati, tubature e servizi meccanici.
beaubourg
L'altra sua grande opera è Lloyd's Building a Londra (1979-1986). Con i suoi tubi, le superfetazioni metalliche, i cilindri cromati e il montaggio a scatole vetrate è la figlia legittima di Blade Runner . il film coevo del 1982. faceva le pulci sul lavoro del momento, e io a lui.
2 - RENZO PIANO E L'AMICO RICHARD: ERAVAMO RAGAZZACCI
Andrea Plebe per "la Stampa"
Renzo Piano Richard Rogers
E' un pezzo di vita che se ne va, è un pezzo di vita che resta dentro, per sempre. E' un giorno triste per l'architetto Renzo Piano: il collega e amico Richard Rogers, malato da tempo, si è spento a 88 anni a Londra. Insieme, i due hanno firmato nel 1971 il Centre Georges Pompidou di Parigi, l'opera che li ha lanciati nel firmamento dell'architettura mondiale.
«Lui era quello bravo dei due», ricorda Piano con un sorriso pieno d'affetto. Le loro strade professionali si sono poi separate, ma non l'amicizia, durata 50 anni, e che si è allargata alle loro famiglie. «Mio figlio Giorgio è stato suo ospite quando è andato a studiare a Londra, facevamo spesso le vacanze insieme».
Renzo Piano Richard Rogers
Architetto, rievocando l'avventura del Beaubourg, lei ha spesso sottolineato che all'epoca eravate due ragazzacci. Le vostre strade si sono incrociate a Londra, per la prima volta.
«Sì, penso che in qualche modo fossimo destinati a incontrarci. Londra non ha vissuto il '68, come Parigi, ma in quegli anni si respirava lo stesso clima. Io all'epoca facevo esperimenti di strutture leggere e seguivo il lavoro dell'ingegner Makowski, a Londra. Tenni una piccola mostra al Battersea College of Technology e poi insegnavo all'Association of British Architects. Fu in quegli ambienti che Richard e io entrammo in contatto e cominciò la nostra amicizia. Sembravamo scappati da casa, ci sono foto nostre dell'epoca che oggi fanno sorridere».
renzo piano consegna il leone doro alla carriera a richard rogers 2006
Lui era maggiore di quattro anni.
«Quattro anni e 53 giorni, per l'esattezza. E' una differenza di età che può far sorridere, ma allora si sentiva. Per me lui è sempre stato un po' il fratello maggiore, quello dietro al quale correvi e ti impegnavi per stare al suo passo. Lo chiamavo "the old man", perché era più vecchio di me, ma anche perché era più saggio.
richard rogers renzo piano.
Richard era nato a Firenze da una famiglia inglese che si era stabilita in Italia, suo padre Nino era cugino dell'architetto Ernesto Nathan Rogers, la madre aveva origini triestine. Richard poi si era trasferito a Londra con i suoi genitori quando era ancora piccolo. Fra di noi parlavamo in italiano, era il modo per mantenere le sue radici».
Com' era lavorare con lui?
«Era un turbinio di idee. Quando nasce, all'inizio, un'idea è niente, ma è come il ping pong. Se tu la lanci e un altro risponde e tu rilanci ancora, si crea un dialogo da cui può nascere una buona idea, un progetto. Fra di noi alla fine non si capiva mai chi l'aveva avuta, alla fine, quell'idea».
Renzo Piano Richard Rogers
Il Beaubourg ha segnato uno spartiacque nell'architettura: è così?
«Richard e io condividevamo l'idea di realizzare spazi per la gente, luoghi di civiltà. La curiosità è il primo passo e così pensavamo che la cultura non dovessi intimidire le persone, ma attirarle, accoglierle. Il progetto del Beaubourg è nato da questi principi. Eravamo due ragazzacci che avevano desideri esagerati, come la volontà di cambiare il mondo. Ma è giusto, quando si è giovani, avere desideri esagerati, altrimenti non sono niente. E, in fondo, va bene anche da vecchi».
Beaubourg
Qual era la caratteristica di carattere di Rogers che lei ricorda di più?
«In inglese si dice elegant, che non è elegante nel senso dello stile esteriore, è un'eleganza d'animo. E aveva un atteggiamento sempre positivo. Credo che anche questo ci accomunasse. Eravamo entrambi figli di quel temporale che è stato la Seconda guerra mondiale e dopo una tragedia del genere percepisci che ogni giorno sarà migliore del precedente, ogni mese, ogni anno che passa andrà meglio. E' il modo con cui affronti le sfide della vita».
PARIGI CANTIERE BEAUBOURG
Dopo il Beaubourg, le vostre strade si sono divise.
«Mi trovavo meglio a Parigi, Richard a Londra, anche per ragioni familiari, e abbiamo fatto ancora qualcosa insieme ma anche quando non abbiamo più condiviso lo studio a Londra abbiamo continuato a frequentarci: lui veniva a Parigi e io andavo a Londra. Discutevamo i nostri progetti e facevamo levacanze in barca. Richard aveva il cuore nel Mediterraneo».
Rogers aveva un rapporto speciale con la Toscana ma anche con la Liguria, in particolare con Vernazza nelle Cinque Terre.
BEAUBOURG
«Aveva scoperto Vernazza tanto tempo fa e per molti anni ci ha trascorso un periodo, ogni estate. Dopo la terribile alluvione aveva voluto donare un progetto per la rinascita del borgo e ovviamente aveva coinvolto anche me».
Quali sono i suoi progetti che preferisce?
«Ce ne sono tanti, è difficilissimo scegliere, c'è la sede Lloyd's a Londra, il Millennium Dome, l'aeroporto di Madrid così pieno di luce e anche l'ultimo lavoro, una piccola galleria d'arte nel Sud della Francia. La nostra cifra comune è il fatto che abbiamo vissuto la stessa idea della professione:, il nostro lavoro è stato sempre quello di costruire luoghi pubblici, luoghi per la gente».
BEAUBOURG 6
Avete avuto in qualche modo carriere parallele anche sotto il profilo dei riconoscimenti, come il Premio Pritzker, il Praemium Imperiale. Lei stesso ha consegnato a Rogers a Venezia il Leone d'oro alla carriera alla Biennale di Architettura. Non male per due «ragazzacci».
«Lui è diventato Lord, è entrato in Parlamento, mentre io sono stato nominato senatore a vita. Ma sempre dietro di lui, rincorrendolo».
Cosa le resta di lui nel cuore?
PARIGI BEAUBOURG
«La consolazione che siamo ciò abbiamo visto, i libri che abbiamo letto, le persone che abbiamo incontrato. Non saresti nessuno senza le letture, i film, i luoghi visitati, le persone a cui hai voluto bene. Richard è una parte di me e questa consapevolezza, in qualche modo, mi consola in questo momento davvero triste».