RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Francesco Bechis per il Messaggero - Estratti
GIORGIA MELONI - IGNAZIO LA RUSSA - SERGIO MATTARELLA
Un cantiere, il premierato caro a Giorgia Meloni, procede spedito. Un altro sta per aprirsi. Il governo ha iniziato a lavorare alla riforma elettorale. Eppur si muove. Tra Palazzo Chigi e il Parlamento la legge sulle elezioni prende forma. Sul dossier, come delega governativa, c'è formalmente la ministra azzurra (per le Riforme, appunto) Maria Elisabetta Casellati.
Il pallino però è in mano a Fratelli d'Italia e a un gruppo di parlamentari a cui la premier ha chiesto di studiare un sistema che si sposi con la «madre di tutte le riforme», con l'aiuto del suo consigliere giuridico Francesco Saverio Marini.
Nella nebbia ancora fitta non si andrà a dama prima dell'autunno qualche punto nitido. E la notizia è questa: prende corpo la consapevolezza che dovrà essere una riforma con doppio turno. Ovvero il ballottaggio, il sistema che piace al centrosinistra, quello dei sindaci (dove infatti spesso i dem, con le varie sfumature di campo largo, vincono). E perché mai? «È inevitabile», spiegano da Chigi. Il perché è da cercare nella giurisprudenza della Consulta che ha già bocciato leggi con premi di maggioranza che non prevedevano un secondo turno. Dal momento che il premierato targato Meloni prevede in Costituzione un premio di maggioranza, dovrà esserci anche il ballottaggio.
Questione politicamente assai spinosa, perché la Lega punta i piedi: il doppio turno è da sempre una bestia nera della destra e tanto più lo è per i partiti che non veleggiano in cima alla classifica dei consensi. Tale è l'allergia del centrodestra al ballottaggio che, come anticipato dal Messaggero, c'è chi vorrebbe abolirlo per le elezioni nei grandi comuni, specie dopo i risultati deludenti dell'ultima tornata. Servirà cautela, tanto più perché sulla riforma elettorale é arrivato un duro monito da parte di Sergio Mattarella.
Il Capo dello Stato, con un discorso che ha fatto balzare in tanti sulla sedia nella coalizione, non ha solo messo in guardia dall'"assolutismo della maggioranza" ma ha anche auspicato che "il principio un uomo-un voto" non finisca "distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori, la democrazia verrebbe depotenziata da tratti illiberali". Messaggio in bottiglia per chi lavora al cantiere delle riforme. Ben vengano governabilità e stabilità, le due grandi promesse del premierato, purché sia garantita un'adeguata rappresentatività. Di qui il lavorio in Fratelli d'Italia e a Palazzo Chigi. Da un lato il doppio turno.
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI BY EDOARDO BARALDI
Dall'altro il dibattito sulla soglia da fissare per far scattare il premio di maggioranza: si partirà dal 40 per cento, ma c'è disponibilità a portarla al 42 o 43 d'intesa con le opposizioni. Ammesso che ci sia intesa. Quanto al modello della riforma, il dibattito è aperto.
(...)
Tra i modelli a cui si guarda in casa FdI, rispunta il Provincellum, la legge che per quindici anni, fino alla loro abolizione, ha regolato l'elezione delle province. Di fatto un proporzionale con premio di maggioranza da definire e collegi plurinominali. Si vedrà. Il dato è intanto che il cantiere ha iniziato a lavorare, anche su input del Colle. Dalla legge elettorale dipende il destino della "madre di tutte le riforme".
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