Domenico Pecile per www.corriere.it
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«Adesso la cosa più grande, la più importante è il silenzio perché il dolore è troppo. È vero, non ci ho pensato su due volte e sono partito come un missile verso quell’appartamento. Non ricordo quel tratto di strada tanta era la rabbia che provavo. Ho bussato, ho suonato. Niente.
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E allora ho sfondato la porta a spallate. Volevo vederli in faccia. Uno a uno. Si sono chiusi a chiave in una stanza. Li sentivo piagnucolare... Conigli. Poi hanno gridato aiuto, sì, pazzesco, loro chiedevano di essere aiutati dopo quello che avevano fatto a mia figlia. Le loro grida hanno richiamato alcuni condomini. Ho desistito, distrutto, vinto, incredulo».
A parlare è Mario (nome di fantasia, ndr) il padre della ragazza 18enne che martedì pomeriggio sarebbe stata violentata in un appartamento di Lignano Sabbiadoro da cinque ragazzi italiani, di cui uno minorenne, tutti senza precedenti, ma che adesso sono indagati per violenza sessuale.
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La collera, il rancore, il livore, il desiderio di vendetta hanno lasciato il posto alla tristezza, alla mestizia, all’incredulità. Mario scuote la testa, poi aggiunge: «Mia figlia? Non lo so, ma credo stia metabolizzando quello che ha subito. Ci ha parlato, ci ha riferito.
Non è stato facile per lei. Ci vorrà tempo, lo so. Per lei soprattutto, ma anche per noi. E so già che qualcuno azzarderà commenti improvvidi. Vede, la verità è che il lupo è sempre in agguato. Ed è davvero folle pensare che le ragazzine se la vanno a cercare. Si fidano, sono giovani. Erano le tre del pomeriggio o giù di lì. Cose impensabili ai nostri tempi. Io confido nella giustizia».
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Già, Mario confida nella giustizia, eccome. «Anche se — aggiunge — sono consapevole che potrei essere denunciato perché ho violato la proprietà privata. Ma non mi preoccupo di questo. Non è nemmeno vero che avrei voluto farmi giustizia da solo. Mia figlia mi aveva raggiunto in spiaggia.
Era stravolta. Mi ha raccontato, avrei voluto chiamare la polizia, ma ero senza il cellulare. Quando sono arrivate le forze dell’ordine un poliziotto mi si è avvicinato. Ero stravolto, fuori di me, disperato. Lui si è avvicinato e ha detto «mi metto nei suoi panni, capisco». Mi sono sentito meno solo, meno triste. Voglio soltanto che mia figlia... lei parla, ci parla, ma cerchiamo di non crearle ansia. Sì, confido nella giustizia».
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Intanto ieri, il vice questore di Udine Massimiliano Ortolan, che coordina le indagini, ha chiesto al pm un nuovo interrogatorio della ragazza alla presenza di una psicologa. «La nostra richiesta — precisa — è motivata dal fatto che a nostro avviso la giovane è parsa molto provata, vulnerabile, sofferente».
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Lo stesso Ortolan ha fatto sapere che i cellulari dei cinque ragazzi, ma anche le lenzuola, sono stati posti sotto sequestro. Gli effetti personali serviranno per un confronto di tracce di Dna con quello degli indagati. Loro hanno sostenuto che la ragazza fosse consenziente e sono andati via da Lignano. Non sono state emesse misure cautelari e non hanno vincoli di permanenza in Friuli-Venezia Giulia: sono tornati in Veneto, Lombardia e Piemonte.
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