I francesi di Vivendi sparano a palle incatenate su @TIM_Official, di cui sono primi azionisti. Risultato: hanno affondato in borsa un titolo, 0,19 euro, che hanno in carico a 0,69. Delle due l'una: o hanno in mente una strategia, o sono dei masochisti.
— paolomadron (@paolomadron) September 9, 2022
Giovanni Pons per “la Repubblica”
PIETRO LABRIOLA
Un'altra giornata di passione per il titolo Telecom Italia in Borsa. La quotazione a fine seduta segnava 0,192, il 5,15% in meno del giorno precedente. Calcolando anche le azioni di risparmio che non danno diritto di voto e che ieri hanno perso il 4,04% ora la società telefonica a Piazza Affari vale solo 4,2 miliardi.
Le ragioni di un simile scivolone sono sostanzialmente tre: l'aumento dei tassi di interesse dello 0,75% deciso ieri dalla Bce che penalizza le società altamente indebitate come Telecom; gli screzi tra i due principali soci, Vivendi e Cdp, che non riescono a mettersi d'accordo sulle modalità con cui portare avanti il progetto di rete unica; un management che evidentemente non gode della fiducia degli investitori nel realizzare quanto promesso.
BOLLORE' DE PUYFONTAINE
Questi tre fattori, al momento, stanno portando Telecom in avvitamento, nel senso che un valore dell'equity (patrimonio) espresso dalla Borsa sempre più basso crea preoccupazione tra i detentori di bond, che vedono affievolirsi sempre più il cuscinetto che li separa da eventuali erosioni del capitale.
Inoltre, a questi livelli di prezzo, il mercato sta dicendo esplicitamente che non sarebbe in grado di seguire eventuali aumenti di capitale. Alla fine del secondo trimestre Telecom dichiarava un debito finanziario lordo di 30,188 miliardi, di cui il 60% circa in obbligazioni, con una scadenza media di 6,78 anni a un costo medio del 4%.
PIETRO LABRIOLA
Quando la società dovrà andare sul mercato a rifinanziarsi le condizioni potrebbero essere molto peggiorate. Le agenzie di rating, tra cui in particolare S&P, stanno monitorando da vicino la situazione.
Dopo aver abbassato il rating a BBcon outlook negativo lo scorso 23 marzo, S&P ha emesso una nota il 12 luglio scorso - a valle del Capital market day in cui l'ad Pietro Labriola ha illustrato le modalità di separazione delle varie attività di Telecom - in cui scriveva: «Continuiamo a focalizzarci sulle attività integrate senza tener conto del piano strategico di divisione delle attività in una ServiceCo, che il gruppo manterrebbe, e una NetCo da vendere e i cui proventi servirebbero a ridurre i debiti della Service-Co». In pratica l'agenzia di rating ha sospeso il giudizio perché, «a questo stadio, il piano rimane un tentativo».
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E in effetti è così visto che il management non riesce ad imprimere un'accelerazione e i soci faticano a trovare un accordo sulla valutazione della NetCo. Il percorso seguito da Vivendi per cercare di ottenere un prezzo soddisfacente dalla vendita della rete a Cdp non sembra dare i suoi frutti.
La discesa in campo del suo advisor Rothschild che scrive al cda e mette in guardia i consiglieri su eventuali svendite, e le due lettere successive di Arnaud de Puyfontaine che denunciano il conflitto di interessi di Cdp, seduta da due parti del tavolo, non hanno certo facilitato l'inizio della trattativa. E instillano nel mercato il dubbio che la trattativa sia su un binario morto anche nel caso arrivasse da Cdp un'offerta intorno ai 20-21 miliardi, contro i 31-34 chiesti dai francesi.
PIETRO LABRIOLA
Tuttavia un accordo sul fronte della rete unica appare oggi più che mai a diversi analisti l'unica possibilità per far risalire il titolo dai minimi in cui è sprofondato. L'altra possibilità sarebbe una rinazionalizzazione di Telecom targata Cdp e sponsorizzata da un nuovo governo a guida Fratelli d'Italia. Ma entrambe le soluzioni sembrano ancora lontane.
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