Giordano Tedoldi per “Libero Quotidiano”
lucas e il droide
George Lucas, che ha avuto il genio di fondare una saga fantascientifica e religiosa in cui maestri spirituali insegnano la Forza (la fede) a discepoli vestiti come pescatori della Galilea, tutti uniti contro il lato oscuro che, va da sé, è la miscredenza, il materialismo satanico, insomma il potere, ha venduto nel 2012 i diritti del ciclo di Guerre Stellari alla misticissima Walt Disney, compagnia che tutti ricordiamo per Topolino che ma che da tempo è un colosso dell' entertainment, insomma l' equivalente dell' Impero rispetto ai Ribelli.
lucas con robot sul set
La vendita dei diritti ha fruttato a Lucas (che già godeva di un patrimonio stimato da Forbes in 5.1 miliardi) altri 4 miliardi di dollari. Ora bisogna capire che se tu vendi il tuo baraccone cinematografico a uno degli studios più potenti per quella mirabolante cifra, è anche logico che tu possa perdere la testa.
carrie fisher e george lucas sul set
Se poi vedi che, senza il tuo contributo (Lucas è stato estromesso del tutto dalla realizzazione del settimo episodio, Il risveglio della forza) il nuovo film si avvia a diventare il campione di incassi universale, puoi anche aver voglia di sabotare il successo altrui. Cosa che Lucas ha tentato maldestramente in un'intervista: «Ho venduto i miei figli (così chiama le sue Guerre Stellari, ndr) agli schiavisti bianchi che li prendono e poi…» e con una risata ha interrotto la sua dichiarazione, seguita da una domanda evasiva dell' intervistatore, conscio dei casini legali imminenti.
alec guinness e george lucas sul set
Già, perché in America, che da questo punto di vista qualche macchia sulla coscienza ce l' ha, dare dello «schiavista bianco» a qualcuno non è proprio una leggerezza, e tantomeno se lo schiavista bianco è quello cui tu, leggendario regista dell' originale serie doc di Guerre Stellari, hai venduto i tuoi «figli» per 4 miliardi di dollari.
Lucas si è accorto di aver combinato un guaio, e già il giorno dopo ha rilasciato una dichiarazione, sicuramente misurata parola per parola non dal saggio maestro Joda, ma da qualche avvocato furibondo della Disney, in cui eleva un inno di lode agli ex schiavisti, di cui è «orgoglioso» per come hanno ampliato la serie originale «in film, televisione e parchi a tema», e soprattutto si scusa per aver «straparlato» e per quella «infelice analogia» con i negrieri delle piantagioni di cotone in cui lavoravano Qui Quo e Qua, frustati a sangue da Zio Paperone e sorvegliati dai latrati di Pluto.
george lucas warwick davis e george lucas
Ora, si potrebbe ascrivere tutta la vicenda nella categoria: ex grande regista (saremo snob, ma per noi Lucas è grande fino ad American Graffiti poi il suo lato infantile, più che oscuro, prende il sopravvento) che la società dello spettacolo ha innalzato a fondatore di una nuova religione, i cui santi sono mostri pelosi, robottini e adolescenti che duellano con lunghe spade brillanti, perso del tutto il senso della realtà dopo aver lucrato più che poteva sulle sue fantasie spaziali, tenta di fare il «ribelle», il Luke Skywalker della situazione, scagliandosi contro l' impero Disney.
Peccato che nessuno l' abbia obbligato a vendere due anni fa i diritti dei suoi film, se non un fattore così umano da essere del tutto comprensibile: l' avidità. George Lucas è avido, questa è la vera rivelazione, non di chi è figlio Luke o che diavolo di differenza c' è tra la spada laser verde, quella rossa e quella blu, e perché una è più lunga dell' altra.
george lucas e jj abrams
Essere avidi è scusabile, a Hollywood poi è diciamo pure richiesto, ma l' ipocrisia di andare a scomodare un paragone così enorme, quello con lo schiavismo, per togliersi i sassolini dalle scarpe nei confronti del nuovo padrone della serie, fa un po' pena. Diciamo che Orson Welles non l' avrebbe mai fatto: e lui sì che con gli studios ingaggiò vera battaglia fino a creparne, altro che la Forza delle chiacchiere con le tasche piene.