• Dagospia

    LE PAGELLE DI EMILIO FIDO - MARINA E PIERSILVIO, BRAVISSIMI - FRANCESCA PASCALE? UN'INGRATA - TOTI? ABBIAMO LA STESSA CAMERIERA, UN PACCIOCONE - MENTANA? UN GIORNALISTA DI GRANDISSIMO RISPETTO - CECCHI PAONE AL TG4 NON È AL SUO POSTO, INFATTI SE NE STA ANDANDO - RENZI? SIMPATICO, COPIA BERLUSCONI


     
    Guarda la fotogallery

    Cristiana Lodi per “Libero Quotidiano

     

    «Avevo 14 anni quando sono fuggito di casa per andare sull' Etna. Volevo raccontare ai compagni di classe l' eruzione del vulcano. Era quasi Natale, il cielo compresso di neve. Arrivo alle basi del cratere al Rifugio Sapienza e trovo una troupe cinematografica con una montagna di telecamere al seguito. "Tu chi sei?", mi chiede un tipo scorbutico impegnato ad avvitare un cavalletto. "Sono un giornalista", dico».
     

    emilio fede e la drag burlesque ines rodriguez 3 emilio fede e la drag burlesque ines rodriguez 3

    Aveva 14 anni, direttore.
    «Appunto. "Cosa c' è da fare?", domando al musone. E lui: "Il mulo. Puoi spingere il mulo"».
     

    Lei?
    «Spinsi il mulo carico di attrezzi sfavillanti. Devi sempre spingere il mulo se vuoi arrivare. Devi spingere e spingere e spingere, finché arrivi».
     

    E a spiegare dov' è (o era) arrivato è la fenomenale carriera che il Direttore porta con sé. "Emilio Fido" lo ha ribattezzato e insultato chi lo criticava per il suo essere schierato a favore dell' editore Silvio Brlusconi quand' era alla guida del Tg4; senza considerare che non era sicuramente lui il più "fedele" fra i giornalisti asserviti a questo o a quel politico. A questo o a quel parito.
     

    emilio fede emilio fede

    "Un volto alla fiducia" ha brillantemente titolato il Manifesto nel 2004. E lui, quella copertina, la tiene con orgoglio al centro della libreria carica della sua storia mischiata alla storia dei grandi. Si muove fra bandiere (Nassiyria), targhe, encomi, medaglie e berretti aquilati (Operation Desert Storm). Sfoglia plichi di foto di lui ritratto coi big, che sono il bottino di tanti successi. «Però a me piacciono molto i fiori», dice spalancando la veranda che s' affaccia sul parco di Milano 2. A Residenza Cantone 951, dove abita, è uno sbocciare di ortensie e gardenie «le gardenie sono le mie preferite» dice Emilio Fede, nato nel '39 a Barcellona Pozzo di Gotto (Sicilia-Messina).


    «... se penso a quel mulo e a ciò ch' è venuto dopo, trovo che tutto sia immenso quanto prevedibile».

    Nel senso che era già scritto?
    «Ah, sì... non lo puoi modificare. Senti questa: 20 novembre 1974, è l' epoca in cui lavoro in Africa. Siamo in 5 e dobbiamo andare da Nairobi a Johannesburg con Lufthansa. Lo ricorderò per la vita: era il volo LH Boeing 747 con decollo alle 8,30. Noi siamo in ritardo, ma anche l' aereo lo è. Ha ancora lo sportellone aperto, là sulla pista. Imploro il caposcalo: "Ti prego, facci salire". Mi sbraccio, saluto, mando baci: devo arrivare in Mozambico, come faccio? Niente da fare, il Boeing 747 chiude lo sportellone. Si alza e va. Due, tre minuti dal decollo e... boom! Esplode! Trecento morti. Quaranta i superstiti. Noi, i miracolati, siamo lì e riprendiamo tutto. Bambini che bruciano, una catastrofe straziante».

    emilio fede emilio fede


    Lei ha detto che, professionalmente, preferisce il dolore.
    «Si».

    Le piace la disgrazia?
    «Non sono io a fare esplodere gli aerei, a provocare gli attentati o a fare scoppiare la guerra. Ma dato che ci sono, mi addentro. Nel caso del capitano Maurizio Cocciolone e del maggiore Gianmarco Bellini (catturati e tenuti prigionieri nel Golfo Persico dopo che il loro Tornado venne abbattuto dagli iracheni), io invece sono stato felice che fossero vivi. Fosse arrivata la notizia che erano morti, mi sarei dovuto dimettere. Per fortuna erano vivi...».

