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    INTERNET CI RENDE STUPIDI? - DUE LIBRI SI CONFRONTANO SU COME IL WEB ABBIA CAMBIATO IL NOSTRO MODO DI PENSARE - CARR: “SE DELEGHIAMO I PENSIERI ALLE APP O A UN SOFTWARE DIVENTIAMO COME CRICETI” - DE KERCKHOVE: “NO, E’ UN NUOVO RINASCIMENTO: CAMBIA ANCHE IL NOSTRO MODO DI ESSERE”


     
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    1 - INTERNET CI RENDE STUPIDI? NO, GRAZIE AL WEB SAPPIAMO PIÙ COSE

    Estratto del libro “La Rete ci renderà stupidi?” di Derrick De Kerckhove pubblicato da “la Repubblica”

     

    Derrick de Kerckhove Derrick de Kerckhove

    Nicholas Carr ha posto una domanda estremamente intelligente: Google ci renderà stupidi? I suoi libri hanno avuto una grande diffusione e per la prima volta in America una grande quantità di persone si è interrogata sulla possibilità concreta che il nostro modo di pensare e di essere venga radicalmente modificato dalla rete e dall' ipertesto.

     

    DERRICK DE KERCKHOVE - LA RETE CI RENDERA STUPIDI DERRICK DE KERCKHOVE - LA RETE CI RENDERA STUPIDI

    La cattiva notizia di cui lo studioso si è fatto ambasciatore è questa: «Sì, effettivamente Google ci rende stupidi». Carr lo ha scoperto basandosi sul fatto che, più o meno all' età di quarant' anni, non aveva più la pazienza di leggere un libro. E anziché attribuire la colpa alla mancanza di tempo, all' eccesso di impegni o alla stanchezza dopo il lavoro, ha individuato il problema nella rete. Su Internet, infatti, si salta da una parte all' altra, con pensieri laterali, ed è complicatissimo mantenere una qualsiasi continuità mentale con il singolo oggetto.

     

    Personalmente ho passato anni a studiare il rapporto tra la scrittura e la mente, il modo in cui la scrittura occidentale ha creato il nostro senso dello spazio e del tempo, la nostra concezione dell' essere. Tuttavia, benché anch' io possa riscontrare questo lato negativo della rete, sono portato a vedere nella situazione attuale un rovesciamento epocale, pari a quello del Rinascimento.

     

    Derrick de Kerckhove Derrick de Kerckhove

    A mio avviso Carr tralascia una dimensione fondamentale: quella epistemologica. Gli manca la consapevolezza che la rivoluzione che stiamo vivendo investe molteplici aspetti, non soltanto il nostro modo di pensare ma anche quello di sentire e di essere. Google non rende stupidi.

     

    Abbiamo a disposizione un' enorme fonte di informazione, un' infinita memoria generale, dentro cui possiamo scovare passaggi privilegiati che dipendono dal nostro tipo di ricerca. Nell' era dei big data, le risposte dipendono unicamente dalle domande. Meglio imparare a fare bene le domande che a dare le risposte, benché giuste. È vero, le nostre attività sono continuamente interrotte dal telefonino e dai nostri impegni con uno schermo.

    internet ha cambiato il modo di incontrarsi internet ha cambiato il modo di incontrarsi

     

    Carr lo chiama switching cost: se una lettura viene sempre interrotta, il pensiero prova in continuazione a ritrovare il filo, ma può farlo solo in modo frammentario e superficiale e si apprende senza riflessione profonda.

     

    L'argomento è persuasivo, ma il discorso è più complesso. In realtà questo tipo di sviluppo annuncia la fine della "narratività orientata" e del destino individuale. La linearità delle cose - l' esistenza cioé di un inizio e di una fine - è un' invenzione occidentale, come la tragedia e la commedia. Allo stato attuale, questa narratività non è più "orientata" ma multimediale, ipermediale, transmediale.

    dipendenza da internet dipendenza da internet

     

    Amon-Ra, dio supremo degli Egizi, di fronte a Thot e alla sua invenzione della scrittura, reagisce ricordandogli che una cosa è inventare, un' altra è prevedere le conseguenze delle proprie invenzioni. Prosegue affermando che se Thot crede di aver trovato un rimedio duraturo per conservare la memoria umana, in realtà egli ne ha provocato la perdita definitiva.

     

    Questo perché gli uomini avrebbero contato sempre di più su questo rimedio anziché sulla propria testa, sulla conoscenza intima. È un argomento forte, à la Carr. La risposta di Eric Havelock, uno dei maestri di Marshall McLuhan, è che posizionare la memoria fuori dalla mente serve a creare spazio per inventare e usare la propria intelligenza.

