Marco Maffettone per l'ANSA
VENAFRO ZINGARETTI
Si è concluso con una assoluzione con formula piena il processo a carico dell'ex capo di gabinetto della Regione Lazio Maurizio Venafro accusato di turbativa d'asta in uno dei filoni di Mafia Capitale. Lo hanno deciso i giudici della II sezione penale del Tribunale capitolino che hanno, invece, condannato a un anno e quattro mesi (pena sospesa) Mario Monge, dirigente della cooperativa Sol.Co. Le accuse si riferiscono all'assegnazione, nel 2014, dell'appalto del servizio Recup, il centro unico prenotazioni delle prestazioni sanitarie della Regione.
Un processo-lampo quello a carico dell'ex braccio destro di Zingaretti e al dirigente della Coop, durato sei mesi. Nei loro confronti il procuratore aggiunto, Paolo Ielo, aveva sollecitato una condanna a due anni e sei mesi per Venafro, a due anni per Monge. I giudici hanno disposto l'assoluzione per l'ex capo di gabinetto con la formula "per non aver commesso il fatto". Monge dovrà invece risarcire in altra sede le parti civili costituite e versare alcune provvisionali, tra le quali anche una di 60mila euro alla parte civile Regione Lazio.
maurizio venafro
Subito dopo essere stato indagato, Venafro, il 24 marzo dello scorso anno, si dimise dal suo ruolo in Regione. Una decisione accompagnata da una lettera in cui spiegava la sua decisione "unilaterale ed irrevocabile" ribadendo la "sua massima fiducia nella magistratura". E oggi proprio il governatore del Lazio ha sottolineato come "Venafro ha affrontato questa vicenda in maniera esemplare, dimettendosi per una questione di opportunità dopo l'avvio delle indagini nei suoi confronti, convinto della sua innocenza".
"Ha combattuto nel processo per difendere le sue ragioni senza concedere mai nulla alla polemica pubblica - ha aggiunto Zingaretti -. Tutto questo conferma che è importante avere fiducia nel lavoro della magistratura e nel sistema processuale. Meno fiducia - ha sottolineato il presidente - ho nel mix tra una certa cattiva stampa e molta cattiva politica che trasforma le indagini, gli avvisi di garanzia e i rinvii a giudizio in condanne prima dello svolgimento dei processi".
E di strumentalizzazione parla il Pd Lazio, che ribadendo di "aver sempre creduto alla sua onestà ed alla sua correttezza di professionista al servizio della Regione Lazio e del Presidente Zingaretti", punta l'indice contro chi "con cinismo e spregiudicatezza, ha provato a strumentalizzare la vicenda, pensando di ottenerne un misero tornaconto politico". Mentre per il M5S "Venafro è innocente, ma resta il tema politico".
ORFINI GIACHETTI
E nel susseguirsi di dichiarazioni bipartisan post processo c'è anche il capogruppo di Fi alla Regione Lazio, Antonello Aurigemma, che plaude "a chi può dimostrare la propria innocenza nelle sedi preposte"; chi, come il parlamentari del Pd Roberto Giachetti chiede: "e tutto il fango di cui è stato ricoperto...?"; e chi, come l'altro parlamentare dem Stefano Esposito tuona: "Ora gli venga restituita onorabilità e il suo ruolo".
Secondo l'accusa, Venafro, era scritto nel capo di imputazione, "avrebbe concorso a indirizzare l'aggiudicazione dell'appalto in un'ottica di spartizione tra cooperative vicine ad ambienti di destra e di sinistra".
Antonello Aurigemma
Nel corso del suo esame in aula, il 20 giugno scorso, Venafro ha ammesso di aver segnalato il nome di Angelo Scozzafava per la commissione gara del Cup ma di non "avere mai fatto favori a nessuno" e in particolare all'allora capogruppo regionale del Pdl, Luca Gramazio, ora imputato nel maxiprocesso in corso a Rebibbia. "Sul merito della gara lui non mi disse nulla - raccontò Venafro ai giudici - così come non parlò mai di aggiudicazione: se lo avesse fatto, lo avrei buttato fuori dalla finestra".