Mauro Zanon per "Libero Quotidiano"
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È il 19 marzo 2011 quando l'allora presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy, consigliato da un filosofo in camicia bianca amato dai salotti della gauche, Bernard-Henri Lévy, lancia l'operazione Harmattan: ossia il nome in codice della scellerata guerra in Libia con la quale Parigi voleva non solo sbarazzarsi del rais Muammar Gheddafi ma anche soffocare l'Eni, il gigante petrolifero italiano, per favorire la francese Total.
A Roma, gli alti ufficiali dell'esercito e i vertici dei servizi segreti sobbalzano dalla sedia. «Non bombardate vero? Ci tenete informati sullo svolgimento delle operazioni?», chiede al telefono un ufficiale italiano al suo omologo francese. Risposta laconica: «È una questione che si tratta a livello diplomatico».
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BANDIERE
Come andò a finire lo sappiamo tutti, ma lo raccontano con nuovi e saporiti retroscena Georges Malbrunot e Christian Chesnot, due cavalli di razza del giornalismo francese, in un capitolo del loro ultimo libro: Le déclassement français. Elysée, Quai d'Orsay, Dgse, les secrets d'une guerre d'influence stratégique (Michel Lafon).
Il capitolo è intitolato Cacophonie française e mette in fila le pugnalate alle spalle e gli sgambetti di Sarkozy e di Macron all'Italia sul dossier libico, dai colpi bassi per mettere fuori gioco l'Eni e le altre aziende italiane all'intesa con il generale Khalifa Haftar, nemico dell'ex premier Fayez al-Sarraj, alleato di Roma e sostenuto dall'Onu: il tutto con l'aiuto della Dgse, i servizi segreti esterni.
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«Questo libro mostra il modo in cui la Dgse, in Libia, ha condotto una funesta guerra segreta contro il nostro alleato italiano», spiegano i due autori. E sfogliando le pagine del capitolo che più interessa ai noi italiani, si capisce presto perché.
«Sarkozy voleva piantare bandiere francesi ovunque», ha raccontato un imprenditore del settore della difesa ai due giornalisti. «Ci hanno chiamato per andare a vendere armi di ogni tipo con un unico argomento: ora che sono liberi grazie a noi, i libici compreranno francese!».
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Nel 2016, si insedia il Governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj. «Avevamo degli agenti della Dgse con il generale Haftar e forze del Commando delle operazioni speciali del ministero della Difesa con al-Sarraj. L'azione clandestina era con un governo non riconosciuto, l'azione ufficiale con quello riconosciuto dall'Onu. C'era una forma di schizofrenia», ha ammesso una fonte di sicurezza francese.
Un agente dei servizi transalpini ha confermato che la Francia «aveva il culo su due sedie»: «Sul campo, avevo l'impressione che Parigi tenesse due discorsi completamente antagonisti sulla questione libica. Per me era complicato».
La massima tensione tra servizi francesi e italiani viene raggiunta quando il governo di Roma, per arginare l'ondata migratoria proveniente dalla Libia in seguito al caos generato dalla guerra firmata Sarkozy-Bhl, stringe degli accordi coi guardiacoste libici, anche con metodi borderline. «Quelle pratiche di corruzione - così le definisce una fonte dei servizi francese - ci hanno dato molto fastidio. Pagando, gli italiani hanno messo le mani su alcune fonti che ci interessavano. Ciò ha creato tensioni tra i servizi a tal punto che ci era stato vietato di condividere con loro alcune informazioni sulla Libia. Questi conflitti sono iniziati verso il 2015-2016».
HAFTAR
SORVEGLIATI
Un'altra fonte sentita da Malbrunot e Chesnot ha rivelato che la Francia aveva persino deciso di essere più "offensiva" nei confronti degli italiani: «Ero profondamente imbarazzato dal fatto di dover lavorare su un servizio di sicurezza europeo alleato, insomma, di doverli sorvegliare! Era una situazione malsana».
Nella primavera del 2019, il generale Haftar prova a conquistare Tripoli. Invano. «Macron sperava che il generale Haftar vincesse», ha riferito una fonte dell'esercito francese ai due giornalisti. Insomma, l'attuale inquilino dell'Eliseo ha fatto di tutto per ostacolare l'Italia in Libia, conducendo una guerra diplomatica clandestina contro un alleato europeo.