angela merkel ursula von der leyen
1 – LO STALLO A BERLINO BLOCCA L'EUROPA SU DEBITO E DIFESA
Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”
(…) Già nei giorni scorsi, a margine delle ultime riunioni della Commissione, tutti sottolineavano i pericoli di un coinvolgimento dei liberali in un futuro governo. La linea del partito di Lindner, infatti, è sempre stata segnata da un fermo rigorismo in politica economica.
angela merkel armin laschet
Lo "scalpo" che potrebbero chiedere per appoggiare un esecutivo (…) sarebbe quello di respingere qualsiasi ipotesi di rivedere il Patto di Stabilità. Assestando così un colpo a tutte le attese di Italia, Francia, Spagna e molti altri. L'apprensione opposta riguarda i Verdi.
Se, come è accaduto già nel recente passato, la leader ambientalista reclamasse il portafogli degli Esteri, a Bruxelles considererebbero più complicato affrontare appunto il capitolo Difesa e quello dei nuovi assetti internazionali con il difficile equilibrio da tutelare nel dialogo con gli Usa e il pressing commerciale della Cina.
angela merkel e olaf scholz,
2 - I DOSSIER IN SOSPESO
Marco Bresolin per "la Stampa"
Sette mesi di paralisi. È questo lo spettro che si aggira per l'Europa, destinata a mettere nel congelatore i principali dossier. La riforma del Patto di Stabilità e quella del diritto d'asilo, ma anche e soprattutto il Green Deal, le nuove regole per i colossi del digitale, le questioni aperte con Ungheria e Polonia sullo Stato di diritto, la Difesa europea, per non parlare della Conferenza sul futuro dell'Ue: senza un governo a Berlino, è impensabile muovere un solo passo su questi sentieri di riforma.
armin laschet
Il problema è che la finestra tra il voto tedesco e quello francese di fine aprile rischia di essere troppo larga e così, quando la Germania avrà finalmente un nuovo cancelliere e una nuova coalizione, la Francia sarà in piena campagna elettorale. E dunque tutto resterà sospeso per almeno sette mesi.
CHRISTIAN LINDNER
Uno scenario simile a quello che si era presentato nel 2017, anno in cui le elezioni all'Eliseo precedettero di pochi mesi quelle tedesche. Scansato il "rischio" di ritrovarsi Marine Le Pen alla guida della Francia, l'Ue aveva trovato una nuova spinta dalle proposte di Emmanuel Macron, ma si era dovuta fermare fino al marzo del 2018 per attendere la fine dei negoziati di coalizione a Berlino.
Questa volta, però, c'è una grande differenza: all'epoca c'era Angela Merkel a garantire la continuità. Ora invece è tutto diverso. Da questa mattina la Cancelliera non sarà più nella pienezza dei suoi poteri e dovrà limitarsi all'ordinaria amministrazione. Non potrà certo indicare la rotta per indirizzare i "file" legislativi in un verso o nell'altro come ha fatto negli ultimi 16 anni.
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E anche se il nuovo governo «difficilmente porterà a grandi cambiamenti nella posizione tedesca» in Europa, come notano Daniel Gros e Sophia Russack del Ceps (Center for European Policy Studies), tra una coalizione e l'altra possono esserci sfumature significative.
L'approdo dei Verdi in maggioranza si farà certamente sentire quando sarà il momento di affrontare i negoziati per il pacchetto climatico "Fit for 55", il cuore del Green Deal. E in generale potrebbe essere una spinta verso una maggiore integrazione a livello Ue.
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Sulla riforma del Patto di Stabilità, la presenza di almeno un partito tra i liberali e la Cdu (se non entrambi) nella nuova coalizione non promette nulla di buono per l'Italia: i cristiano-democratici (e ancor più i loro alleati bavaresi della Csu) non sono affatto favorevoli a un allenamento dei vincoli di bilancio, mentre i liberali sono persino più rigidi e sembrano determinati a chiedere il ministero delle Finanze. In ogni caso, fiutando il clima ostico, il ministro Bruno Le Maire ha già fatto sapere che l'accordo sulla riforma del Patto non figurerà tra le priorità della presidenza francese.
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Lo spazio, temporale e politico, per trovare un'intesa prima del ripristino delle vecchie regole (gennaio 2023) è strettissimo. Anche sulla riforma di Dublino sono impensabili progressi prima della seconda metà del 2022. Su questo dossier la Germania di Merkel non ha mai avuto una posizione estrema e così sarà anche per chi arriverà dopo, ma il nuovo Cancelliere sarà determinante per portare avanti il dialogo con i Paesi di Visegrad.
Soprattutto con Polonia e Ungheria (al voto nella primavera del 2022), con le quali bisognerà affrontare pure il nodo del rispetto dello Stato di diritto. Merkel ha sempre preferito evitare il muro contro muro e sarà interessante vedere come i Verdi e i Liberali troveranno un'intesa su una questione che li vede su posizioni molto diverse. Chi prenderà il posto di Merkel dovrà dimostrare di saper guardare al di là della linea dell'orizzonte.
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L'Europa sta attraversando un momento cruciale «e il merkelismo non è più sostenibile - sostiene Piotr Buras del think tank Ecfr -. Negli ultimi 15 anni lei ha mantenuto lo status quo nell'Ue, ma ora ci sono sfide come la pandemia, i cambiamenti climatici e la concorrenza geopolitica che richiedono svolte radicali, non cambiamenti cosmetici».
Chi osserverà i negoziati di coalizione con grande interesse è Ursula von der Leyen: se la sua Cdu dovesse finire all'opposizione, per la presidente della Commissione si aprirebbe una fase di grande incertezza. Chi l'ha vista in azione nelle stanze di Bruxelles riferisce di un netto avvicinamento a Macron nell'ultimo periodo, forse per trovare riparo sotto la sua ala nell'era post-Merkel. Ieri, in attesa dei risultati elettorali tedeschi, la presidente della Commissione è rimasta in silenzio e ha pubblicato su Twitter soltanto una sua foto. Sotto l'Arco di Trionfo.-
annalena baerbock ARMIN LASCHET