Marco Giusti per Dagospia
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Eccoci. Tutto come previsto. Da Cate Blanchett che se la vedrà con Michelle Yeoh, asiatica e orgogliosamente sessantenne, a Colin Farrell in versione vecchia Irlanda che se la vedrà con Brendan Fraser in formato king size, da Steven Spielberg unico regista dell’ormai vecchia Hollywood rimasto a lottare contro i registi più giovani, come Daniel Kwan e Daniel Reichert, da Guillermo Del Toro candidato come miglior film d’animazione per il “Pinocchio” antifascista di Netflix con tanto di Duce cattivo, dall’invasione di film europei come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Edward Berger e “Triangle of Sadness” di Ruben Ostlund, dalle nomination della bellissima Ana De Armas per “Blondie” di Andrew Dominick e di Paul Mescal per “Aftersun” di Charlotte Wells.
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Alla fine una decina di film si contenderanno gli Oscar 2023 il prossimo 12 marzo. Il più votato è "Everything Everywhere All At Once" di Daniel Swain e Daniel Reichert noti come The Daniels con ben 11 nomination, film-regia-protagonista- non protagonisti, il tedesco "Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Edward Berger con ben 9 nomination, film-regia- sceneggiatura, l’irlandese "The Banshees of Inisherin" di Martin McDonagh ne ha nove 9, tutte pesanti, film-regia-ben 5 attori tra protagonisti e non protagonisti, sceneggiatura, "Elvis" di Baz Luhrman ne ha 8, film-protagonista, ma non la regia, "The Fabelmans" di Spielberg ne ha 7, film-regia- protagonista femminile, "Top Gun: Maverick" ne ha 6, film- effetti speciali, "Black Panther: Wakanda Forever" di Ryan Coogler ne ha 5, compresa quella per Angela Bassett, "Tár" di Todd Field ne ha 5, film- regia – protagonista. I migliori film in concorso sono ben dieci.
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“Niente di nuovo sul fronte occidentale”, “Avatar: La via dell’acqua”, “The Banshees of Inisherin”, Everything Everywhere All At Once", “The Fabelmans”, “Top Gun: Maverick”, “Triangle of Sadness”, “Women Talking”. E di questi solo cinque sono nominati anche per la miglior regia, “The Banshees of Inisherin”, Everything Everywhere All At Once", “The Fabelmans”, “Tar”, “Triangle of Sadness”. Stupisce che non ci sia neppure un film diretto da un regista nero. E per fortuna che “Women Talking” è diretto da una donna, Sarah Polley.
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La comunità afro-americana ha solo due non-protagonisti da spingere, la favolosa Angela Bassett, candidata per “Black Panther: Wakanda Forever”, e la new entry Brian Tyree Henry del deludente “Causeway” di Lila Neugebauer, il film che avrebbe dovuto rilanciare Jennifer Lawrence come soldatessa lesbica che torna dall’Afghanistan. Potevano almeno inserire la fantastica Taylor Russell di “Bones and All” di Luca Guadagnino, film completamente snobbato dall’Academy (i cannibali non vanno, si sa…). Magari ci saranno polemiche. Gli asiatici almeno si possono rifare con le candidature forti per Daniel Kwan, Michelle Yeoh, Stephanie Hsu e Ke Huy Quan, tutti nello stesso film, “Everything Everywhere All At Once”. E gli irlandesi sono ben rappresentati da tutto il cast di “The Banshees of Inisherin” e perfino da un miglior film non in lingua inglese, “The Quiet Girl” di Colm Bairéad.
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Filmoni di successo come “Avatar: La via dell’acqua”, “Top Gun: Maverick” o “Elvis” entrano un po’ di straforo tra i migliori film, pronti a non vincere nulla, e se “Elvis” almeno vede candidato il protagonista Austin Butler, di “Top Gun: Maverick” si segnalano solo le valenze tecniche. “Babylon” di Damien Chazelle è candidato solo per la scenografia. Tra i film stranieri troviamo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Edward Berger, “Argentina, 1985” di Santiago Mitre, “Close” di Lukas Dhont, “Eo” del vecchio Jerzy Skolimowski, e il già nominato irlandese “The Quiet Girl” di Colm Bairéad, che ha già vinto Berlino e non è mai arrivato in Italia.
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Tra le nomination meno ovvie troviamo quella dello stagionato Bill Nighy come protagonista di “Living”, lo trovate ancora in sala, del più giovane Paul Mescal protagonista di “Aftersun”, lo trovate in sala e su Mubi, della sempre strepitosa Andrea Riseborough per “To Leslie” di Michael Morris, altro film mai arrivato dalle nostre parti.
Per quanto riguarda la forza dei festival europei, Venezia e Cannes più o meno sono pari. Venezia candida “Tar”, “The Banshees of Inisherin”, “All the Beauty and the Bloodshed” di Laura Poitras, che brilla tra i migliori documentari, e a Venezia vinse addirittura il Leone d’Oro, “Argentina, 1985”, “Blondie” per Ana de Armas, ma poco e nulla hanno “Bardo” e “White Noise”, che vennero molto spinte lo scorso settembre. Cannes candida “Triangle of Sadness”, “Elvis”, “Top Gun: Maverick”, “Eo”.
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Chi vincerà? Buona domanda. A naso se la battono “The Banshees of Inisherin” di Martin McDonagh, che può sempre accontentarsi degli attori e della miglior sceneggiatura originale, “The Fabelmans” di Spielberg, vero premio di retroguardia, per farsi un altro pianto sulla fine del cinema e del 35mm, o magari il più fresco, cattivo e anticapitalista “Triangle of Sadness” di Ruben Ostlund, che è un po’ la prosecuzione di “Parasite”. E l’Italia? Lasciamo perdere, escluso "Le Pupille" di Alice Rohrwacher, in lizza come miglior cortometraggio.
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