     

    INTERNET INTERNET

    Non dovendo più fondare su di sé la propria enciclopedia, l' essere umano crea più facilmente connessioni, che è poi il processo per eccellenza dell' intelligenza. Proseguendo idealmente sulla scia del pensiero di Havelock potremmo dire che se leggere e scrivere liberano la mente dalla necessità di ricordare, può darsi che oggi i nuovi media la liberino dalla necessità di pensare - perché i nostri software lo fanno per noi.

     

    Potrà sembrare una provocazione, ma è un fatto che le forme di intelligenza stanno cambiando, e la vera novità è che la stessa intelligenza sta mutando strategie. In questo quadro, l'intelligenza artificiale diventerebbe un modo di esternalizzare l'intelligenza fuori della mente umana.

     

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    I cambiamenti epocali portano sempre con sé qualche problema, ma si tratta di problemi che sono sempre stati superati, e sono convinto che anche in questo caso avverrà la stessa cosa. Come lo scrittore non può leggere senza scrivere, e non può scrivere senza leggere, lo stesso processo avverrà anche con i nuovi strumenti.

     

    Ora che abitiamo nel mondo elettronico questa dimensione scritta non può fare altro che rovesciarsi e tutti i contenuti non possono fare altro che rimescolarsi, più o meno volontariamente. È proprio la visione di questo tipo di rovesciamento, dal mio punto di vista, ciò che manca a Nicholas Carr.

     

    Nicholas Carr Nicholas Carr

    Concordo con la sua idea che oggi "si legga male", e tuttavia penso anche che i lettori odierni siano grandi editori: sono capaci, cioè, di leggere come in un montaggio cinematografico, di acquisire le immagini con un approccio ipertestuale e di metterle insieme, utilizzando fenomenali potenzialità intellettive.

     

    2 - INTERNET CI RENDE STUPIDI? SÌ. PER COLPA SUA NON SIAMO PIÙ CRITICI

    Francesca De Benedetti per “la Repubblica”

     

    Perdere la testa per internet si può eccome, ribadisce Nicholas Carr. Otto anni fa la sua confessione scatenò un dibattito che ancora divide gli appassionati: «Mi manca il mio vecchio cervello, Google ci rende stupidi», disse lo scrittore americano in un ormai celebre articolo. Ne ricavò anche un libro: "Internet ci rende stupidi?" (Raffaello Cortina, 2011). E ora non pare affatto aver cambiato idea. Anzi.

     

    NICHOLAS CARR - INTERNET CI RENDE STUPIDI NICHOLAS CARR - INTERNET CI RENDE STUPIDI

    Lei ha lanciato l'allarme otto anni fa. Da allora la tecnologia è penetrata ancora di più nella società. Anche la stupidità?

    «Era l' epoca dei laptop e delle email. Oggi giriamo con lo smartphone e viviamo sui social network. Il problema è diventato più evidente e più grave. Vede, il nostro cervello è malleabile. Se viene bombardato da distrazioni e interruzioni continue, si adatta di conseguenza. Non siamo in grado di finire una cena senza controllare il cellulare, siamo sempre più in balìa del flusso di informazioni, più distratti che mai. Gli effetti?

    L'attenzione diventa frammentaria, siamo meno capaci di riflettere e di pensare in profondità. Anche la memoria ne risente».

     

    Derrick de Kerckhove parte dalla sua tesi ma la contesta. Il web secondo il sociologo è un' opportunità: più informazioni da condividere, più creatività, un "nuovo Rinascimento". Lei davvero crede che la nostra mente sia solo vittima del web ?

    «Non è l' informazione in sé a "instupidirci", ma l' intensità con cui siamo gettati nel flusso. L' intelligenza non è solo trovare informazioni rapidamente, ma la capacità di attribuirvi un senso: il pensiero critico oggi è a rischio. Se come individui diventiamo più superficiali, a livello collettivo gli esiti non saranno granché».

    Nicholas Carr Nicholas Carr

     

    Big data, internet delle cose, robot. Stiamo anche "delegando" la nostra intelligenza?

    «Trasmettiamo dati pure quando respiriamo. Tutto ciò, se lasciato in mano alle corporation, pone rischi seri di manipolazione: la battaglia per la privacy è cruciale. Ad ogni modo, un software e un algoritmo nascondono sempre un modo di intendere il mondo. Affidarci ad essi sembra facile: risolvono problemi al posto nostro. Ma sono proprio le sfide ad alimentare la nostra mente e a dare pienezza all' esistenza. Se deleghiamo ogni pensiero e azione a una app, diventiamo criceti sulla ruota».

     

    Strategie di resistenza all' idiozia: qual è il suo consiglio per allenare il pensiero critico?

    «Non siate schiavi del cellulare.

    Staccate un attimo. Prendetevi il tempo per passeggiare, per leggere un libro, ascoltare musica intensamente, parlare con qualcuno senza controllare il telefonino. Datevi modo di prestare attenzione, di concentrarvi, di riflettere: se smettete di farlo, perderete la capacità di farlo. Se non praticate l' intelligenza, ne avrete nostalgia».

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