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    PRESIDENZIALI FATTE A MAGLIE - FINALMENTE I SONDAGGI PARLANO DI VOTI ELETTORALI E NON DI INUTILE VOTO POPOLARE: CLINTON A 273 E TRUMP A 265. E FINO A QUALCHE GIORNO FA LA DIFFERENZA ERA DI UN CENTINAIO - I REPUBBLICANI SI ACCODANO A DONALD DOPO LA RIAPERTURA DELL'INDAGINE FBI, E ALLA CLINTON NON RESTA CHE ATTACCARLO PER I LEGAMI CON LA RUSSIA. MA DA UNA CHE HA RICEVUTO MILIONI DA ARABIA SAUDITA E SIMILI, È UN'ACCUSA DEBOLUCCIA...


     
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    Maria Giovanna Maglie per Dagospia

     

    al smith dinner donald trump hillary clinton 7 al smith dinner donald trump hillary clinton 7

    Finalmente i sondaggi si occupano anche di voti elettorali in modo serio perché di discutere sul voto popolare non se ne può veramente più in questa elezione nel corso della quale anche i sondaggisti assoldati dai media sono sembrati piuttosto inaffidabili. Realclearpolitics che fa la media oggi tira fuori una bomba di dato, ovvero 273 probabili voti elettorali a Hillary Clinton 265 a Donald Trump. Ora fino a qualche giorno fa la differenza fra i due era di un centinaio almeno di voti elettorali, tanto per dare l'idea del cambiamento di scena.

     

    Lo spiega bene il Los Angeles Times, che ha sempre fatto il suo sondaggio fuori dalla mischia e dal coro di voci contro Donald Trump, scelta interessante tanto più che Los Angeles Times sta con Hillary senza se e senza ma; oggi gli dà addirittura 5 punti e mezzo in più, e spiega che l'allungo finale del miliardario newyorkese potrebbe portargli un bel po' di Stati, e a rovesciare completamente la mappa elettorale.

     

    melania e donald trump melania e donald trump

    Ieri era in Wisconsin, uno Stato che dal 1984 non ha mai votato per un presidente repubblicano, eppure lui si presenta, come si presenta in Michigan e Pennsylvania altri stati sempre con i democratici. È una strategia precisa, long shot, di tenere comizi e pagare inserzioni tv pubblicitarie proprio negli Stati saldamente democratici. A questa strategia Trump sacrifica tempo che avrebbe potuto spendere negli Stati contesi, ma se gli dovesse riuscire è proprio così che si prenderebbe la Casa Bianca.

     

    In fondo è così tutta la storia della campagna 2016 di Donald Trump, una roba da roulette russa che è riuscita ad arrivare fino ad oggi. L'idea è quella  di convincere anche all’ultimo istante la classe bianca lavoratrice impoverita dal declino dell'industria manifatturiera, una classe bianca che ha sempre votato Democratico ma che ora è in grande e polemica crisi.

     

    Perciò Trump va a caccia di  precedenti storici, non senza aiuto locale piuttosto consistente come quello della Michigan conservation coalition, un gruppo di base fatto tutto di volontari giovani che organizzano dei flash mob anche inginocchiandosi davanti alle porte delle case per manifestare la scelta per Trump. Solo in Michigan ci sono 30 uffici ora del candidato repubblicano, che pensa in grande, a coprire e superare i 6 punti di svantaggio con l'avversaria in quelle aree.

    donald trump jeb bush donald trump jeb bush

     

    Ci provò nel 2012 anche Mitt Romney con una incursione in Pennsylvania prima del voto che fallì, e molti anni prima, nel 2000, toccò a Bush andare in California a cercare di trasformarla da solidamente Democratica a improvvisamente repubblicana. Ma le cose questa volta sono diverse, il tasso di incertezza è enorme rispetto al poco tempo che manca al voto.

     

     Donald Trump approfitta anche di due elementi a suo favore; l'effetto impresentabilità che ora tocca a Hillary dopo aver accompagnato sempre lui, e l'effetto partito repubblicano che è sempre stato il suo secondo se non primo nemico in questa campagna elettorale, ed ora invece dopo la riapertura dell'inchiesta da parte dell' FBI sì è per una volta silenziosamente accodato.

     

    A quanto pare c'è qualche eccezione di rilievo se è vero che il nipote dei Bush, George P, ha dichiarato ieri che suo zio l'ex presidente George W Bush potrebbe unirsi al nonno nel votare per la Clinton invece che per Donald Trump. Il giovanissimo Bush è in politica in Texas, stava tenendo un piccolo comizio a San Marcos quando ha ritenuto di annunciare non senza qualche conseguenza tra gli astanti che i capofamiglia della Dynasty potrebbero votare per il ticket presidenziale democratico. Subito dopo ha precisato che era tutta una sua opinione e che non ne ha le prove.

