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    IL CINEMA DEI GIUSTI - “LOGAN” DI JAMES MANGOLD È TRISTE, BELLO, VIOLENTO, CON UNA NOSTALGIA PER UN CINEMA CHE NON ESISTE PIÙ E PER UN MONDO DI SUPEREROI DI FINE ’900 CHE STA SCOMPARENDO NELLO STESSO MODO - IL FILM È UNA SCOMMESSA VINTA, 32 MILIONI DI DOLLARI SOLO AL PRIMO GIORNO D’USCITA IN AMERICA, TRIONFO DI CRITICHE, MA SOPRATTUTTO È UN GRANDE FILM ADULTO, UMANO E CIVILE


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    LOGAN LOGAN

    “Porco cazzo!” urla, nella simpatica traduzione italiana, Logan, l’ultimo degli X-Men rimasti in un triste futuro, quando capisce che la piccola Laura, ha i suoi stessi poteri e lo stesso cattivo carattere, visto che si trascina dietro la testa di un cattivo appena ammazzato. Porco cazzo! Lo possiamo dire pure noi di fronte a questa ultima avventura del supereroe della Marvel, la decima in vent’anni di attività, Logan, diretto magistralmente da James Mangold, che lo ha scritto assieme agli specialisti Scott Frank e Michael Green.

     

    Mangold e il suo protagonista, Hugh Jackman, che si presenta come un Logan triste, vecchio e malato, che fa da badante al suo mentore Charles Xavier, interpretato da Patrick Stewart con affetto e intelligenza, fanno di questa ultima avventura, autunnale, ma ancora violentissima, molto politicizzata e totalmente antitrumpiana, una specie di canto del cigno del mondo dei supereroi della Marvel e di Logan-Wolverine in particolare.

     

    LOGAN LOGAN

    Per farlo, Mangold, che aveva già diretto Logan-Jackman in Wolverine, rispolvera la sua bella competenza in western, cita il capolavoro di George Stevens, Shane-Il cavaliere della valle solitaria, ma anche i più recenti The Cowboys di Mark Rydell o il Clint Eastwood più tardo, e fa di Logan e del suo mondo, in fuga tra il Messico e il Texas e poi in South Dakota, qualcosa che sta scomparendo in un futuro da America trumpiana.

     

    LOGAN LOGAN

    Il supereroe in crisi, come lo Shane di Alan Ladd in cerca di solitudine per poter dimenticare tanta violenza fatta e subita, ben descritto dalla canzone di Johnny Cash, “Hurt”, che segna i titoli di coda, ritrova se stesso nella lotta per difendere la sua bambina, Laura, l’inedita Dafne Keen, davvero inquietante, e il vecchio “padre” Charles, diventato, come lui, un’arma micidiale da eliminare per sempre dal nuovo ordine globale. I tre personaggi in fuga in un paesaggio americano sempre più western, inseguiti da un esercito di cattivi capeggiati da Boyd Holbrook e dal più gelido Richard E. Grant, pensano di poter cercare una qualche salvezza nell’Eden disegnato dei fumetti degli X-Men di Stan Lee.

    LOGAN LOGAN

     

    Fumetti che diventano qua parte del mito come lo erano i giornalisti nei film dedicati a Billy The Kid o a Jesse James. Ma, come spiega il vecchio Charles a Logan, non importa che l’Eden sia vero, basta l’idea di un Eden da qualche parte per costruire un futuro alla bambina. Bambina, poi, che non è altro che un esperimento non riuscito di laboratorio, freak tra altri freak costruiti da una multinazionale della violenza, destinata a essere eliminati con tutto il progetto.

     

    Per questo i cattivi vogliono eliminarla e con lei eliminare i due vecchi supereroi appassiti. Al loro posto hanno pronto una sorta di Golem sosia di Logan che non pensa, ma uccide solamente, chiamato 24. E, come in un fumetto, Logan dovrà affrontarlo in una lotta con un se stesso deviato e crudele.

     

    LOGAN LOGAN

    Triste, bello, violento, con una nostalgia per un cinema che non esiste più e per un mondo di supereroi di fine ’900 che sta scomparendo nello stesso modo, Logan è una scommessa vinta, 32 milioni di dollari solo al primo giorno d’uscita in America, trionfo di critiche, ma soprattutto è un grande film adulto, umano e civile che ragione sul cinema e su un paese che sta scomparendo. Già in sala.

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