    Come faceva a sapere che erano vivi quando nessuno, a cominciare dalle nostre autorità, poteva avere notizie di loro?
    «Da Bagdad le informazioni di Tareq Aziz dovevano andare a Londra, che le selezionava per mandare quel che poteva via satellite. Siccome noi a Palazzo dei Cigni avevamo un antennone alto 25 metri, ho pensato di sfruttarlo mettendo un collega lassù, 24 ore su 24. A un certo punto si apprende di un' affollata conferenza stampa a Bagdad. Il materiale va a Londra. Chiedo al collega: "Dicono se hanno catturato piloti?". Lui "Sì". "Europei?
    ", domando. "Si". Ancora: "Italiani? Sono vivi?". "Sì, facevano segno di vittoria con l' indice e il medio...", aggiunge. "Macché segno di vittoria!" sbraito, "Hanno voluto dire 2! Two! Sono Cocciolone e Bellini! Via, edizione straordinaria!"».
     

    MAURIZIO COCCIOLONE MAURIZIO COCCIOLONE

    Un grosso rischio.
    «Lo dissi subito: "Se ho sbagliato, mi dimetto. Studio Aperto è andato in onda con la notizia esclusiva alle 12. Due ore dopo, arriva un collega con una Reuters appena battuta: "Maurizio Cocciolone è vivo". Uno c' è, dico. Sono salvo. Poi c' era anche Bellini».
     

    É stato il primo anche a dare la notizia dell' inizio dei bombardamenti quando scoppiò la guerra del Golfo, la notte tra il 16 e il 17 gennaio 1991.
    «Vissi in studio quella giornata».
     

    Aspettando la guerra...
    «Saddam Hussein mi ha dato l' occasione di ottenere ottimi risultati. Per 40 minuti l' Italia ha vissuto così l' inizio dei bombardamenti. Venticinque milioni di spettatori incollati. Così ho tenuto a battesimo Studio Aperto».

    É così che nasce?
    «Nasce che io quel giorno mi metto in diretta a oltranza. Dico: "Non sarà il 16, ma il 17"».

    Perché?
    «Era ovvio che la coalizione internazionale avrebbe aspettato lo scadere dell' ultimatum dell' Onu per sfruttare fino all' ultimo la speranza di evitare il conflitto. Così resto ad aspettare. L' ora X scatta alle 0,30. A Bagdad suonano le sirene: la contraerea entra nella capitale . "Hanno attaccato! Hanno attaccato!" e noi siamo lì a raccontarlo. Per primi. Ma mi serve una sigla. Lo dico a Galliani, che chiama Berlusconi avanzandogli la proposta».

    E Silvio Berlusconi?
    « "Emilio faccia quel che vuole", manda a dire". Ecco Studio Aperto».
     

    emilio fede tangentopoli emilio fede tangentopoli

    Il primo anche ad aprire il tg sull' attacco alle Torri Gemelle.
    «Quel giorno non c' erano notizie, niente nemmeno sull' Ansa. Ma c' era tensione nell' aria».

    Cosa vuol dire?
    «Che c' era tensione e io la sentivo. Così sono rimasto incollato alle agenzie, piatte, fino a poco prima delle 15 italiane. A New York sono le 14,46 quando l' American Airlines 11 centra agli 800 all' ora fra il 93º e il 99º piano della Torre Nord del World Trade Center. Io sono lì. Pronto per la diretta».

    Di colpacci ne ha fatti anche da direttore del Tg1. Chi dimentica Vermicino?
    «No, nessuno. E chi dimentica la mia nomina a direttore del Tg1...».

    Come andò?
    «Emilio Colombo mi cercò tutta la notte, finché alle 4 non mi trova al Casinò di Campione:  "Sei direttore del Tg1. Ti aspettano per la riunione delle 11 domani". Ho preso una macchina a noleggio, una coperta, un cuscino e alle 11 ero alla prima riunione addormentato su me stesso».

    diana de feo emilio fede diana de feo emilio fede


    Non ci credo

    «No, non crederci».

    Vermicino?
    «C' era il bambino vivo in fondo al pozzo, Alfredo Rampi. I pompieri cercavano di tirarlo su. Mando Piero Badaloni con la telecamera mobile. Trenta milioni di italiani incollati per ore. Il Paese si ferma per Alfredino. Sandro Pertini parte per Vermicino. Voleva essere lì, a riabbracciare il piccolo una volta salvo. Invece...».
     

    SILVIO BERLUSCONI ED EMILIO FEDE SILVIO BERLUSCONI ED EMILIO FEDE

    La tragedia.
    «Avrei voluto documentare il trionfo della vita. Ancora mi fa male e qualche volta prego anche per lui».

    Per chi altro prega?
    «Per Berlusconi. Me lo ha insegnato Wojtyla a pregare. Prego perché stia bene e perché la giustizia porti a galla la sua innocenza. Gli ho da poco lasciato un messaggio».

    Dicendogli?
    «Ha chiamato Emilio Fede per affetto verso di Voi e verso di Lui».

    Scusi, ma a chi ha telefonato?
    «Arcore. Non ho mai chiamato Berlusconi sul diretto. Lui trova il messaggio e poi chiama. Fra poco lo farà».

