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    LO STRAZIO DI BEPPE FURINO: “HO ATTACCATO IL COVID A MIA MOGLIE CHE È MORTA. AVRÒ SEMPRE IL SENSO DI COLPA” – L’ANGOSCIANTE MEA CULPA DELL’EX CAPITANO DELLA JUVENTUS AL "CORRIERE": “CREDO DI ESSERE STATO L’UNTORE CHE HA PORTATO LA MALATTIA IN CASA. NOI GUARIVAMO, LEI PEGGIORAVA. DA QUANDO È STATA RICOVERATA NON L’HO PIÙ VISTA. IN CASA E’ RIMASTO UN VUOTO ENORME” (MA DI FRONTE A UN DRAMMA SIMILE CHE SENSO HA INFILARE NELL'INTERVISTA LE DOMANDE SU PLATINI, PIRLO E BARELLA?)


     
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    Timothy Ormezzano per torino.corriere.it

    beppe furino e la moglie beppe furino e la moglie

     

    Beppe Furino ha perso una parte di sé. E il suo strazio strazia. La gloria della Juventus ha avuto un fisiologico bisogno di qualche giorno per rivisitare il dramma che lo ha sconvolto, tentando di riempire almeno di parole il vuoto che ha invaso la sua esistenza. Furino racconta i tempi (stretti) e i modi (atroci) con cui il Covid ha portato via la moglie, Irene Vercellini:

     

    «Sono davvero frastornato, è accaduto tutto troppo in fretta». Pausa. Respiro. E poi un angosciante mea culpa: «Purtroppo credo di avere fatto da untore, portando a casa il virus. Ci ha preso tutti, in famiglia. Ma mentre noi guarivamo lei cominciava ad avere seri problemi di saturazione. Da quando è stata ricoverata non l’ho più vista. Non dimenticherò mai questo dolore tremendo».

     

    Sua moglie era anche una apprezzata politica

    «Tanto da tirare dentro anche me. Se sono entrato nel consiglio comunale di Moncalieri l’ho fatto per lei, che amava la politica quasi quanto la Juve».

    Si dice che fosse più tifosa di lei.

    beppe furino beppe furino

    «Più di me non è facile, ma era tifosissima, nonché piuttosto accesa nei suoi comportamenti. Era una vera tifosa da stadio, andava nei distinti al Comunale prima che io la convincessi a seguirmi in tribuna. Erano anni meno esasperati di questi, si poteva anche perdere ma non si perdeva il sorriso. Siamo peggiorati, e mi ci metto dentro anche io. Vivo una tensione che non mi apparteneva».

     

    Un’altra epidemia, da piccolissimo, la obbligò a cambiare casa.

    «Ci furono dei casi di tifo in Campania, nel paese di mio padre, dalle parti di Nola. Andai a vivere per un anno dai miei nonni materni a Ustica. Avevo tre o quatto anni. Allora non avrei mai pensato di diventare un calciatore, a casa mia l’unico tifoso ero io. Ero juventino ben prima di arrivare a Torino, a dodici anni. I primi calci in piazza d’Armi, qualche torneo all’oratorio di Santa Rita e dopo appena un mesetto l’approdo nella mia squadra del cuore, nel Nucleo Addestramento Giovani diretto dal mitico Pedrale. La mia carriera è stata una cavalcata felice, il calcio mi ha dato tutto».

     

    irene vercellini irene vercellini

    Nessuno rimpianto? Solo tre presenze in Nazionale...

    «Nessun rimpianto. Anche se ai Mondiali in Messico 1970 avrei potuto giocare un po’ di più. Avevamo una signora squadra, con un centrocampo fortissimo: Mazzola, Rivera, De Sisti, Bertini, Cera. Ma avrei potuto far rifiatare qualcuno, in modo da presentarci in finale un po’ meno cotti o addirittura bolliti».

     

    «Inutile prendere Platini se il gioco poi passa dai piedi di Furino», disse l’Avvocato. È vero che il suo rapporto con Le Roi non fu idilliaco?

    «Smentisco. Michel era un bravo ragazzo, era l’astro nascente, mentre io andavo per i 38 anni, ero a fine carriera, avevo già fatto tutto quello che dovevo fare. Con personalità, forza morale e carattere».

    beppe furino beppe furino

     

    I suoi derby erano all’insegna del tremendismo. Furino contro Ferrini, per dire.

    «Altri tempi, altri derby. Il Toro lottava con noi per lo scudetto. Ma anche l’ultima Juve è cambiata, una sconfitta come quella contro il Benevento non si vedeva da anni. Più che deluso mi ha sbalordito. Non andare in Champions sarebbe un disastro totale. Mi auguro che sabato contro il Toro la squadra ritrovi le motivazioni, anche se non capisco come possano mancare a chi è strapagato per fare il mestiere più bello del mondo: ma di cosa stiamo parlando?».

    Lei non ama essere definito una bandiera bianconera perché detesta stare su un piedistallo, vero?

    «Confermo. Quel termine non mi è mai piaciuto. E se non ho avuto una seconda vita alla Juve è colpa mia: l’avvocato Chiusano mi tormentava affinché facessi il corso da tecnico a Coverciano. Ma io niente».

    beppe furino beppe furino

     

    Pirlo invece ha accettato.

    «Diamogli tempo. Non dipende tutto da lui. Anzi, secondo me l’80% del lavoro, nel bene o nel male, lo fanno i giocatori. Senza togliere niente a Conte o Allegri, anche Pirlo avrebbe vinto facilmente con Pirlo, Marchisio, Pogba e Vidal a centrocampo».

     

    Il nuovo Furino è Barella?

    «Mi piace molto. L’avrei voluto alla Juve: ha personalità, qualità e agonismo».

    E poi ci sono i suoi due nipotini, gli eredi diretti.

    «Già, due maschietti che al momento se ne fregano del calcio. Vedremo più avanti, c’è tempo. Il più grande ha solo 7 anni, lo vedo fare i compiti di seconda elementare con la Dad. In piena pandemia ci siamo riuniti tutti a casa mia, dove però è rimasto un vuoto enorme».

    lapo elkann beppe furino lapo elkann beppe furino

     

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