Ilario Lombardo per “la Stampa”
VIKTOR ORBAN MATEUSZ MORAWIECKI
«Tenere la posizione». «Andare avanti come se nulla fosse». «Attenerci alle scadenze dei progetti». Infine: «Sperare che il veto rientri». Sono questi i commenti che delineano la posizione ufficiale del governo italiano di fronte al veto di Ungheria e Polonia. Fiducioso che la mediazione tedesca alla fine ammorbidisca il grugno di Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, ma irretito nel timore che un ennesimo slittamento del Recovery fund comprometta la tenuta finanziaria dell' indebitamento italiano.
giuseppe conte roberto gualtieri
In altre parole: che scateni i mercati, fino a oggi sopiti di fronte alla certezza delle risorse fresche del fondo contrattato a luglio, a Bruxelles. In questo senso, chiedere l' accesso al Mes, secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rappresenterebbe un ulteriore stigma, anche se è chiaro che chi sostiene l' urgenza di attivare subito il fondo Salva-Stati ha da ieri un argomento in più.
conte rutte merkel ursula
Oggi il ministro degli Affari europei Enzo Amendola si presenterà al vertice con i colleghi degli altri Stati membri senza spostarsi di un millimetro dalle decisioni già prese, cioè dal compromesso sulle condizionalità dello Stato di diritto raggiunto faticosamente quattro mesi fa, quando i Paesi del Nord Europa spingevano per punire maggiormente Ungheria e Polonia. Allo stesso tempo l' Italia si atterrà all' iniziativa della presidenza di turno della Germania, di Angela Merkel e dei suoi negoziatori.
giuseppe conte luigi di maio enzo amendola
«Sosteniamo la mediazione tedesca, su NextGenerationEu e QFP (quadro finanziario pluriennale) non si può perdere tempo», twitta Amendola. Ed è proprio tenendo assieme il pacchetto dei documenti - bilancio, Recovery fund e risorse proprie - che la Cancelliera ha qualche cartuccia da giocarsi per piegare il veto, anche se è difficile che lo farà subito, già domani, durante il periodico confronto in videoconferenza dei capi di Stato e di governo.
angela merkel e giuseppe conte al castello di meseberg 3
Al momento non è previsto alcun passaggio sul Recovery fund, ma non è escluso che, alla luce delle dichiarazioni abrasive di Budapest e Varsavia, il tema possa rientrare.
Conte confida sul fatto che basterà qualche garanzia in più e qualche tecnicalità. Il governo con il Pd non permette alcun cedimento alle ambiguità dei sovranisti dell' Est sui diritti, tanto più ora che dagli Usa non soffia più il vento a loro favorevole di Trump.
MERKEL ORBAN
Ma l' impasse in cui si è impantanata la Ue rischia di pesare sull' Italia. Serve tempo per i negoziati e il rinvio dell' ok definitivo al fondo farà slittare le prime tranche delle risorse rispetto ai mesi di aprile-maggio, quando il governo scommetteva sarebbero arrivate. Significa doversi continuare a finanziare sul mercato dei titoli di Stato, a tassi comunque bassi, e ad affrontare l' emergenza sanitaria di scostamento in scostamento di bilancio. Sempre che il M5S e Conte non cedano alla prospettiva di usare i 36 miliardi del Mes per colmare il vuoto di mesi che crea il braccio di ferro sul Recovery.
GIUSEPPE CONTE IN UN MOMENTO DI PAUSA DURANTE LE TRATTATIVE SUL RECOVERY FUND
Ma non è il ritardo di un mese o un mese e mezzo a preoccupare il governo. L' importante, come spiega una fonte dell' esecutivo, è avere la certezza che il fondo europeo parta. Senza questo, i mercati tornerebbero ad agitarsi nei confronti dell' Italia. Per questo, considerando «impensabile» il naufragio del Recovery, Conte sosterrà che «serve una risposta all' altezza dell' Ue».
SANCHEZ CONTE RUTTE ALLA DISCUSSIONE SUL RECOVERY FUND
In queste ore le diplomazie nazionali sono in contatto per garantire il massimo della compattezza. Il premier lo ribadirà come unico possibile orizzonte di sopravvivenza della Ue, in attesa che Merkel sfrutti la leva finanziaria per convincere Orban e l' alleato Morawiecki, quest' ultimo più interessato a una soluzione di pace per non compromettere i circa 40 miliardi di fondi del Recovery destinati alla Polonia. Il potere di veto, avverte ancora Amendola, «è obsoleto per l' Ue e dannoso per chi lo esercita. O l' Europa unita si comporta da superpotenza di diritti, o i singoli stati perderanno nella competizione globale».