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    MA QUALE BITCOIN! IL VERO INVESTIMENTO SICURO È IL VINO! – ARRIVA “VINDOME”, L’APP PER FARE TRADING CON LE BOTTIGLIE DA COLLEZIONE. UNA VOLTA FATTO L’ACQUISTO, SI PUÒ DECIDERE SE TENERE “L’ASSET” STOCCATO O FARSELO SPEDIRE, CON IL RISCHIO DI STAPPARLO E CONSUMARLO! – LE TRANSAZIONI AVVENGONO TUTTE TRAMITE BLOCKCHAIN E VANNO PER LA MAGGIORE LE CANTINE FRANCESI, MA IL TREND STA CAMBIANDO (E QUELLE ITALIANE CRESCONO…)


     
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    Giuliano Balestreri per https://it.businessinsider.com/

     

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    Investire sul vino con un’app. E’ la scommessa di Vindome per avvicinare tutti gli appassionati a un mercato in forte crescita. D’altra parte, la fine dell’inflazione, ma anche la pandemia globale, ha costretto gli investitori a rivedere la composizione dei propri portafogli alla ricerca di nuove asset classe.

     

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    La situazione è tutt’altro che semplice: da un lato il mercato obbligazionario offre rendimenti vicini allo zero spingendo i risparmiatori a scommettere su debito spazzatura; dall’altro lato i titoli azionari sono costantemente sull’ottovolante senza sottostanti tali da giustificare improvvisi rally o repentine cadute.

     

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    In un contesto del genere le alternative non mancano e se gli amanti della tecnologia piazzano le loro scommesse su Bitcoin, cryptovalute e blockchain, non mancano gli appassionati che puntano sul vino per diversificare il rischio.

     

    Basti pensare che secondo l’ultimo rapporto sull’Industria vinicola nazionale e internazionale di Mediobanca, negli ultimi 20 anni, l’indice del settore è cresciuto – compresi i dividendi distribuiti – molto più dei listini globali.

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    Negli anni il Consorzio del Brunello si è aperto sempre più agli investitori appassionati e c’è chi ha portato in Italia la tradizione tutta francese dell’en primeur, ovvero l’acquisto del vino prima del suo imbottigliamento, come fa Massimo Gianolli presidente di Generalfinance e numero uno dell’azienda vitivinicola La Collina dei Ciliegi.

     

    “Il vino è un asset class solida e poco influenzato dalla volatilità dei mercati finanziari tradizionali. Per questo, siamo convinti che possa permettere un nuovo approccio negli investimenti” dice Mario Colesanti co fondatore della piattaforma Vindome con la quale si pone l’obiettivo di “democratizzare e rendere accessibile a chi vi si avvicina per la prima volta operare nel mercato del wine investment e al contempo, offrire uno strumento efficace e funzionale ai più esperti”.

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    Secondo il Knight Frank Alternative Investment Report, il vino da collezione, tecnicamente un passion asset, è secondo solo all’arte, con una crescita a due cifre negli ultimi 5 anni. Secondo le stime, nel 2018, il valore del mercato sarebbe arrivato a quota 5,1 miliardi di dollari e potrebbe crescere del 54% entro il 2024.

     

    Lo stesso Warren Buffett ha più volte consigliato di investire almeno l’1% della propria ricchezza in vini: “Investi solo in qualcosa che saresti perfettamente felice di tenere se il mercato chiudesse per dieci anni”.

     

    Con Vindome, i fondatori cambiano approccio al modo di investire: “Le bottiglie sono di chi le compra, noi ci occupiamo dello stoccaggio in sospensione d’Iva, della sicurezza e tracciamo tutto con la blockchain garantendo l’autenticità delle bottiglie. Insomma, cerchiamo di risolvere tutti i problemi che potrebbero avere soprattutto i neofiti. Ovviamente se poi qualcuno preferisce consumare il vino anziché rivenderlo, noi lo consegniamo a casa”.

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    Dal punto di vista pratico, Vindome offre due diverse tipologie d’approccio: le collection permettono di accedere ad assortimenti di vini suddivisi per budget ed orizzonti temporali d’investimento calibrati; il live market, invece, è un mercato in tempo reale dove si può acquistare e vendere senza investimenti minimi richiesti.

     

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    Le referenze più desiderate sono sempre quelle francesi, ma l’imprenditore assicura che il trend sta cambiando: “Lo scorso anno erano due le bottiglie italiane nella top ten, nel primo semestre del 2020 sono diventate tre. La domanda cresce. E se prima un portafoglio bilanciato prevedeva un 90% di vino francese e un 10% di vino italiano, adesso si consiglia di portare la quota tricolore al 25%”.

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