Francesco Specchia per "Libero Quotidiano"
IL LIBRO La seconda Repubblica
Lo strano caso dei magistrati italiani: da eroi della rivoluzione a funzionari ebbri del dissesto della politica e «ubriachi di potere». C'è un documento di quindici paginette, oggi desecretato dagli archivi del Dipartimento di Stato americano, attraverso il quale la Storia riscrive completamente il rapporto tra il governo Usa e gli anni di manette e palingenesi della Tangentopoli italiana.
Il documento, inedito, è presente nel contributo del craxiano Andrea Spiri inserito nel saggio collettaneo La seconda Repubblica. Origini e aporie dell'Italia bipolare (Rubettino, a cura di Francesco Bonini, Lorenzo Ornaghi e dello Spiri stesso); ed è solo uno delle centinaia di rapporti, pareri, dispacci che l'ambasciata e il consolato Usa inviavano periodicamente a Washington in quegli anni infiammati.
I GIUDICI DI MANI PULITE
Ogni documento contrassegnato dalla dicitura «from U.S. Consulate General Milan to Secretary of State» cadenza la fitta corrispondenza e fotografa quei giorni turbolenti, tra il 1992 e il '94 con titoli legati alla cronaca: Milan scandal - Further arrests, further; Public Administration and corruption- Factors leading to the success of the Investigations; The Party System's voracious appetite; What are the Implications of Craxi's demise?; Former Eni President's Suicide. Possible political and judicial Effects, ecc…
il pool di mani pulite: di pietro, greco, davigo
Tutta la documentazione disegna due strategie d'approccio americano alla seconda repubblica. La prima è di completo sostegno ai giudici di Mani Pulite. «Il feudo craxiano si sgretola», avverte il console Usa Peter Semler in un dispaccio trasmesso il 4 maggio del '92 al segretario di Stato James Baker, dando conto dell'arresto di Mario Chiesa a cui seguono tutti gli altri, nello scoperchiarsi di un grande sistema corruttivo «inimmaginabile per un paese del G7»; pure se «Much more is yet to come», il meglio - per i diplomatici - deve ancora venire ancora venire.
GHERARDO COLOMBO ANTONIO DI PIETRO PIERCAMILLO DAVIGO
E qui i magistrati sono identificati come impavidi eroi del west: il Procuratore capo Francesco Saverio Borrelli «fa in modo che le indagini siano condotte nel rigoroso rispetto della legge», Di Pietro «ha un talento nello sviluppare rapporti eccezionali con le persone che interroga»; e «i martelletti delle loro decisioni sono risultati efficaci come pistole».
CAMBIO DI ROTTA
Ad un tratto, però, cambia la strategia di approccio. Tra la primavera e l'estate del '93, qualcosa di rompe. Alla Casa Bianca s'insedia Bill Clinton che manda in Italia un raffinato ambasciatore di lungo corso, Reginald Bartholomew.
GHERARDO COLOMBO E ANTONIO DI PIETRO NEL 1992
Il quale si ritrova immerso in uno scenario inedito, tra gli ultimi fuochi di Dc, Psi, Psdi e Pli; con Oscar Luigi Scalfaro arrivato al Quirinale sulla scia della strage di Capaci; il Pds di Occhetto in ascesa e Berlusconi pronto a scendere in campo.
E qua, il sospetto della ripetuta «violazione dei diritti di difesa un pericolo per la democrazia», il nuovo ambasciatore ce l'ha, riportando ai superiori la frase, appunto «magistrati ubriachi di potere». E la stima nell'operato dei pm italiani s'incrina assai col suicidio a San Vittore dell'ex presidente dell'Eni Gabriele Cagliari.
Reginald Bartholomew
Scrive Spiri: «I diplomatici americani iniziano quindi a dare conto con sempre maggiore frequenza delle opinioni di fonti anonime che "accusano la magistratura di voler riempire il vuoto di potere creato dal collasso dei partiti e dalla delegittimazione del Parlamento", e raccolgono al contempo duri giudizi sull'"abuso della carcerazione preventiva" e sul "mancato rispetto dei princìpi del garantismo"».
Ad impressionare è soprattutto il famigerato avviso di garanzia recapitato al premier Berlusconi a Napoli. Commenta Bartholomew: «In passato non siamo riusciti a raccogliere sufficienti elementi di prova che confermassero l'accusa rivolta ai giudici di agire per fini politici, ma in questo frangente, in concomitanza con l'avviso a comparire recapitato al presidente Berlusconi mentre presiedeva a Napoli un vertice internazionale sulla criminalità organizzata, cresce fra i cittadini la preoccupazione che l'operato dei magistrati risponda a scopi di natura politica».
IL DIPLOMATICO AMERICANO Reginald Bartholomew
Il diplomatico è infatti il primo ad accorgersi del vuoto di potere politico che si va colmando, a cominciare dal blocco del decreto Consolo, attraverso le azioni di molti magistrati. E smantella il sistema di rapporti istituzionali del predecessore Peter Secchia che aveva consentito al Consolato di Milano di gestire legami diretti col pool Mani Pulite; «d'ora in poi tutto ciò con me cessò», avrebbe detto Bartholomew in un'intervista all'allora corrispondente Usa della Stampa Maurizio Molinari.
VULNUS DEMOCRATICO
«Molti di essi (i magistrati, ndr), impegnati nelle indagini di Tangentopoli e nella lotta alla mafia, hanno acquisito uno status di quasi santità che li ha sottratti alla possibilità di critica da parte della classe politica», afferma sempre Bartholomew nel dispaccio The "Clean Hands" Magistrates: A Stocktaking constatando prima di altri un insolito vulnus della democrazia.
tribunale di milano mani pulite
«Ci vorranno probabilmente diversi anni prima che si stabilisca un nuovo equilibrio tra i poteri dello Stato e che i rappresentanti eletti riacquistino più forza». E, dopo quasi trent'anni, morto Bartholomew, alla vigilia di una tanto decantata riforma della giustizia, be', siamo ancora qui.
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