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    “LORO SANNO SOLO DI QUELLO. SAPESSERO ANCHE DEGLI ALTRI. ABBIAMO FATTO COSE PEGGIORI, PUGNI NEI RENI” – SONO STATI INCASTRATI DALLE INTERCETTAZIONI TRE LAGURARI, POCO PIÙ CHE 20ENNI, INDAGATI PER AVER PICCHIATO UN VENDITORE ABUSIVO BENGALESE E PER AVERGLI RUBATO 40 EURO – LA VITTIMA AVEVA IMMEDIATAMENTE DENUNCIATO E SI ERA FATTA REFERTARE, MA UN TROJAN INSERITO SU UN CELLULARE…


     
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    Alberto Zorzi per "www.corriere.it"

     

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    Non solo il fatto che la vittima sia andata quasi subito, mezz’ora dopo, nella vicina Questura a fare la denuncia. Non solo che a confermare il suo racconto ci fossero quelle lesioni poi refertate in pronto soccorso e gli stivali distrutti buttati in mezzo ai cespugli.

     

    A confermare – secondo il pm di Venezia Stefano Buccini, che li ha indagati, e il gip Barbara Lancieri, che li ha interdetti per un anno – il racconto di un venditore abusivo bengalese, che ha denunciato di essere stato picchiato e derubato di 40 euro da tre giovani lagunari di «Strade sicure» il 23 dicembre 2019 in piazzale Roma, ci sono anche le intercettazioni telefoniche e quelle captate grazie a un «trojan» inserito nel cellulare di uno di loro: ovvero quel programmino che trasforma il dispositivo in una «cimice».

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    Le intercettazioni

    Il trojan avrebbe captato una frase che parrebbe non solo confermare l’aggressione, ma addirittura rivelarne altre. «Loro sanno solo di quello... - dice l’indagato a un amico al bar - sapessero anche degli altri... abbiamo fatto cose peggiori... pugni nei reni». Inoltre la procura nella sua richiesta ha sottolineato come i tre giovani, tutti poco più che ventenni, intercettati dopo che gli erano stati notificati l’avviso di garanzia e l’interrogatorio, non avrebbero manifestato stupore per l’accusa, ma anzi si erano preoccupati di mettersi d’accordo per dare una versione comune. Secondo il racconto della vittima, i tre l’avrebbero sottoposto a un controllo (pare su segnalazione di un passante) perché vendeva stivali contro l’acqua alta, del tipo di plastica che si indossano sopra le scarpe.

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    Anche il fatto che il controllo sia stato fatto non in piazzale Roma, ma nei più «appartati» giardini Papadopoli, per l’accusa, è sintomatico che qualcosa non andava. I giovani, sentiti dal pm (di fronte al gip non hanno risposto), hanno ammesso il controllo e anche che i toni si fossero accesi, ma hanno negato di averlo colpito e derubato. Proprio quest’ultima azione ha consentito il trojan, perché si sono trovati a rispondere del grave reato di rapina. Secondo il pm, infatti, quando lui ha aperto il portafogli per tirare fuori i documenti, gli avrebbero preso i 40 euro e, di fronte alle sue lamentele, l’avrebbero colpito con sberle e pugni su testa e gambe, con lesioni guaribili in 8 giorni.

     

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    La difesa degli indagati

    «Non c’è stata alcuna rapina o forma di violenza - ribadisce l’avvocato Angelo Andreatta, che difende uno dei tre, proprio quello del trojan - Le frasi dette vanno contestualizzate, c’è stata una grande preoccupazione legata allo sconcerto per un’accusa così pesante per un fatto che non hanno commesso. Ritenevamo di aver già chiarito tutto in un lunghissimo interrogatorio». Sia Andreatta che i colleghi Umberto Pauro e Romeo Villirillo, che difendono gli altri due, faranno ora un appello cautelare contro l’ordinanza. Le rigide regole dell’Esercito però prevedono che la sola misura cautelare possa essere causa di esclusione.

     

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