Ettore Livini per la Repubblica
magazzino amazon
Il clan esclusivo (5 membri in tutto) dei giganti dell' hi-tech continua a sfidare la forza di gravità - qualcuno sostiene anche il buon senso - a Wall Street. La corsa dei titoli Apple, Microsoft, Facebook, Alphabet (la ex Google) e Amazon conosce da sempre una sola direzione: su, su e ancora su.
Le banche "troppo grandi per fallire" dell' era Lehman, al loro confronto, sono realtà lillipuziane: Citigroup nel 2008 valeva 180 miliardi di dollari, Bank of America 178. I Big 5 digitali capitalizzano in Borsa 3mila miliardi (con una media di 600 miliardi), il 50% in più del Pil dell' Africa. Fossero una nazione, sarebbero la quinta più ricca del mondo, davanti alla Gran Bretagna.
WALL STREET
E la valanga di "buy" degli analisti puntella il crescendo dei loro record finanziari, facendo impallidire le performance dei dinosauri dell' industria. Il palmares 2017 delle azioni di Facebook & C. è impressionante. Tutte hanno archiviato i primi cinque mesi dell' anno con il segno più e con performance che ballano tra il +14% di Microsoft - maglia nera - fino al + 32% di Apple, Alphabet e della creatura di Mark Zuckerberg.
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Il loro valore in Borsa (includendo Alibaba che con il suo +41% da gennaio bussa alla porta del club) è cresciuto in 150 giorni di 720 miliardi - 4,8 miliardi ogni 24 ore - facendo felici tutti i loro azionisti, come accade da anni. Chi ha investito mille euro in Apple nel 1998 e non ha venduto se ne ritrova in tasca oggi (al netto dei dividendi incassati) oltre 320mila. Mille euro puntati su Google nel 2010 sono lievitati a 3.378, la stessa cifra messa su Facebook due anni dopo è cresciuta a 3.979.
BANDIERA INGLESE
Ridono i piccoli soci, stappano champagne (senza più sapere come spendere il loro patrimonio) i fondatori, impegnati come ragazzini nel paese dei balocchi a spedir navette nello spazio, sperimentare auto senza autista o elettriche e treni levitazione magnetica capaci di volare a mille all' ora. Se Jeff Bezos vendesse oggi il suo 16,9% di Amazon si metterebbe in tasca un tesoretto da 80 miliardi. Più o meno quanto incasserebbe Zuckerberg uscendo dal suo social. Apple da sola vale 800 miliardi, più della Borsa di Milano e del Pil dell' Olanda.
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Il confronto con il mondo brick and mortar - "mattoni e malta", come chiamano in America l' economa reale - è imbarazzante. Il colosso della grande distribuzione Walmart ha fatturato nel 2016 oltre 478 miliardi contro i 135 del rivale Amazon, macinato 15 miliardi di utili (contro i 2,3 miliardi del gruppo di Bezos) e ha 2,3 milioni di dipendenti contro i 341mila del concorrente. Eppure in Borsa vale 237 miliardi, la metà di Amazon.
La capitalizzazione di Apple è il triplo della Coca-Cola e di Walt Disney e il quadruplo di McDonalds. Le dimensioni dei cinque giganti digitali - sommate alle loro ricche spese di lobbying, qualcosa come 60 milioni l' anno - li hanno resi quasi intoccabili per politica e autorità di controllo.
Le politiche di "ottimizzazione fiscale" - così le chiamano loro consentono ai Big 5 di pagare molte meno tasse dei rivali e dei comuni mortali, giostrando i profitti con un brillante rimpiattino tra Paesi e centri finanziari dove il fisco è low-cost. Risultato: solo il 15% dei ricavi di Microsoft se ne va in imposte. L' aliquota sale (si fa per dire) al 18% per Facebook e al 20% per Alphabet. Briciole rispetto al 40% di Fca o al 35,4% di Luxottica.
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Di più: per evitare di pagare balzelli troppo onerosi all' erario, i Moloch di Wall Street hanno deciso da qualche anno a questa parte di non riportare parte dei loro profitti in patria, lasciandoli parcheggiati in ridenti paradisi offshore dove la parola "tassa" non è nemmeno prevista nei vocabolari. In tutto si tratta di 400 miliardi, più del debito della Grecia.
melania e donald
Donald Trump vorrebbe costringerli ora a rimpatriare tutto questo ben di Dio per il bene delle entrate Usa. Ma far la guerra con i giganti non è facile. E i loro lobbisti hanno fissato l' asticella per il compromesso con la Casa Bianca: i soldi rientreranno solo se sarà applicata una tassazione ridotta del 10% contro il 35% che paga il resto dei contribuenti Usa. Risparmio: 90 miliardi. Per loro, in fondo, sono spiccioli.