Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
HENRY JOHN WOODCOCK
C'è una seconda inchiesta della Procura di Roma a carico di Henry John Woodcock, oltre a quella per violazione di segreto. Il pubblico ministero napoletano è indagato per falso, in concorso con l'ex capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, autore di comunicazioni su una presunta auto dei servizi segreti che avrebbe spiato le mosse dei suoi carabinieri impegnati negli accertamenti sull'imprenditore Alfredo Romeo.
Secondo l' accusa, quando inserì questo dato nell'informativa trasmessa agli inquirenti Scafarto già sapeva che i Servizi non c'entravano, ma poi è stato lo stesso ufficiale a chiamare in causa il magistrato; quella scelta non fu sua, ma «indotta» dal pm, avrebbe detto in un interrogatorio, prima di trincerarsi nel silenzio tenuto negli ultimi mesi.
scafarto
«Questo è quanto emerge dalle dichiarazioni del capitano, che naturalmente sono da valutare in sede penale», ha spiegato nel luglio scorso il procuratore generale di Napoli Luigi Riello alla prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, che ha aperto un fascicolo per valutare l'ipotetica «incompatibilità ambientale» di Woodcock.
Dunque stavolta l' accusa proviene direttamente dall' investigatore che collaborava con lui nel caso Consip, autore del rapporto che si sospetta manipolato, e ora il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, assieme all' aggiunto Paolo Ielo e al sostituto Mario Palazzi, dovranno valutare la fondatezza delle sue dichiarazioni. Woodcock, interpellato su questa nuova indagine a suo carico, non ha voluto fare commenti.
JOHN HENRY WOODCOCK
Sul conto di Scafarto i pm di Roma vaglieranno anche le dichiarazioni del procuratore di Modena Lucia Musti alla stessa commissione del Csm, che ha avuto parole tutt' altro che lusinghiere per l' ufficiale dell' Arma e per il suo lavoro. Dopo che lui le aveva anticipato, «un' indagine importante con il dottor Woodcock, da cui scoppierà un casino, arriviamo a Renzi», la Musti decise di non incontrarlo più: «Dissi ai miei colleghi "io di questo non voglio sapere niente, abbiamo fatto bene a liberarcene subito perché questi sono dei matti"». E ancora: «Faceva lo sbruffone Un modo di fare che non è serio Una persona così, che parla in questo modo, in qualche modo viola il segreto».
SCAFARTO
Era il settembre del 2016. Il contatto tra Musti e Scafarto (e inizialmente anche con il colonnello Sergio De Caprio, l' ex capitano Ultimo, che le avrebbe detto «dottoressa, lei ha una bomba in mano e se vuole può farla esplodere») risaliva a oltre un anno prima, aprile 2015, ed era avvenuto a causa dello stralcio dell' inchiesta sulla Cpl-Concordia finito a Modena, con le carte trasmesse da Woodcock e materialmente portate dal capitano.
Ma appena il procuratore ebbe modo di guardare l' informativa del Noe (contenente, fra l' altro, le intercettazioni tra l' ex premier Matteo Renzi e il generale della Finanza Michele Adinolfi, che con l' indagine non avevano nulla a che vedere, poi pubblicate da Il Fatto ) rimase più che perplessa: «È un' informativa terribile, dove ci si butta dentro qualunque cosa, che poi si manda in tutta Italia Sono una serie di capitoli, ben undici, e in effetti l' unico che a noi interessava era il capitolo 2 Tutti gli altri, se si leggono già i titoli, riguardano fatti che sono di competenza di cinque o sei Procure d' Italia».
LUCIA MUSTI
Ma le critiche della pm non si limitano ai carabinieri del Noe, investono anche i colleghi: «Io dico che un po' la colpa è anche nostra, perché siamo noi che dobbiamo dire che le informative non si fanno così, e soprattutto io non ritengo che quando si fanno degli stralci si debbano mandare dei capitoli di competenza di altri uffici».
Invece è ciò che avvenne con l'invio delle carte a Modena: c'era il rapporto finale del Noe, completo delle telefonate Renzi-Adinolfi che a Napoli Woodcock aveva omissato nel suo fascicolo. Tuttavia dall' audizione del procuratore Musti al Csm emerge un' altra, inquietante ipotesi, avanzata da qualche consigliere.
TIZIANO RENZI
I Dvd con gli atti allegati arrivarono a Modena in un plico non sigillato, e così uno dei componenti del Csm domanda: «Quindi potrebbe essere il Dvd partito da Napoli, o un Dvd che per strada potrebbe essere diventato diverso, in teoria», alludendo alla possibilità che il carabiniere abbia consegnato un documento diverso da quello affidatogli da Woodcock.
La Musti risponde: «Tutto può essere, non c'erano sigilli», e il consigliere commenta: «Poiché Scafarto lo abbiamo conosciuto, negli ultimi mesi, come persona particolarmente spregiudicata, la mia è una domanda lecita». Il procuratore di Modena spiega che non si allarmò all' arrivo del plico non sigillato contenenti documenti segreti: «Scafarto veniva in nome e per conto del dottor Woodcock, che mi aveva telefonato e mi aveva detto "ti mando il capitano", quindi era un suo messo, come dire».
A proposito delle intercettazioni sul telefono di Tiziano Renzi chieste dalla Procura di Napoli alla vigilia dell' interrogatorio del marzo scorso (da cui scaturì la telefonata con il figlio Matteo, pubblicata anch' essa su Il Fatto ), il pg Riello ha riferito al Csm che Woodcock e la sua collega Celeste Carrano sostengono di aver preso quella decisione «in accordo con la Procura di Roma», che nel frattempo aveva indagato Renzi sr per traffico d' influenze.
LUCIA MUSTI
I pm della capitale hanno replicato di essersi limitati a «prendere atto», di quella scelta, poiché non è loro compito «confutare né condividere le scelte investigative di un altro ufficio». Versioni diverse, e il pg di Napoli commenta: «Non emergono contrasti» tra i due uffici, ma nemmeno «piena sinergia».