RIELLO
per Dagospia
L’archistar britannico del momento? Il duo di architetti Adam Caruso e Peter St. John specializzati in gallerie d’arte, musei e spazi pubblici con un palmares da far invidia. Basta dire che la loro Philarmonic Hall, da poco inaugurata a Liverpool, ha perfino ricevuto il plauso dalla stampa britannica assai esigente in fatto di architettura.
I due lavorano assieme dal 1990 in uno studio ricavato da una vecchia fabbrica degli anni 30’ nel quartiere di Hackney (East End) dove gallerie, studi e abitazioni di artisti/designer costellano le vie da Bethnal Green a Victoria Park e oltre.
Location perfetta insomma, in una cittadella di “creativi” (e “aspiranti-creativi”) sino al 2008/2009 zona ancora abbastanza accessibile dal punto di vista immobiliare. Per la cronaca pare ci siano più connessioni internet per abitante qui che in qualsiasi altra parte del Regno Unito.
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Due gli interventi di Caruso & St. John, appena sfornati al pubblico londinese sempre avido di nuove star.
Innanzitutto la nuova sede -oltre alle altre due esistenti- della Gagosian Gallery dell’instancabile e implacabile Larry Gagosian. Da fuori stile molto L.A. (chissà magari Mr. Gagosian, sempre in viaggio, soffre di nostalgia di casa...), colto e impeccabile esercizio vintage incentrato sul cosiddetto “International Style”.
Dentro minimal-chic, efficiente e benevolmente confortevole grondante di quel potere colto e solo apparentemente informale talmente fiero del proprio successo da potersi permettere di fingere (solo un pochino) che tutto ciò non sia poi così importante. Il contenuto espositivo è una strepitosa mostra di quadri e sculture di Cy Twombly.
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Opere grandi e grandiose, disposte con la misura e naturale sicurezza di chi eccelle nel proprio mestiere. Siamo a Grosvenor Hill, tranquillo angolino all’interno dell’esclusiva e centralissima Mayfair -tradizionalmente il concentrato del lusso e di quanto ne consegue- che negli ultimi anni ha visto il ritorno di molte gallerie da posti “alternativi” e più periferici, poco in linea con il cambiamento del mercato fortemente polarizzato e frammentato.
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L’ecumenica fetta di mercato che stava in mezzo si e’ decisamente e drammaticamente assottigliata. I collezionisti ormai tendono a comprano opere molto importanti e costose di artisti affermati (il che richiede una contesto sociale ed architettonico adeguatamente impegnativo) oppure si orientano su economiche edizioni o addirittura vanno a comprare direttamente dai giovanissimi studenti/artisti nei “final show” delle universita’ e dei college dove si studia arte (Il Goldsmith College e’ sempre il piu’ ambito).
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Architettonicamente più ambizioso e mediatico è invece il secondo progetto. La Newport Street Gallery, che l’artista Damien Hirst ha voluto per contenere e mostrare la propria collezione di quadri. Certo non i suoi (troppo banale) ma quelli di artisti da lui collezionati negli anni. Da Francis Bacon a Jeff Koons, e tanti altri senza dimenticare gli amici della British Young Art (per qualche tempo in forma ridotta anche alla Pinacoteca Agnelli al Lingotto di Torino).
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L’intervento è imponente, direi quasi museale. Ricavato, secondo le migliori tradizioni british, dal recupero di edifici industriali dismessi ovvero tre giganteschi Studios destinati alle produzioni di scenografie per i teatri del West End. Qui Damien Hirst, senza falsi sensi di colpa, sembra quasi aver detto ai nostri due architetti “daje dentro” e il risultato si vede.
Esternamente, un impeccabile recupero di archeologia industriale senza inutili stravaganze; internamente un’efficiente sobrietà e controllo degli spazi. Due scale davvero memorabili -tra le immagini più cliccate su Instagram e Pinterest- collegano i vari piani dell’edificio che tra l’altro ospita anche un ristorante.
Lo spazio ha inaugurato con una serie di opere (1964 -1982) di John Hoyland, noto pittore astratto inglese scomparso nel 2011 che rilegge (in maniera non sempre originalissima) la fortunata stagione dell’astrattismo americano degli anni 50’. Tanto per capirci: Roberth Motherwell, Morris Lewis, Kenneth Noland con spruzzi di Mark Rothko. Siamo a Vauxhall, a sud del Tamigi, zona sicuramente meno centrale e sfarzosa della precedente ma in pieno boom immobiliare. Come si dice in gergo “interessante”.
caruso &st john newport gallery
Prova inconfutabile che ormai l’Arte Contemporanea, attraverso il suo sistema di giovani gallerie sperimentali e studi di artisti in continua ricerca di sistemazioni urbane poco costose, serve alle metropoli per “bonificare” egregiamente situazioni di degrado urbano più o meno periferico. Come se in fondo la sua principale ragione d’essere fosse fungere da elegante aratro per importanti investimenti immobiliari, trascinandosi appresso sciami di compratori e investitori allettati dal profumo della cultura. Certo una visione inquietante, magari alquanto radicale e semplicistica, ma certo non infondata.
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Il punto è che progettare spazi destinati all’Arte Contemporanea, non è per niente facile. Perfino nel nostro Bel Paese, costruzioni faraoniche poco funzionali e mostruosamente costose che celebrano (e male per giunta) solo l’architetto che le ha progettate, ne conosciamo parecchie. Rinomate Archistar che non resistono alla tentazione di strafare, senza sapersi fermare al momento giusto per dare allo spazio il respiro e visibilità che le opere richiedono. Boh, sarà questione di “lasciare il segno”…
caruso & st john gagosian grosvenor hill
Non è questo comunque il caso di Caruso & St John i quali, senza false modestie, forniscono il prodotto giusto nel posto giusto con intelligente rispetto. Sull’ideale scia del loro collega Claudio Silvestrin, rinomato specialista londinese di spazi espositivi urbani che nel 1993 ha progettato la mitica (ed eponima) prima sede della galleria White Cube in Meson’s Yard a Piccadilly.
La galleria successivamente spostatasi nell’East End (Hoxton Place), e dal 2011 con intuito davvero perspicace nel quartiere di Bermondsey oggetto di imponenti riqualificazioni edilizie (proprio di lì tra poco la CrossRail, la nuova linea di metrò superveloce) vicino allo Shard di Renzo Piano, però ormai già troppo cara. Chissà magari la miriade di italiani in cerca di casa a Londra, al posto di vane e costose ricerche farebbe meglio a tenere d’occhio gli spostamenti di White Cube.
By the way, mostra in corso di Cerith Wyn Evans (fantasmagorici e fantascientifici neon) e Robert Irwin (un sofisticato minimalismo elegante e molto anglosassone).
white cube
John Hoyland
NEWPORT STREET GALLERY
Newport Street, London SE11 6AJ
Cy Twombly
GAGOSIAN GALLERY
Grosvenor Hill, London W1K 3QD
Ceryth Wyn Evans, Robert Irwin
WHITE CUBE/Bermondsey
144-152 Bermondsey Street, London SE1 3TQ