Estratto dell’articolo di Alessio Gaggioli e Giulio Gori per il “Corriere della Sera”
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In Svezia, la condanna a due anni e mezzo di reclusione a Paolo Macchiarini diventa definitiva. Lo scorso giugno, il chirurgo viareggino era stato condannato dalla Corte d’Appello di Stoccolma per violenza aggravata nei confronti di tre pazienti cui aveva trapiantato trachee artificiali, senza che i suoi interventi avessero una giustificazione clinica.
Ora la Corte Suprema svedese ha stabilito che non c’erano i presupposti per riesaminare il caso e ha respinto il ricorso presentato dalla difesa lo scorso luglio. Per Macchiarini — anche se al momento non è chiaro dove si trovi — ora scatta la pena detentiva: nell’ordinamento svedese, particolarmente garantista, una condanna a due anni e mezzo di reclusione è considerata molto pesante e prevede automaticamente la reclusione.
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Il chirurgo, un tempo celebrato come «il genio dei trapianti di trachea», ha operato in Spagna, Italia (all’ospedale fiorentino di Careggi), Stati Uniti, Russia e Svezia. Nel Paese scandinavo, tuttavia, l’assenza di una sperimentazione formale e i risultati disastrosi dei suoi interventi hanno portato i giudici a definire i suoi pazienti «trattati come cavie» e vittime di sofferenze inflitte inutilmente.
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E mentre a Careggi sui risultati di quattro dei cinque trapianti svolti da Macchiarini e il ruolo di chi operò con lui non è stata svolta alcuna seria revisione clinica (il quinto fu inserito a posteriori in una sperimentazione clinica del Centro nazionale Trapianti che poi lo valutò come «fallimentare), al contrario in Svezia i controversi interventi di Macchiarini, oltre all’inchiesta penale, negli anni scorsi hanno portato a mea culpa e dimissioni collettive tra il Karolinska Insitutet (la prestigiosa accademia che assegna i premi Nobel per la medicina) e l’omonimo ospedale universitario. […]
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Macchiarini fu arrestato nel 2012 — per ordine della Procura di Firenze, per ragioni non connesse ai trapianti, per le quali sarebbe stato poi assolto — mentre era in ospedale, subito dopo essere uscito dalla sala operatoria in cui, per l’ennesima volta, aveva portato sotto i ferri la prima paziente operata in Spagna. Il velo di bugie — tra i tanti report che assicuravano che tutti i trapianti avevano avuto esiti confortanti — cominciava a sollevarsi.
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L’Italia non ha tuttavia voluto mai fare i conti con gli aspetti controversi di quella vicenda. E questo ha consentito che quegli interventi «pionieristici», privi di una precedente sperimentazione sugli animali, quasi sempre al di fuori di sperimentazioni cliniche formalizzate, giustificati come «cure compassionevoli», fossero ripetuti anche altrove.
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Come in Svezia. Dove però una sentenza definitiva ora stabilisce che quelle operazioni erano prive di giustificazione medica, che costituiscono «violenza aggravata», e che i pazienti (tutti e tre morti) avevano comunque un’aspettativa di vita «non trascurabile», che sono stati trattati come «cavie». […]
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