Laura Berlinghieri per "la Stampa"
venezia grandi navi
All'indomani di una decisione che dovrebbe porre la parola fine a una battaglia durata anni, Venezia si spacca sull'opportunità di allontanare le grandi navi dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca, dal primo agosto. Perché se, in tesi, sono tutti concordi nel volere i giganti del mare lontani dal fragilissimo centro storico, gli interessi in gioco sono troppi e difficilmente conciliabili.
La prudente soddisfazione del sindaco Luigi Brugnaro si scontra con l'amarezza dei lavoratori del porto. Il presidente veneto Zaia chiede ristori per la società, partecipata dalla Regione, che ha in concessione il terminal. E si dividono gli esercenti: in chi al turismo "mordi e fuggi" preferisce la sicurezza della laguna e in chi, invece, su questo turismo fonda una parte non sacrificabile del proprio reddito.
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Del resto, nell'economia della città, il porto ha un ruolo da protagonista. «Venezia Terminal Passeggeri, la società concessionaria dello spazio acqueo che accoglie le navi, va ristorata. È una società della Regione e di altri soci, come le compagnie di crociera.
Non passi l'idea che, in Italia, è sufficiente "staccare la spina" per mandare tutti a casa. È stato fatto un danno, ora va riparato» sostiene Zaia, pur favorevole all'allontanamento delle grandi navi da San Marco. Nel mezzo c'è il destino dei portuali. «Quattromila persone. Sarebbe stato più opportuno attendere la fine della stagione, dato che l'alternativa a Marghera non è pronta» rincara il vicesindaco Andrea Tomaello.
Mentre si dice fiducioso il primo cittadino Brugnaro: «Aspetto il testo del decreto, ma sono ottimista. Ho lavorato con i ministri Brunetta e Giovannini, che hanno visto che la soluzione più semplice è quella che proponevamo da 10 anni». Ma è scendendo in città che gli animi si fanno bollenti. Tra i lavoratori del porto, in primis, che temono per il proprio futuro.
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«È il futuro di un'intera filiera produttiva - che si compone di almeno 18 categorie, dando lavoro a migliaia di persone - a essere messo in discussione dalle scelte del governo» mette in guardia Vladimiro Tommasini, presidente della cooperativa portabagagli del porto. «Abbiamo ripreso a lavorare dopo 19 mesi di inattività, chiediamo scelte chiare e la possibilità di continuare a vivere a Venezia, fino alla definizione di progetti sensati». Ma su Venezia pende la spada di Damocle dell'ultimatum dell'Unesco, che è fantasia immaginare non abbia inciso sull'improvvisa accelerata.
Tra gli esercenti, i pareri sono discordi. Non subiranno alcun impatto i locali di piazza San Marco, come conferma il presidente dell'associazione Claudio Vernier, titolare della storica gelateria Al Todaro. «Questa era l'unica decisione da prendere. È la crocieristica che deve adattarsi alle esigenze della laguna, non il contrario». Dall'altro lato del guado si colloca Andrea Mazzola, titolare del ristorante-pizzeria Alle lanternine.
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«Per me, perdere i croceristi significa rinunciare al 30-40% dell'incasso giornaliero - sostiene -. Senza il passaggio da piazza San Marco, temo che saranno in molti a virare su altri porti, come Trieste o Civitavecchia. La fragilità della laguna? L'incidente più grosso è stato dovuto a un errore del comandante». La decisione, in ogni caso, è stata presa, anche se i tempi per l'individuazione dei definitivi approdi offshore sono tutt' altro che brevi. «Sarà una prova durissima per il settore della crocieristica, per l'indotto e per i lavoratori, ma anche una sfida per il porto del futuro e un passaggio importante verso la costruzione di Venezia, capitale della sostenibilità» conclude il presidente dell'autorità portuale, Fulvio Lino Di Blasio.
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