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    "NELLE BIMBE DELLA LAMBORGHINI VEDO SOLO ME ALLA LORO ETÀ" - LA DIFESA DI LETIZIA BATTAGLIA: "NON ERA UNA PUBBLICITÀ, MI HANNO CHIESTO IL CONTRIBUTO PER UN LIBRO ED È PARTITO UN CORTO CIRCUITO. MI SONO SENTITA DIRE DALLE MIE AMICHE FEMMINISTE CHE HO "TRADITO IL CORPO DELLE DONNE". FIGURARSI. UN NUOVO FEMMINISMO? IO NON CI CREDO. OGGI VEDO SOLO DONNE CHE SI FICCANO LE DITA NEGLI OCCHI" 


     
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    GIULIA ZONCA per la Stampa

     

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    Capelli rosa, sigaretta in bocca e fotografie nella testa. Letizia Battaglia prepara la sua lectio per Vita Nova in programma domenica (ore 18,15). Nel gioco degli opposti che girano dentro l'assaggio di Salone del Libro, lei ha scelto vita e morte, ma non ha voglia di guardarsi indietro. Se si voltasse vedrebbe sangue, cadaveri, la mafia che ha documentato, un orrore dopo l'altro.

     

    Che posto hanno le foto a cui ha legato il suo nome?

    «Sono diventate quasi un incubo. Io ci tengo a vivere e a divertirmi, per questo ho i capelli colorati. Lì c'è troppa morte, violenza, rancore. Ho vissuto una guerra civile e a 85 anni non voglio più essere una reduce».

     

    Lì c'è pure un pezzo di storia e 20 anni della sua carriera

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    «E dolore e fatica e silenzio. Non è naturale. Poi, certo, restano proprio per raccontare quella carneficina, un conflitto tra fratelli. Tutti siciliani».

     

    Per quale foto ha avuto più paura?

    «Non ne avevo, non potevo averne: la respiravo ma non la sentivo e quando sono arrivati i brividi è iniziata la politica. Fare è sempre d'aiuto, è un'ottima terapia. Sono diventare assessore per questo».

     

    Una delle poche non deluse dalla politica.

    «Se la fai bene è a favore delle persone, delle cause, le foto sono sempre contro e io non amo la polemica».

    Quella sulle ragazzine scelte per la campagna della Lamborghini l'ha appena travolta

    «Non era una pubblicità, mi hanno chiesto il contributo per un libro ed è partito un corto circuito. Mi sono sentita dire dalle mie amiche femministe che ho "tradito il corpo delle donne". Figurarsi».

     

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    Il corto circuito è nato per la ragazzine davanti all'auto.

    «Sono io che guardo me stessa, sono io che celebro la libertà che a 10 anni non avevo. Se la sognano la mercificazione. Sono bambine, hanno 7, 11 anni, non conoscono la sensualità, vogliono giocare e la macchina è un giocattolo».

     

    Non un oggetto del desiderio?

    «Non per me, non ho nemmeno la patente. Tutti smaniavano per guidarla, io mi sono solo seduta sul predellino all'esterno. Le ragazzine sono arrivate con i genitori che poi mi hanno scritto lettere bellissime. Almeno un po' di conforto. Adesso me ne frego, ma non è stato facile».

     

    Colpa del femminismo di ritorno?

    «È quello vecchio. Non esiste un nuovo femminismo, le ragazze hanno aperto qualche porta e tante non si accorgono che gli uomini guadagnano ancora di più, che loro non saranno mai direttrici di banca o presidenti della Repubblica».

     

    Mai?

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    «Io non ci credo . Oggi vedo solo donne che si ficcano le dita negli occhi».

     

    Tra le sue foto più note c'è la bambina con il pallone, lei ha idealmente fatto strada. Oggi le bimbe possono correre dietro un pallone se vogliono.

    «Quello sguardo così cupo è stato un dono. Non è un'immagine posata, come si crede, è una sequenza e il pallone non è un semplice gioco, è il sogno: il desiderio di un mondo fantastico che in quell'età devi poter inseguire. Come fanno anche le bimbe della Lamborghini».

     

    Nella lezione al Salone di Torino, purtroppo solo digitale, come racconta la vita?

    «Con Palermo nuda, il mio ultimo progetto. Ci sto dietro da due anni, mostra donne fotografate così come sono».

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    Scateneranno altre polemiche?

    «Non c'è desiderio, quello è nello sguardo degli uomini che si confrontano con la nudità».

     

    Scelga tre foto non sue per raccontare il mondo.

    «Una qualsiasi di Diane Arbus, sono tutte perfette. Il coronavirus catturato da Antoine d'Agata, i suoi fantasmi rossi ci fanno vedere come siamo diventati senza più contatto. E Aylan, il piccolo siriano trovato sulla spiaggia di Bodrum».

     

    AYLAN AYLAN

    Ancora morte però...

    «Già e c'è sempre una donna dietro l'obiettivo, Nilüfer Demir che ha fatto tanti lavori sui migranti. Forse anche lei un giorno non avrà più voglia di vedere quei corpi».

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