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    UN’INFANZIA A PANE E LUPARA – LE MEMORIE CRIMINALI DI MATTEO MESSINA DENARO TRA PENSIERI SULLA MORTE, CITAZIONI DI FILOSOFI, CANTANTI E CULTURA MAFIOSA: “NELL’AMBIENTE IN CUI SONO NATO E CRESCIUTO LE ARMI RAPPRESENTAVANO UN IMPORTANTE MOMENTO EDUCATIVO DELLA VITA. LE PERSONE PERICOLOSE, HO IMPARATO, NON SONO QUELLE ARMATE, MA QUELLE NON EDUCATE ALL’ETICA DELLE ARMI, ALLA RESPONSABILITÀ DELLE PROPRIE AZIONI” – POI CITA TRUMP: “I GIORNALISTI SONO TRA GLI ESSERI PIÙ DISONESTI DELLA TERRA…”


     
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    Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

     

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    «Nell’ambiente in cui sono nato e cresciuto le armi rappresentavano un importante momento educativo della vita», scriveva Matteo Messina Denaro negli appunti destinati alla figlia Lorenza con la quale non ha avuto rapporti fino alla cattura avvenuta un anno fa per mano dei carabinieri del Ros. Memorie di vita vissuta in cui tra pensieri sparsi, massime di filosofi e cantanti, considerazioni varie sulla vita, la morte, le donne e i rapporti umani, affiorano qua e là tracce di mafia.

     

    Nonostante il boss, negli interrogatori davanti ai magistrati, abbia negato di avere fatto parte di Cosa nostra. Ma l’ammissione di essersi alimentato a pane e lupara fin da bambino sembra il riferimento a un destino al quale non ha potuto sottrarsi: uomo d’onore e capomafia il padre, uomo d’onore e capomafia lui, che aggiunge: «Le persone pericolose, ho imparato, non sono quelle armate, ma quelle non educate all’etica delle armi, alla responsabilità delle proprie azioni».

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    La morale Messina Denaro rivendica dunque una sorta di morale per chi fa uso della violenza.

    […] a giugno ’93 arrivò il primo mandato d’arresto, quando Matteo aveva 31 anni.

    Cominciò allora la sua latitanza, e nei quaderni ritrovati nel covo di Campobello di Mazara ha scritto: «La vita per me è finita a 31 anni, il resto è stato solo un interminabile strascico». Ma a quell’età aveva già alle spalle un gran numero di omicidi e buona parte delle stragi di cui è stato ritenuto responsabile, insieme ad altri mandanti ed esecutori mafiosi.

     

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    […] Nella sua logica, evidentemente, eliminare nemici non è viltà. Tanto che davanti al giudice, ad di là di una generica dichiarazione di estraneità ad ogni addebito, s’è premurato di chiamarsi fuori solo dagli episodi più efferati: non fu lui a strangolare e sciogliere nell’acido il bambino Giuseppe Di Matteo (in effetti fu condannato solo per il rapimento); e precisa che la fidanzata del boss Giuseppe Milazzo, uccisa con il suo compagno, non era incinta.

     

    […] Poi una citazione dell’ex presidente Usa Donald Trump («i giornalisti sono tra gli esseri più disonesti della terra»), a cui rivolge un pensiero: «Onore a te, Trump, per averlo pensato e soprattutto per averlo detto... Grazie, mi hai fatto sentire meno solo».

     

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    […]

    I legami con il padre-boss («è stato il mondo, io per te sono il deserto», si rammarica con Lorenza»), sono rivendicati e decantati quasi in ogni pagina; e così l’attaccamento e la fedeltà a una famiglia che descrive come perseguitata. […] non c’è rimpianto, nei pensieri del padrino, tantomeno di essere appartenuto a «una stirpe illustre». […]

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