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    MADE IN ITALY? FAKE IN ITALY! - NEL 2023, I CONSUMATORI ESTERI HANNO SPESO OLTRE 63 MILIARDI DI EURO IN PRODOTTI ALIMENTARI SPACCIATI PER ITALIANI, UN MILIARDO IN PIU' DI QUANTO È STATO INCASSATO IN ITALIA GRAZIE ALL'EXPORT DI CIBI E BEVANDE (62 MILIARDI DI EURO) - LA LOMBARDIA È LA REGIONE PIÙ COLPITA DALL'"ITALIAN SOUNDING", SEGUITA DA VENETO ED EMILIA-ROMAGNA - TRA I PRODOTTI PIÙ IMITATI C'E' IL RAGÙ, L'ACETO BALSAMICO, IL PESTO E…


     
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    (ANSA) - Nel 2023 i consumatori esteri hanno acquistato 63 miliardi di prodotti tipici italiani 'falsificati' che non provengono dal nostro Paese. Questo significa che il valore dell'export food&beverage italiano sarebbe più che raddoppiato a 126 miliardi sommati ai 62 miliardi di export agroalimentare di vero made in italy.

     

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     La Lombardia è la regione italiana più colpita dal fenomeno del cosiddettto italian sounding con un impatto economico negativo pari a 10,2 miliardi l'anno, seguita da Veneto (10 miliardi), ed Emilia-Romagna (9,9 miliardi). I dati della ricerca di The European House - Ambrosetti, realizzata in occasione dell forum 'La Roadmap del futuro per il food&beverage' di Bormio, evidenzia inoltre come l'imitazione all'estero di prodotti del territorio abbia precluso quasi 9 miliardi di euro di vendite oltre-confine per il Piemonte (8,7), 5,5 per la Campania, e 3,5 miliardi di euro per la Toscana che vede colpiti soprattutto i suoi olii extra vergine di oliva e vini.

     

    Anche il Trentino-Alto Adige (3,3 miliardi di euro), è esposto più della Puglia (impatto di 2,8 miliardi ) che soffre per l'imitazione di olio e prodotti agricoli. La Sicilia (1,7 miliardi) è più colpita del Friuli Venezia Giulia (1,6 miliardi di euro) che subisce specialmente l'imitazione dei suoi prosciutti. L'impatto dell'italian sounding sulle altre regioni italiane si attesta complessivamente a 6,3 miliardi nel 2023.

     

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    "Le regioni più colpite dal fenomeno - spiega Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House-Ambrosetti - sono quelle che concentrano la propri esportazione su prodotti ad alta intensità di italian sounding, come i prodotti a base di carne o i prodotti lattiero-caseari, così come verso i Paesi più sensibili al fenomeno (Giappone, Brasile e Germania)". "La tutela del Made in Italy - continua De Molli - è una priorità e l'implementazione di nuovi regolamenti Dop e Igp a partire dal 2024 rappresenta un passo significativo in questa direzione.

     

    Le associazioni di produttori avranno maggiori poteri per combattere pratiche ingannevoli, dare maggiore trasparenza ai consumatori e generare un valore aggiunto concreto per l'economia: nel 2023 il fenomeno dell'italian sounding nel mondo ha superato quello dell'export agroalimentare: 63 miliardi di euro contro i 62 di esportazioni".

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    Ragù (61,4% italian sounding contro 38,6% vero prodotto italiano), parmigiano (61% rispetto a 39%) e aceto balsamico (60,5% contro 39,5%) sono i tre prodotti più presenti in versione 'imitazione' sugli scaffali della grande distribuzione all'estero. Secondo i dati Ambrosetti, seguono pesto (59,8% contro 40,2% vero prodotto italiano), pizza surgelata (59,3% e 40,7%), prosciutto (59,2% e 40,8%), pasta di grano duro (59,2% e 40,8%), ma anche prosecco (58,9% e 41,1% vero prodotto italiano), salame (58,5% e 41,5%), gorgonzola (57,0% e 43%) e olio extra vergine di oliva (56,8% e 43,2%).

     

     "L'italian sounding - ha spiegato Benedetta Brioschi, partner di Teha - è competitivo grazie a prezzi mediamente inferiori del 57% rispetto ai prodotti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, il prezzo del parmigiano può essere ridotto fino al 38%, quello del mascarpone fino al 50% e della pasta secca fino al 54". Tuttavia in Cina, Giappone e Canada mediamente 7 consumatori su 10 cercano prodotti italiani veri senza considerare gli aspetti legati al prezzo che risultano determinati per poco più del 20% degli acquirenti.

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    Anche in Germania il 72% dei consumatori desidera prodotti veramente italiani (il 28% ha, invece, la priorità di spendere meno), o in Australia (70%) e Brasile (69,1%). Più contenuta la quota nei Paesi Bassi (66% vuole il "vero italiano"), negli Stati Uniti (63%), in Francia (62,6%) e nel Regno Unito dove non si supera il 55% di consumatori che ricercano prodotti veramente made in italy anche a fronte di una maggiore spesa.

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