Fabrizio d’Esposito per il “Fatto quotidiano”
NAPOLITANO QUIRINALE
È successo, raccontano, la settimana scorsa, a cavallo del discorso del Ventaglio in cui ha affrontato, per l’ennesima volta, il tema delle sue dimissioni. Giorgio Napolitano, con molta discrezione, è tornato a Palazzo Giustiniani per un sopralluogo al suo futuro studio da presidente emerito della Repubblica. Ottantanove anni compiuti a fine giugno, nel giorno che celebra i santi Pietro e Paolo, il 29, il capo dello Stato ha voluto mantenere alta la sua fama di gran pignolo e ha visitato di persona la sua prossima sede di lavoro. Per un Senato che muore, c’è già il primo parlamentare a vita che si prepara.
L’INCONTRO CON SCHIFANI E IL TORMENTONE DELL’ADDIO
A Palazzo Giustiniani, Napolitano ha incrociato l’ex berlusconiano Renato Schifani, oggi nell’alfaniano Ncd, che lì ha il suo ufficio in quanto ex presidente di Palazzo Madama. Così la notizia dell’incontro tra i due si è sparsa, alimentando nuove voci e nuovi scenari sulla data delle dimissioni di Re Giorgio.
PalazzoQuirinale D
Un tormentone che lo stesso Napolitano aveva tentato di stoppare nella parte finale del suo intervento alla cerimonia con i giornalisti, il 22 luglio scorso al Quirinale: “Si tende a omettere l’altra riserva da me più volte richiamata, relativa alla sostenibilità, dal punto di vista delle mie forze, di un pesante carico di doveri e funzioni. E quest’ultima è una valutazione che appartiene solo a me stesso, sulla base di dati obbiettivi che hanno a che vedere con la mia età, a voi ben nota. Ma – ve lo ripeto – non esercitatevi in premature e poco fondate ipotesi e previsioni”.
MATTEO RENZI
In ogni caso, il capo dello Stato aveva comunque fornito una scadenza: “Io sono concentrato sull’oggi: e ho innanzitutto ritenuto opportuno e necessario garantire la continuità ai vertici dello Stato nella fase così impegnativa del semestre italiano di presidenza europea”. Ossia fino alla fine dell’anno. Le cose stanno davvero così?
L’ALLARME DI FORMICA E LE CRITICHE DI SCALFARI
A complicare il percorso immaginato da Napolitano è però la battaglia in corso al Senato sulla riforma istituzionale. Il segnale più evidente è arrivato da Rino Formica, antico socialista e amico del presidente della Repubblica, che al Fatto, intervistato da Carlo Tecce, ha detto che il percorso del ddl costituzionale iberna di fatto Napolitano al Quirinale. Altro che dimissioni a gennaio.
NAPOLITANO VENTAGLIO
Dopo l’approvazione in prima lettura al Senato, tra agosto e settembre, “si apre un anno bianco, il Quirinale non potrebbe sciogliere le Camere e Napolitano non si potrebbe dimettere. A un uomo di 89 anni è richiesto uno sforzo enorme, un sacrificio”. Parole chiarissime. Il Fatto ha interpellato un altro amico storico del capo dello Stato, Emanuele Macaluso, ma questi dopo un giorno di riflessione ci ha risposto: “Con voi non parlo più, state conducendo una campagna vergognosa, siete un giornale egemonizzato dalla destra”.
A questo punto torna utile leggere quanto scritto da Eugenio Scalfari domenica scorsa su Repubblica. Anche il Fondatore frequenta il Quirinale e fonti attentissime di Pd e FI riferiscono che “Napolitano condivide alcune critiche mosse da Scalfari sul metodo muscolare di Renzi”. Di qui, “l’attuale nervosismo del capo dello Stato sulle regole di ingaggio imposte dal premier”.
Rino Formica
IL PESO DELL’ETÀ E LA CORSA CONTRO IL TEMPO
Dove possa sfociare “il nervosismo” di Napolitano contro Renzi è impossibile prevederlo. L’uomo del Colle ha sempre avuto la stella polare del realismo e del gradualismo e in tre anni ha gestito tre premier diversi, non eletti: Monti, Letta e lo stesso Renzi. Stavolta però c’è una variabile nuova. Le forze e l’età del presidente, richiamate nel discorso del 22 luglio scorso, che di fatto trasformano, per Napolitano, il percorso delle riforme in una corsa contro il tempo.
È sempre Formica a dare una scadenza nuova: “Deve affrontare ancora un anno”. Da gennaio 2015 si arriva a luglio, dopo il novantesimo compleanno del capo dello Stato. Tutto torna, calcoli alla mano. E secondo autorevoli interpretazioni pervenute a noi, il messaggio sottinteso alle frasi di Formica è questo: dopo l’eventuale approvazione della riforma Boschi non può che esserci lo scioglimento del Parlamento.
MARIA ELENA BOSCHI
IL CALENDARIO DEL 2015 E LO SCIOGLIMENTO
Ecco il calendario ipotizzato: a settembre passa la prima lettura al Senato (quella in corso), a ottobre la seconda alla Camera, a dicembre la terza a Palazzo Madama, a gennaio la quarta e ultima a Montecitorio. Poi i tre mesi per il referendum confermativo, ad aprile. In caso di esito positivo, Napolitano scioglierebbe le Camere e le elezioni farebbero nascere la nuova Repubblica del Nazareno, tra maggio e giugno.
Palazzo Chigi RENZI AFFACCIATO ALLA FINESTRA DI PALAZZO CHIGI IN MAGLIETTA BIANCA
Le sue dimissioni dal Quirinale sarebbero contestuali (che senso avrebbe eleggere il successore di Napolitano a gennaio, con la vecchia Costituzione?). Un mese per insediare i nuovi organi e si arriverebbe così a luglio per eleggere il nuovo capo dello Stato. Se invece il referendum dovesse bocciare la riforma, Napolitano avrebbe due alternative: lasciare Renzi a Palazzo Chigi e dimettersi, oppure sostituirlo e dimettersi comunque. Lo scenario è questo. Altro che i mille giorni di Renzi.