DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Valentina Conte per "la Repubblica"
In casa Lega l' imbarazzo si tocca con mano. Nessuno osa commentare le anticipazioni di Repubblica - nel frattempo definite dal ministro Di Maio «bufale» e «falsità » - sul taglio delle pensioni d' oro, quelle sopra i 3.700-3.900 euro al mese, 80 mila euro lordi l' anno. Ma dietro le quinte il leader Salvini ha chiesto di fare verifiche. E i primi calcoli dei suoi tecnici confermano quanto da noi anticipato. Taglio lineare permanente, non ricalcolo contributivo, tra il 10 e il 20%. Salva la maggior parte di magistrati, professori universitari, notai. Le donne tra le più penalizzate, oltre ai militari. Grossi profili di incostituzionalità per le molte iniquità. E un indicatore nuovo: il 7% di professionisti colpiti. Dagli avvocati agli ingegneri.
Il progetto di legge però porta anche la firma del capogruppo alla Camera della Lega, Riccardo Molinari. Accanto a quella del collega M5S Francesco D' Uva. E non si tratta certo di una bozza, visto che il testo è depositato a Montecitorio ( AC 1071). Di qui la grana politica. Pare infatti che la Lega, come già capitato col decreto dignità, abbia letto il testo finale solo dopo il suo arrivo in Parlamento. E forse in modo superficiale. Ora che il ministro Di Maio lo difende, il partito di Salvini è in difficoltà. Non solo perché un bel pezzo del suo elettorato ci finisce dentro - gente del Nord, dirigenti, militari - ma perché così la discussa legge Fornero, anziché smontata, viene rafforzata, penalizzando le pensioni solo sulla base dell' età d' uscita e non dei contributi.
Perché questo è il nodo. Di Maio, nel suo post su Facebook, insiste sul ricalcolo contributivo: « Quelli che prendono più di quanto hanno versato, una volta individuati, avranno un taglio pari a quello che prendono di più».
Il vecchio slogan: le regole dei nipoti applicate ai nonni. Ma non è quello che prevede il progetto di legge 1071. Il ministro del Lavoro parla forse di un provvedimento nuovo? Il testo firmato anche dal capogruppo del suo Movimento in realtà mette in pista quella che il presidente dell' Inps Tito Boeri - ispiratore della norma - chiama una "correzione attuariale". In sintesi, penalizza le pensioni superiori ai 3.700- 3.900 euro netti al mese (4 mila euro incluse le tasse locali) solo ed esclusivamente in base all' età d' uscita.
Nel ricalcolo non si prendono mai in considerazione i contributi versati, come invece sostiene Di Maio.
Tutto ruota attorno al coefficiente di trasformazione, quella percentuale che trasforma i contributi versati in pensione: ne esiste uno diverso per ciascuna età, dai 57 ai 70 anni. Ebbene, in base al progetto M5S-Lega, si fa prima una divisione tra il coefficiente di trasformazione dell' età in cui vai in pensione e il coefficiente dell' età di vecchiaia. Il risultato si moltiplica per la pensione percepita e si ha l' assegno finale decurtato. Ma attenzione: il coefficiente dell' età di vecchiaia non è quello vigente, fissato dalla legge. Ma quello ricalcolato ora dal governo anche per il passato, in base a nuove e più alte età d' uscita.
Facciamo un esempio sul futuro. Nel 2019 Anna va in pensione e prende 5.500 euro netti di pensione: 500 euro sono maturati dal 2012 in poi, quindi con il metodo contributivo e non vengono toccati. Gli altri 5 mila in che modo sono tagliati? Anna ha 60 anni, ma 42 anni e 3 mesi di contributi accumulati: può andare in pensione anticipata. Il coefficiente di trasformazione per i 60 anni è: 4,5%. Quello dei 67 anni, il traguardo di legge per la pensione di vecchiaia nel 2019, è 5,6%.
Dividiamo 4,5 per 5,6. Il risultato è 0,80. A questo punto basta moltiplicare 0,80 per i 5 mila di pensione e otteniamo 4.000. Anna perde 1.000 euro netti al mese.
Ha avuto un taglio del 20%. Ma ha rispettato la legge. Ha lavorato più di 43 anni. E con buona probabilità il ricalcolo contributivo dell' intera sua pensione - tanto caro a Di Maio - non l' avrebbe penalizzata così.
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