Antonio Riello per Dagospia
LOUISE BOUGEOIS 2
Il business dell'Arte non si ferma mai, neanche in quelle che, una volta, venivano chiamate "feste comandate". Sarà la globalizzazione, sarà il relativismo culturale, oppure il semplice fatto che chi è in vacanza, rilassato, tende a spendere con più facilità e meno attenzione del solito. Fatto sta che sulle nevi dell'Engadina durante le vacanze di Natale è come se ci fosse un Art District che offre una silloge dell'Arte Contemporanea. Un confort (alla francese) tipicamente metropolitano per un turismo invernale internazionale esigente e viziato. Così come i tipici ristoranti di montagna (con la loro scia olfattiva di fondute e raclette) hanno sempre avuto successo nelle grandi città adesso è arrivato il tempo che siano invece le tentazioni urbane a colonizzare i luoghi alpini più remoti, come del resto, già da anni, fanno regolarmente i marchi del lusso.
TOM SACHS 3
A St. Moritz, proprio di fronte all'Hotel Palace, l'indiscusso quartier generale dei gaudenti spendaccioni della località sciistica, ha appena aperto bottega la filiale della galleria Hauser & Wirth. Un storia iniziata a Zurigo nel 1992 ed evoluta in un piccolo (ma solido) impero dell'Arte con sedi a Zurigo, Londra, New York, Los Angeles, Hong Kong, Gstaad e, adesso, anche a St Moritz. La galleria in Inghilterra, oltre a quella ben nota di Londra in Seville Row, ha anche una sede espositiva a Bruton, nel Somerset, dove un intero villaggio rurale è stato, con grande intelligenza e rispetto, trasformato in una esteso e articolato spazio espositivo.
Nella loro nuovissima sede alpestre c'è una selezione di opere di Louise Bourgeois (1911-2010) una grande protagonista nota al grande pubblico soprattutto per i suoi impressionanti ragnoni in metallo (è abbastanza curiosa comunque questa aracnofilia dell'Arte Contemporanea: anche Thomas Saraceno ha in corso in questi mesi, al Palais de Tokyo di Parigi, un progetto letteralmente molto "ragnateloso"). Qui niente ragni (per fortuna). Ci sono teste e corpi realizzati, tra il 2000 e il 2003, utilizzando stoffa scura plasmata e cucita, che suggeriscono il difficile rapporto, dominato e straziato dall'ansia, tra l'artista e la propria realtà corporea. Alle pareti diverse opere su carta decisamente interessanti e parzialmente inedite (belli i serpenti). Curata da Jerry Gorovoy, questa rassegna brilla per un rigoroso allestimento di tempra museale.
TOM SACHS 2
La Bourgeois, francese ma naturalizzata americana, è una celebrata e amata creatrice di atmosfere forti e psicoanaliticamente ambigue. Le sue opere, sempre molto intense, si sono dimostrate fino ad ora anche un investimento sicuro. Viene, a volte, da pensare che il suo successo planetario sia anche legato, almeno in parte, a questioni di gender, ovvero al suo essere stata una vivace pioniera delle rivendicazioni femminili nei territori delle Arti Visive, dove attualmente il metro di giudizio dominate è il cosiddetto "radical thinking", un'attitudine critico-curatoriale che privilegia particolarmente l'impatto politico degli artisti, soprattutto in relazione alla discriminazione di genere e/o di razza.
Va aggiunto, a proposito di confort, che in questa galleria un ascensore (non è un'opera !) tutto rivestito di stoffa con motivo a tartan sul verde è di un'eleganza indimenticabile: vien proprio voglia di metterci dentro una poltrona e un caminetto e di passarci qualche ora come fosse uno chalet monoposto.
Poche strade lontano da qui c'è la base di partenza del Cresta Run, sport tanto bello e glorioso quanto pericoloso: ci si butta in velocità, a testa in avanti su uno slittino, in una ghiacciatissima pista da bob. La galleria di Vito Schnabel si trova proprio nelle vicinanze (l'altra sede è a New York) e c'è una personale dell'artista newyorkese Tom Sachs.
TOM SACHS 1
Il tema è la "svizzeritudine", ma vista con un approccio assolutamente irriverente e con una angolazione laterale. L'artista magistralmente gioca con i clichés del consumismo evoluto ed esigente che crede di trovare in Svizzera un santuario immune dalle contraddizioni e dai pericoli del resto del mondo: ovvero l'Eden di un "capitalismo puro" (e ovviamente "furbo"). Sachs mescola questa pseudo-utopia con la realtà dura (e forse sgradevole, almeno esteticamente...) delle migrazioni dall'Africa e della povertà in generale. Il mix che ne scaturisce è semplicemente magnifico e potente.
Tre motociclette dell'Esercito Svizzero, gadgettizzate con machete e kit di sopravvivenza, vengono trasformate in strumenti per dei safari urbani. Una grande mappa della Svizzera diventa una mappa africana (i Cantoni diventano i paesi del Continente Nero). Il simbolo elvetico per eccellenza (croce bianca su campo rosso) viene declinato in molte esilaranti (e contemporaneamente disturbanti) versioni etniche. Un aereo della Swiss Airlines campeggia su un fondo di coltellini svizzeri multiuso. L'emblema di un immaginario "Cantone Nero" è dipinto con cura e pedanteria tipicamente grigionese su delle tavole di legno riciclate. Ce n'è davvero per tutti. Ma soprattutto la qualità dell'esecuzione è esemplare: un finto rustico e una sofisticata semplicità danno la cifra esatta - e contemporanea - del lusso made in Swiss. Il lavoro di Tom Sachs, comunque tosto, caustico e formalmente impeccabile, sembra centrare (guglielmotellisticamente) il bersaglio alla perfezione.
TOM SACHS 4
Risalendo l'Engadina per qualche chilometro arriviamo a Zuoz dove ha aperto la Galleria Monica De Cardenas (presente anche a Lugano dal 2014 e a Milano fin dal 1992). La mostra in corso è dedicata al Fausto Melotti, nato nel 1901 a Rovereto e morto nel 1986 a Milano. Un personaggio straordinario dell'arte italiana (scrittore, scultore e ceramista) che, per taluni aspetti, è stato spesso sottovalutato. Un signore che ha inventato uno tipo di scultura leggera, dematerializzata e vibrante (fatta insomma principalmente di vuoto). Le sue opere emettono un'atmosfera di naturale semplicità e in realtà sono il frutto di una colta e laboriosissima ricerca di perfetti equilibri. Si potrebbe definirlo il pioniere italiano del "metodo Calder" nella scultura.
Le opere in mostra sono parecchie. La più rilevante è forse la scultura "Senza Titolo" del 1959 in ottone (un materiale particolarmente amato da Melotti), ceramica e catene metalliche. Notevoli anche il "Ritorno di Giuditta" (1983) che reinventa l'eroina biblica attraverso un fascinoso groviglio di elementi metallici sospesi e il raffinato "Contrappunto per Goffredo Petrassi" (1980) che potremmo definire come decisamente iconico dello stile dell'artista. Alcune belle sculture in ceramica degli anni cinquanta lasciano pure il loro segno.
Forse è l'aria fredda e fine di Rovereto ad essere particolare, vi era nato infatti anche un altro geniale precursore (anche lui condannato a non ottenere mai completamente la meritata considerazione): Fortunato Depero. Bisognerebbe magari studiare meglio la Geografia per capire i destini dell'Arte.
Louise Bourgeois: Papillons Noirs
fausto melotti
HAUSER & WIRTH, Via Serlas 22, 7500 St. Moritz (CH)
fino al 10 Febbraio 2019
Tom Sachs: THE PACK
VITO SCHNABEL GALLERY, Via Maistra 37, 7500 St. Moritz (CH)
fino al 3 Febbraio 2019
Fausto Melotti
MONICA DE CARDENAS, Chesa Albertini, 7524 Zuoz (CH)
fino al 9 Marzo 2019
fausto melotti