Estratto dell’articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
ROMELU LUKAKU ABBRACCIA ANDREA BELOTTI
Gli abbracci sono come i baci: il problema è quando ti stacchi. Se poi ad abbracciarti su un prato verde è Romelu Lukaku, la faccenda assume – diciamo così – aspetti piuttosto complessi. A cominciare da quelli estetici, come dimostrano le due foto che abbiamo messo a confronto.
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C’è lui, Lukaku, che al Meazza abbracciava Lautaro stretto nella stessa identica postura con cui l’altra sera ha abbracciato Belotti, all’Olimpico. Due immagini piene di calcio. I fotografi le fermano subito dopo un gol. Sono attimi sublimi. Con dentro felicità e sudore, eccitazione e fratellanza. Abbracciamoci. Lautaro ci credeva, ci ha creduto. Prima di avvinghiarsi, i due simulavano pure lo sparo di Call of Duty, un celebre videogioco.
Tutti noi a pensare e a scrivere: che coppia strepitosa. Che intesa. Solo che la scorsa estate, tra una promessa di rinnovo, crudeli bizantinismi di mercato e solenni perfidie, Lukaku sparisce. Di botto. E stacca il cellulare. E non risponde più nemmeno a lui, a Lautaro. Che ci resta non male, malissimo. E che adesso poi penserà (e sarà probabilmente il pensiero di molti tifosi interisti): se li abbraccia tutti allo stesso modo, quello lì, il belga.
ROMELU LUKAKU ABBRACCIA LAUTARO MARTINEZ
Un miscuglio di stupore, amarezza, fastidio. Sentimenti legittimi. Ma anche no. Forse queste due foto dovremmo sforzarci di guardarle con gli occhi di Lukaku. Scusate: dov’è il problema? Mi pagano per segnare e far segnare. E, quando succede, e succede con spaventosa puntualità, festeggio insieme al compagno che ho per contratto. La maglia è solo un dettaglio. Ieri a Milano, oggi a Roma, domani chissà. È il calcio di oggi, belli miei. Belotti non si illuda.
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