    Cosa gli dirà?
    «Segreto».

    Lei ama Berlusconi?
    «Non sessualmente, ovvio. Ma lo amo. All' inizio mi ha riportato a galla dopo lo scandalo del gioco d' azzardo. Poi io sono diventato il suo testimone. Ero con lui sempre: a Natale, alle cene di famiglia, di finanza, di politica. A quelle di Arcore, come noto. Gli voglio un gran bene, è qualcosa d' indefinibile. Ci guardi lì, in quella foto: era Aprile 2000, di ritorno con la Nave Azzurra dalla crociera elettorale per le regionali. Vede come sorridiamo?
    Guardi, siamo vestiti uguali».

    Berlusconi, sua moglie, il poker, il lavoro. Chi ama di più?
    «Berlusconi, mia moglie e (perché no) il gioco. Li amo in modo diverso ma intensamente identico. Il lavoro? Quello sono io».
     

    maria rosaria rossi con francesca pascale maria rosaria rossi con francesca pascale

    Parliamo delle cose brutte.
    «Il licenziamento da Mediaset. Mi hanno tolto tutto: la casa, la macchina, l' ufficio. Gli accordi erano che io avrei lasciato la direzione del Tg4 a luglio 2012, assumendo la direzione editoriale di tutto, mantenendo i benefit e tre segretarie. Invece a marzo mi cacciano. Una cosa selvaggia, per colpa di una cattiva interpretazione data alla mia protesta quando è venuto fuori che io avrei portato in Svizzera una valigetta con due, tre milioni... Quella valigetta non è mai esistita».

    E la storia dei fotomontaggi col ricatto a Mauro Crippa?
    «Assurdo. É stato quel Gaetano Ferri: un criminale. Mi mostra una foto oscena del direttore generale dell' Informazione. Io la ritiro. Sia chiaro: senza pagare. E la metto al sicuro, nelle mani di un personaggio importante di Mediaset, accertandomi che non la facesse circolare. Dove sarebbe il mio ricatto? Non ho chiesto nulla a nessuno. Hanno controllato tutti i miei conti: non c' è un centesimo che non derivi dallo stipendio. Che bisogno avrei avuto di ricattare? E chi? Qualunque cosa avessi chiesto, Berlusconi me l' avrebbe data. Il mio licenziamento è passato sopra la sua testa. A processo emergerà la verità su quella foto».

    Confalonieri? Lo ha più visto?
    «Voglio bene a Fedele. Un amico. Ci siamo visti sul Frecciarossa di recente. "Andiamo a colazione?", mi dice. Io: "Fedele, ti prego, l' ultima volta sono stato licenziato...". Ma torneremo presto a tavola, nessuno può mortificare 25 anni di guida all' informazione Mediaset ai massimi livelli. Mi sono rimasti amici affettuosi: penso ad Antonio Sasso de il Roma di Napoli, ci vediamo spesso a parlare di fatti e fattacci da Antonio&Antonio a Napoli».

    Arcore. Cos' erano le cene oltre al bunga bunga?
    «Si cantava. Le ragazze ballavano. Io e Berlusconi non abbiamo mai ballato. Lui cantava. Non c' è mai stato nulla di trasgressivo. La Cassazione ha respinto la mia seconda condanna. Ci sarà assoluzione, sono certo».

    fedele confalonieri marina berlusconi fedele confalonieri marina berlusconi TOTI TOTI


    Le faccio dei nomi. Dica la sua.
    «Marina? Deliziosa persona, carica di bontà e intelligenza. La considero un' amica sincera. Pier Silvio? Bravissimo. Francesca Pascale? Un' ingrata del cerchio magico, non una sua parola di solidarietà. Eppure sono responsabile della sua unione con Berlusconi. Crippa? Torneremo amici, dopo il processo. Toti? Abbiamo la stessa cameriera, da me stacca alle due. Poi va da lui: un bravo figlio, pacciocone. Ha tentato la dieta ma non è dimagrito. Mario Giordano? Un genio. In redazione resta fino all' una e alle 7 è di nuovo lì. E pensare che ha 4 figli. Mentana? Un giornalista di grandissimo rispetto. Su Cecchi Paone al Tg4, invece, sospendo il giudizio. É solo uno che non è al suo posto, infatti se ne sta andando. Se non è già andato. Un pò come la Reggi... come si chiama?».

    Il sindaco Virginia Raggi?
    «Sì, la grillina. Ha messo la sciarpa tricolore. Ma non esiste: è già finita ancora prima di cominciare. Altra cosa è il sindaco cinquestelle di Torino. Senza nulla togliere a Fassino».

    Matteo Renzi?
    «Simpatico, copia le espressioni di Berlusconi. Ma non sarà mai Berlusconi. E non si guida un Paese con la simpatia».

    ALESSANDRO CECCHI PAONE ALESSANDRO CECCHI PAONE

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport