Monica Serra per “la Stampa”
alessia pifferi
«È una persona capace di tutto, che va immediatamente fermata. Priva di scrupoli e capace di commettere qualunque atrocità pur di assecondare i propri bisogni personali, legati alla necessità di intrattenere, a qualunque costo, relazione sentimentali e amorose con gli uomini».
Proprio le relazioni con gli uomini - se in cambio di soldi si capirà dalle tante chat nel cellulare della donna - sarebbero state il movente dell'omicidio volontario e premeditato della piccola Diana, 18 mesi giovedì prossimo, se non fosse stata abbandonata per sette lunghissimi giorni nel lettino da campeggio in casa con un solo biberon.Lasciata morire «di stenti, a causa del digiuno prolungato e della conseguente mancata assunzione di cibo e liquidi, dato che per la sua tenera età non era ovviamente in grado di sfamarsi da sola».
la casa dove e stata trovata morta la piccola diana a ponte lambro 2
Per di più forse anche sedata: «Non si esclude (sono in corso accertamenti) che la vittima, magari attraverso il latte contenuto nel biberon che la madre ha lasciato accanto alla figlia prima di andarsene, abbia ingerito benzodiazepine, visto che in casa è stata rinvenuta un flaconcino di tranquillante, quasi vuoto. Ciò giustificherebbe il fatto che nessuno dei vicini abbia sentito la bimba piangere» in questi sette interminabili giorni.
È come se, da quel che emerge anche dalle testimonianze, la bimba fosse solo un «peso» per la madre. Un «ostacolo» alla sua libertà. Alla «vita libertina» iniziata quando lei si «è separata dal marito», ricostruisce la nonna della piccola, davanti agli investigatori. Fatta di «diversi uomini dei quali mi parlava quando ci sentivamo al telefono».
alessia pifferi 4
Una vita di frivolezze che preoccupava la nonna di Diana, «perché Alessia non si impegnava neanche a trovare un lavoro per il suo sostentamento», anche se a Leffe, nella Bergamasca, il paese del compagno, si spacciava per psicologa infantile e diceva di lavorare con i bambini.
Una bugia. Una delle tante che ha raccontato, forse anche a se stessa. Era la madre, invece, ad aiutarla economicamente: «Nell'ultimo periodo era molto cambiata», non le faceva più neanche vedere Diana per videochiamata. «L'8 luglio scorso mi ha inviato la foto di una limousine lussuosa, che la stava andando a prendere. E che lei non si poteva permettere». La madre, arrabbiata, le aveva chiesto spiegazioni: «Lei mi ha risposto che si trattava di un sogno che aveva da tempo».
la morte della piccola diana a ponte lambro
Anche per questo il pm Francesco De Tommasi, nella richiesta di convalida del fermo inoltrata al giudice Fabrizio Filice, che si pronuncerà dopo aver interrogato Pifferi a San Vittore, ha scritto: «Si tratta di un soggetto incapace di controllare i propri impulsi e con una soglia di valori assai bassa, per ciò solo in grado di porre in essere condotte produttive di effetti deleteri per l'incolumità degli altri, specie dei soggetti più indifesi».
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A dirlo al pm, interrogata, è stata Alessia: «Quando ho lasciato mia figlia da sola a casa, non ero tranquilla, sapevo di fare una cosa che non andava fatta, poteva succedere qualsiasi cosa, sia con riferimento al cibo che ad altro. Sarebbe potuta venire fuori dal lettino, sarebbe potuto subentrare qualche malore. Ho pensato che sarebbe potuto succedere anche quello che poi è successo».
Davanti alla domanda secca del pm: «Ma lei pensava che bastasse un biberon per sfamare sua figlia? Sa che conseguenze può avere un digiuno prolungato in un bambino di un anno e mezzo?», lei ha risposto: «Si. A parte la disidratazione, la morte». Peraltro non era la prima volta che lo faceva. Che andava via da casa abbandonando sua figlia.
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Quando andava a stare dal compagno bergamasco, a lui diceva che la piccola era a casa con la nonna. O «al mare con la sorella» come aveva raccontato questa volta all'uomo, rimasto impietrito davanti a quel che successo. All'ultima telefonata in cui Alessia Pifferi, appena rientrata mercoledì, gli ha detto che Diana era morta, che l'aveva lasciata sola. «Perché non l'hai portata a stare qui con noi?» , le avrebbe chiesto lui arrabbiato.
Alla madre invece non ha detto nulla. L'unico messaggio che Pifferi le ha mandato presto quella mattina è stato: «Tutto bene, ieri ho tribolato con Diana ma nulla di grave. Stai tranquilla». «Sei da lui?» , la risposta, intendendo il compagno. «Si. Oggi rientriamo. A dopo». Diana era nata a Leffe, nel bagno della casa del compagno. Ma non era figlia sua. E non è neanche vero che - come Pifferi ha dichiarato davanti al pm, e ai poliziotti della Squadra mobile diretti da Marco Calì - lei non sapesse di essere incinta.
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L'ha smentita sua madre: «Nel maggio 2020 Alessia mi ha detto al telefono di essere in attesa di un bambino, di essere al terzo mese di gravidanza. In quel periodo conviveva col compagno in provincia di Bergamo, ma a dire di mia figlia non era lui il padre». L'identità di quest' uomo non l'ha mai rivelata neppure alla madre: «Alessia ha un carattere autoritario e non accetta consigli. Ha sempre voluto fare le cose a modo suo».
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