     

    marco rubio con jeb bush e mitt romney marco rubio con jeb bush e mitt romney

     Il tormentone dei Bush incazzati che per dispetto votano il nemico dura già da qualche mese, e Politico.com, sfacciatamente dalla parte della Clinton, a settembre l'aveva annunciato in pompa magna attribuendo l'indiscrezione a Kathleen Kennedy figlia di Robert.

     

    E’ certamente vero che la famiglia Bush ancora non ha mandato giù l'umiliazione inflitta al candidato Jeb, l'ultimo della famiglia in ordine di tempo; è anche vero che Donald Trump nella prima parte delle primarie non lo ha risparmiato, ma tra avversari si fa così; ed è infine è vero che soltanto mercoledì scorso durante un comizio in North Carolina per parlar male della Clinton Trump ha detto:” la signora fa un discorso di un quarto d'ora se ne va a casa e si mette a letto, a dirla tutta ha meno energia di Jeb Bush”.

     

    Battutaccia niente male, bisogna riconoscerlo, perché se c'è una cosa che l'ex candidato Bush ha dimostrato nella campagna elettorale del 2016 è una straordinaria mancanza di energia, come se la cosa non lo riguardasse. Di certo, diciamoci la verità, due grandi ex presidenti non dovrebbero lasciare adito a certi equivoci frutto di piccoli sentimenti. Le Dynasty di solito scelgono meglio.

     

    jeb bush mitt romney jeb bush mitt romney

    Ma davvero Hillary Clinton, risparmiata per più di un anno dall'effetto fango della storia delle mail e anche dei conflitti di interesse della Fondazione che porta il suo cognome, ora è diventata all'improvviso il candidato ad alto rischio, e proprio nel momento meno opportuno, quando gli indecisi prendono la loro decisione?

     

    Certo è che Hillary Clinton ha ritenuto di poter utilizzare fino in fondo tutti i privilegi e tutti i legami che le derivano da 8 anni alla Casa Bianca oltre a tutti quelli da senatore e ai 4 da Segretario di Stato, per tirare fino all'inverosimile le possibilità di complicità all'interno del sistema, che venissero dalla Casa Bianca o dal Dipartimento di Giustizia o da quello di Stato. Lei i suoi collaboratori hanno troppi legami da poter rivendicare, favori che hanno fatto, amicizie del passato.

     

    Basta guardare tra le mail buttate fuori a ondate da Wikileaks, vedere per esempio un vice ministro della Giustizia, Peter Kadsik, che avvisa John Podestà che la commissione Giustizia della Camera sta per decidere di riunirsi sull'argomento mail. Forse non c'è niente di scandaloso  in una comunicazione amicale  di questo genere, ma ora tutto insieme diventa per l’elettore americano un peso difficile da sopportare. Sulla corruzione gli americani hanno la pelle delicata.

     

    podesta papapile capo staff alla casa bianca podesta papapile capo staff alla casa bianca

    Non basta per ora alla campagna Clinton tirare fuori storie analoghe di corruzione e scarsa trasparenza attribuibili a un novellino della politica come Donald Trump. La storia delle connection tra il candidato e il presidente della Russia Vladimir Putin manca di basi fattuali. C’hanno provato. Il 31 ottobre la rivista online Slate pubblica una storia sui rapporti tra organizzazione Trump e Mosca attraverso un server che comunica con altri due server con Alfa Bank ,organizzazione finanziaria russa, che in realtà sarebbe una estensione del Cremlino.

     

    La stessa Clinton twitta l'articolo e accusa il Fbi di double standard per non aver indagato o non aver reso noto il risultato di questa inchiesta. Seguono altri due tweet sempre di Hillary Clinton a proposito dei legami delle connection di Trump con la Russia, che è una storia che i democratici raccontano da metà 2015 nella convinzione che anche Wikileaks lavori indirettamente per Trump.

     

    john podesta hillary clinton john podesta hillary clinton

    La verità è che si tratta di un server che si chiama Trump email.com e che Trump è il proprietario ma l'amministratore è tal Cendyn di Boca Raton in Florida, ovvero una compagnia che promuove hotel e che ha molti altri clienti nello stesso giro di mail, a molti altri domini simili semplicemente manda mail promozionali  ovvero spam. Tanto è vero che gli agenti del Fbi hanno fatto l'intero percorso e non hanno trovato nulla. Quindi a 6 giorni dal voto Hillary e compagni, nel gruppo rimane nonostante tutto anche Huma Abedin, cercano argomenti tremendi da usare  last minute contro Donald Trump e per ora pare che li abbiano esauriti.

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