GIUSEPPE SCARPA, MARCO CARTA per il Messaggero
cimeli fascismo
Gagliardetti militari, labari e bandiere dei fasci di combattimento risalenti alla marcia su Roma. Cimeli di grandissimo valore dal punto di vista storico, rubati e rivenduti nel mercato nero a un collezionista romano. Sono almeno tre gli indagati per ricettazione nell'inchiesta sul furto all'Archivio Centrale dello Stato dell'ingente patrimonio del Fondo Mostra della Rivoluzione Fascista. Ma il numero delle persone coinvolte potrebbe aumentare.
Le indagini, condotte dal pm Nicola Maiorano, cercano di ricostruire le modalità con cui tutto il materiale è stato sottratto nel tempo dall'Archivio. Verificando anche se il furto sia avvenuto con la complicità di qualcuno che aveva libero accesso agli spazi e ai cimeli, oggetti di culto molto ambiti per particolari collezionisti, disposti a pagare migliaia di euro.
cimeli fascismo
A far emergere la sottrazione dei labari e dei gagliardetti fascisti era stata una denuncia presentata a giugno, dal Direttore pro tempore dell'Istituto, Elisabetta Reale, che quasi per caso si era accorta delle sparizioni, notando delle evidenti discrepanze tra i beni effettivamente disponibili e l'intera collezione, 1065 esemplari, che erano stati inventariati nei primi mesi del 2018.
Proprio il ridotto lasso di tempo ha permesso ai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, capitanati dal generale Roberto Riccardi, di indirizzare immediatamente le indagini, individuando, per ora tre delle persone che avrebbero avuto una parte attiva nel colpo. Tutta la refurtiva era finita nella disponibilità di un collezionista romano. Sul suo conto sono in corso accertamenti, ma al momento non risulta indagato.
cimeli fascismo
Il collezionista era convinto di aver recuperato cimeli andati dispersi nel biennio 1943-1944, successivo alla caduta del regime fascista. Invece i beni in suo possesso sono risultati tutti rubati. Dai gagliardetti di colore nero, con sopra ricamato un motto il nome, ed uno stemma, solitamente un teschio, simbolo degli squadristi, che venivano portati nei cortei.
Alle bandiere rosse, appartenute ai movimenti operai, sottratte nel corso di alcune delle violente incursioni compiute da parte delle Camicie nere, contro le sedi di partito o di camere del lavoro.
La prima esposizione di tali cimeli avvenne nel 1932, per il decennale della Marcia su Roma, e si tenne, per due anni, presso il Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale a Roma. Nell'ottobre del 1934, parte del materiale venne trasportato presso la Galleria nazionale d'arte moderna a Valle Giulia, in attesa della costruzione del palazzo che avrebbe dovuto ospitare il Centro Studi sul Fascismo.
Dopo l'armistizio del settembre 1943, il fondo della Mostra, insieme ad altri archivi fascisti, fu imballato e trasportato a Salò, ma le casse collocate presso il Museo Lapidario di Salò non furono mai aperte per l'intero periodo della loro permanenza al nord. Al termine del conflitto furono riportate a Roma. Mentre il materiale rimasto nei locali di Valle Giulia subì probabili manomissioni e asportazioni durante i mesi dell'occupazione nazi-fascista.
poster con il volto di benito mussolini
scultura a forma di testa di benito mussolini