Alessandro De Angelis per “La Stampa”
letta calenda
E allora Calenda non vuole Fratoianni, e figuriamoci Bonelli, e il veto è reciprocamente ricambiato, e non vuole neanche Di Maio, che non si scompone, Renzi non vuole nessuno e non lo vuole nessuno, ed Enrico Letta, che vorrebbe tutti o quasi, aspetta da Calenda una parola definitiva. E resta appeso, come è stato appeso due anni a Conte, ma anche Calenda a sua volta è appeso alla Bonino che vorrebbe il Pd e ha il simbolo (sennò Calenda deve raccogliere le firme).
Insomma, bene che vada, finita la sospensione, si riuscirà a fare un minimo di "coalizione tecnica", cioè un accrocco per limitare i danni delle forche caudine del Rosatellum, ma non politica, con un progetto comune; male che vada, il Pd andrà pressoché da solo, rispolverando, per l'occorrenza, il concetto di "vocazione maggioritaria".
letta calenda
Ma per necessità, non per scelta, fallite le altre opzioni. Una bella differenza. Perché, quella vera di "vocazione", è ben altra cosa (ricordate il Lingotto di Walter Veltroni?), ed è stata la grande assente di questi anni: l'idea cioè di una forza che, autonomamente, ridefinisce il rapporto col paese - lo pensa, lo esplicita, si contamina - e su quello cerca, nel caso, compagni di viaggio compatibili. Non aspetta, ma "fa" politica. Tutti temi appaltati all'alleanza coi Cinque stelle, tanto attesa, poi franata.
luigi di maio presentazione impegno civico
Morale della favola. C'è una sproporzione, evidente e clamorosa, tra evocazione della posta in gioco e risposta. Nel momento in cui si dice "o noi o loro", e "loro" sono rappresentati non come un avversario poco credibile (da battere), ma come un pericolo (da abbattere) russo e nero, soggetto all'influenza di Putin e alle peggiori suggestioni novecentesche, insomma l'Italia fuori dall'Occidente e la democrazia a rischio, il "noi" non ricompone neanche la crisi di famiglia.
Cioè: i cosacchi di Putin sono pronti a far abbeverare i loro cavalli in Vaticano e non si riescono a mettere assieme nemmeno personalità che, fino a poco tempo fa, militavano nello stesso partito, non su pianeti lontani. Bersani era il segretario di cui Letta era il vice, Calenda, che è stato al governo con Renzi e Gentiloni, transitò nel Pd nel 2019 quando c'era ancora Renzi e Zingaretti segretario, e anche Tabacci, che ora si allea con Di Maio, fece le primarie con Bersani.
NICOLA FRATOIANNI
Non ce ne è uno che venga da fuori, o un qualcosa che trasferisca il brivido di una novità agli elettori in questa coalizione (o non coalizione) che si riproduce (o non si riproduce) per partenogenesi e ripropone fuori gli stessi tic, divisioni personalismi di quando i nostri erano dentro come capi corrente.
EMMA BONINO
Dall'altra parte, con tutti i limiti, le ambiguità, le contraddizioni e le ombre, "loro" sono una "coalizione politica", unita dal collante del potere: Salvini sogna il ritorno al governo, Berlusconi in Parlamento, tutti la grande spartizione sulle nomine del prossimo febbraio e marzo. Qui neanche l'illusione. Qualche alleanza si farà e si parlerà di vocazione maggioritaria, ma in realtà, politicamente, non c'è né l'una né l'altra.
bruno tabacci luigi di maio ANGELO BONELLI NICOLA FRATOIANNI NICOLA FRATOIANNI VINTAGE CARLO CALENDA NICOLA FRATOIANNI carlo calenda emma bonino luigi di maio bruno tabacci