Giovanni Terzi per Libero Quotidiano
marco milano mandi mandi
«Sei simpaticissimo» così esordisce, con una sua famosa battuta di spirito, la telefonata con Marco Milano, attore e cabarettista, diventato popolare in televisione negli anni novanta con la maschera comica di "Mandi Mandi" nel programma Mai dire gol. Marco Milano è portatore sano di buon umore e questo lo si comprende immediatamente, già dal primo approccio telefonico, dove cerca immediatamente di metterti a tuo agio e di strapparti una risata.
È anche facile intuire come Marco sia un artista vero di quelli che parlano con una schiettezza pura, senza doppi sensi o seconde letture dicendo ciò che pensa senza preoccuparsi di quali ripercussioni potrebbero avere le sue parole. Gli artisti, quelli veri, sono così, immersi profondamente nella realtà ma slegati e liberi da essa.
Una vita fatta di alti e bassi dove cercare di riprendersi dopo delle sconfitte non è sempre semplicissimo. «Il periodo nero cominciò nel 2008» racconta Marco, «quando improvvisamente Equitalia iniziò a mandare una serie di cartelle esattoriali pesantissime».
Cosa era accaduto?
«Che il mio studio commercialista aveva sbagliato per quattro anni di seguito la dichiarazione dei redditi e così mi sono trovato di fronte ad un debito con lo Stato enorme che non potevo onorare».
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E come ha fatto a pagarlo ?
«Equitalia mi ha portato via tutto! Casa, macchina, ogni cosa e sono dovuto ripartire da sotto zero. Le sembra giusto che i commercialisti commettano degli errori e poi la responsabilità ricada sui cittadini?».
Tutto questo accadde nel 2008 e dopo?
«Arriviamo al 2014 il mio anno orribile dove caddi in una depressione spaventosa. Ero solo, senza una lira e anche la mia compagna di allora mi aveva lasciato. Così mi chiusi in Maremma in una casa e, per quindici giorni, non presi nulla da mangiare e da bere come per lasciarmi morire. Volevo morire, mi creda!».
Ma qualcuno la salvò, vero ?
«Io la chiamo "il mio angelo" ma non saprò mai chi fu a salvarmi. Mi chiamarono a casa, risposi farfugliando e mi trovai in ospedale. Quella telefonata di una persona misteriosa mi salvò la vita».
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Andando alle sue origini artistiche lei iniziò al Derby di Milano in via Monterosa. Cosa ricorda?
«Fu per caso e a spingermi ci pensò mio zio. Suonavo in una band che si chiamava "i dementi" e giravamo un po' ovunque fin quando mio zio mi sollecitò di andare al Derby a provare. Così feci. Era il tempio del cabaret e lì erano nati i più grandi artisti della comicità italiana. Andai e provai».
Andò bene, giusto?
«Angela Bongiovanni era lì seduta davanti a me assieme a Diego Abatantuono: entrambi ridevano. Ero piaciuto e mi presero subito».
Che città era Milano negli anni ottanta e che pubblico avevate?
«Milano era la città dove i sogni potevano realizzarsi ed il Derby era davvero un posto incredibile dove oltre agli artisti si incrociavano personalità importanti della città. Era una gioia lavorare in quel locale ed avere un rapporto con il pubblico così stretto ti regalava tanta adrenalina».
E il pubblico?
«Era un pubblico così diverso da quello di oggi! Non era esplosa la televisione commerciale ed andare in un locale dove si faceva musica e cabaret era quasi d'obbligo per i giovani».
Con chi ha legato di più negli anni del Derby?
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«Con tutti e da tutti ed ho imparato anche molto dagli artisti che si esibivano. Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Smaila e Jerry Calà e poi come non ricordare Giorgio Porcaro».
Porcaro era stato il primo "Terrunciello" della storia della nostra comicità . Che tipo era?
«Giorgio era una brava persona e in quegli anni il tormentone "ho le mani piccole e tozze a badiletto" impazzava ovunque mi ha molto rattristato quanta poca gente c'era al suo funerale. La gente dimentica in fretta, purtroppo».
Poi quella esperienza delDerby finì ...
«Ci fu una retata e venne chiuso per sempre ma quella esperienza stava già spegnendosi. Era esplosa la televisione commerciale e si era trasformato il rapporto tra il comico ed il pubblico».
Lei con chi aveva legato di più ?
«Teo Teocoli è sempre stato un grandissimo professionista molto preciso e rigoroso sul lavoro e con cui mi sono sempre trovato bene sia in privato che sul palco. Così è stato anche con Diego Abatantuono».
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Dal Derby alla tv il passo fu brevissimo.
«Mi vide in una balera di Ravenna il mitico Claudio Cecchetto . Mi prese per una trasmissione su Italia 1 che si chiamava Zodiaco dove la mia comicità "demenziale" piaceva molto. Pensi che venni censurato!».
In che senso?
«La mia battuta era "spari cazzate" ed invece divenne "spari piazzate". Possiamo dire che erano altri tempi!».
La sua esplosione fu con il personaggio Mandi Mandi...
«Grazie a "Mai dire gol" prima e a "Quelli che il calcio" dopo, prese piede il personaggio friulano del cronista d'assalto».
E come nacque questo personaggio ?
«Nessuno aveva mai fatto il "friulano" ed io mi divertii a scanzonarli. Ebbi un bellissimo complimento da un grande della televisione».
Da chi?
«Da Raimondo Vianello che mi disse che la mia idea era geniale; fui così felice».
Ma ci fu un artista che la ispirò?
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«Un punto di riferimento fu Jango Edwards, il comico americano ma fu sempre la mia intuizione a guidarmi».
Lei ha lavorato con tante personalità dello spettacolo con chi si è trovato bene?
«Cito Simona Ventura (e so che gioco in casa) che è sempre stata attenta anche nei momenti difficili. Tendenzialmente mi sono trovato bene con tutti ma quello a cui sono più legato è Paolo Bonolis. Paolo è una persona squisita».
Quando lei ebbe difficoltà chi le rimase accanto?
«Nessuno. La gente dimentica velocemente purtroppo. Mi ricordo che solo un autore televisivo, Dario Viola, mi aiutò in modo concreto. Grazie anche a lui ho iniziato a guadagnare e a rimettermi in sesto con i conto economici».
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Adesso cosa sta facendo?
«Con la "Sunshine production" di Bruno Frustaci abbiamo iniziato a girare i film di Natale che sono andati bene ma che oggi, a causa del lockdown, si sono fermati nella produzione».
E per il futuro?
«Avevo proposto un format sugli anziani in Rai e, con grande soddisfazione, ho visto che adesso lo fanno, più allungato, Beppe Convertini e Anna Falchi. Significa che le mie idee sono ancora buone».
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