Gian Maria De Francesco per “il Giornale”
Martin Selmayr
Europarlamento-Germania 1-0. Ieri l' assemblea di Bruxelles ha deciso di affidare alla commissione controllo di bilancio il compito di verificare il rispetto delle procedure nella nomina dell' ex capo di gabinetto di Jean-Claude Juncker, Martin Selmayr, a segretario generale della Commissione.
Selmayr, potentissimo funzionario ora a capo dei 33mila euroburocrati di Bruxelles, è inviso a gran parte della nomenklatura comunitaria perché sospettato di essere una vera e propria «talpa» al servizio di Angela Merkel (Berlino spesso riesce a conoscere in anticipo i dossier della Commissione), tanto da essere apostrofato come Rasputin dal Financial Times. La sua nomina è finita nell' occhio del ciclone perché Selmayr, non qualificato per il posto attualmente ricoperto (non era un direttore generale), ha avanzato la candidatura per vicesegretario generale a fine gennaio ottenendo l' incarico e poi venendo promosso a tempo di record a causa delle dimissioni dell' olandese Alexander Italianer.
Alexander Italianer con Juncker
La Commissione Ue ha votato la nomina senza che alcuni commissari ne fossero adeguatamente informati (anche il falco finlandese Katainen ha confermato). Questa opacità ha fatto esplodere il «Selmayr-gate». Il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, propugnatore del primato della politica sull' euroburocrazia, ha agevolato il dibattito tra gli eurodeputati senza cedere a nessuna indebita pressione esterna (il presidente della Commissione Juncker ha difeso a spada tratta la designazione).
tajani merkel
La conferenza dei presidenti dell' Europarlamento deciderà in seguito se mettere ai voti una risoluzione sul caso Selmayr, ha annunciato Tajani. L' aspetto interessante è che anche due autorevoli esponenti del Ppe (il partito di Merkel) come la francese Françoise Grossetête e il tedesco Werner Langen hanno contestato la nomina in quanto priva di requisiti fondamentali, segno che non sono solo verdi, grillini e sovranisti vari ad alzare la voce. Il principale esponente dei liberali, il belga Guy Verhofstadt, ha addirittura evocato un nuovo «caso Santer», dal nome del presidente della Commissione costretto alle dimissioni nel 1999 per un caso di nepotismo.
JUNCKER
Nei corridoi si mormora già di un compromesso: Selmayr resta dov' è e il commissario tedesco Öttinger si dimette. Far saltare Juncker, infatti, significherebbe far saltare la spartizione delle poltrone della prossima Commissione (si vota l' anno prossimo), già decisa tra Berlino e Parigi.
OTTINGER