1 - CHI SONO GLI ITALIANI RAPITI IN MALI, IL FRATELLO: «CHI LI HA PRESI È PERICOLOSO, LO STATO INTERVENGA PER FARLI TORNARE»
Da www.leggo.it
uomini armati in mali
«Abbiamo paura perché sappiamo che chi ha preso i nostri familiari è molto pericoloso»: Vito Langone, raggiunto dall'Ansa, ha espresso così tutta la sua preoccupazione per il fratello Rocco, la moglie Donata e il loro figlio Giovanni rapiti in Mali. «Chiedo allo Stato italiano che li faccia tornare a casa al più presto» ha aggiunto spiegando che l'altro figlio di Rocco, Daniele, «dovrebbe essere partito stamattina per la Farnesina».
La sorella: era felicissimo
«Era felicissimo, si era trasferito in Mali perché lì si viveva bene e anche il clima, con il caldo asciutto, era favorevole»: così Anna Maria Langone - sorella di Rocco, rapito in Mali insieme alla moglie e al figlio - ha risposto al Giornale Radio Rai della Basilicata che l'ha raggiunta nella sua casa di Ruoti (Potenza).
I tre sequestrati nel Paese africano sono Rocco Langone, di 64 anni, la moglie, Maria Donata Caivano (conosciuta come Donatella), di 63, residenti da anni a Triuggio (Monza Brianza), e il loro figlio, Giovanni Langone, di 42, residente a Lissone (Monza Brianza). Anna Maria Langone ha raccontato alla giornalista Manuela Mele di aver sentito telefonicamente il fratello «una quindicina di giorni fa. Era felicissimo», ha aggiunto. «L'altro mio fratello lo aveva sentito per telefono la sera prima del sequestro ed era tranquillissimo, ma i rapitori era già dietro la sua porta».
uomini armati in mali
2 - RAPITI NEL DESERTO
Niccolò Carratelli per “La Stampa”
Sono andati a prenderli a casa, nel cuore della notte. Pare fossero in quattro, a bordo di una Toyota. Armati, ma non hanno dovuto sparare un colpo. Hanno prelevato il 64enne Rocco Langone, la moglie Donatella, 62 anni, e il figlio Giovanni, 43, tutti originari di Potenza ma residenti da anni nel Milanese. Con loro hanno caricato in auto anche un altro uomo, un cittadino del Togo.
jihadisti
Poi sono scappati nel deserto. Nel villaggio poco fuori la cittadina di Koutiala, a 270 chilometri da Bamako, capitale del Mali, nessuno ha visto niente. O, almeno, è stato difficile trovare testimoni.
La famiglia italiana vive lì da diversi anni, all'interno di una comunità di Testimoni di Geova: perfettamente integrati, tanto da scegliere di usare nomi locali e il cognome Koulibaly. In ogni caso, non sono registrati all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero. Secondo fonti maliane, si sarebbero trasferiti in quell'angolo di Africa per aprire una chiesa, o meglio una «sala del Regno».
uomini armati in mali
Ma, se fosse vero, non si tratta di un progetto avviato dalla Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia, che ha fatto sapere di non avere «missionari inviati in quel Paese» e che i tre sono in Mali «per motivi personali».
Del resto, la zona dove è avvenuto il rapimento, vicina al confine con il Burkina Faso, è ritenuta molto pericolosa, con una fortissima presenza di miliziani jihadisti. E la situazione è diventata ancora più complicata dopo il ridimensionamento dell'operazione antiterrorismo «Barkhane», portata avanti dalle forze armate francesi nel Sahel.
uomini armati in mali
Il primo sospettato del blitz dell'altro ieri sera è il Jnim (Jama' at Nasr al-Islam wal Muslimin) o Gsim, Gruppo di supporto per l'Islam e i musulmani, organizzazione paramilitare di ideologia salafita considerata il ramo ufficiale di al-Qaeda in Mali. Sono stati loro a rapire, ormai più di un anno fa, il giornalista francese Olivier Dubois, collaboratore di Liberation, tuttora prigioniero.
luigi chiacchio e pier luigi maccalli 3
Lo scorso 13 marzo è apparso sui social network un video in cui l'uomo si rivolge ai suoi parenti e al governo di Parigi, affinché si impegnino per la sua liberazione. In passato, però, anche altri italiani sono stati vittime di rapimenti nella regione. I precedenti italiani Nel settembre 2018 toccò a padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote cremonese della Società delle Missioni Africane: sequestrato mentre si trovava in Niger, ma poi rilasciato proprio in Mali ben due anni dopo, nell'ottobre 2020. Insieme a un altro italiano, Nicola Chiacchio, che era stato invece rapito in Mali nel febbraio 2019, mentre viaggiava in bicicletta.
I due hanno raccontato di essere stati tenuti prigionieri sia nelle aree desertiche del Mali che nella zona rocciosa a nord, da tre diversi gruppi jihadisti, legati comunque alla galassia di al-Qaeda. Con loro, per un certo periodo ci sono stati il padovano Luca Tacchetto e la fidanzata canadese Edith Blais. Sequestrati nel dicembre 2018 in Burkina Faso, erano poi riusciti a fuggire nel marzo 2020. La speranza è che si arrivi presto a un epilogo positivo anche per la famiglia Langone.
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La Farnesina fatto sapere che «l'Unità di Crisi del ministero degli Esteri sta compiendo le dovute verifiche e accertamenti» e che «il ministro Di Maio sta seguendo in prima persona l'evolversi della vicenda». Certo, i rapporti con le autorità maliane non sono semplici, visto che il Paese africano è governato da una giunta militare, dopo ben due colpi di Stato, nel 2020 e nel 2021.
UOMINI ARMATI IN MALI
Da una decina di anni è una sorta di buco nero del terrorismo islamico ed è ormai entrato nell'orbita della Russia, tanto che le autorità di Bamako hanno chiesto e ottenuto il supporto dei mercenari russi dell'armata «Wagner» per frenare l'avanzata jihadista. Il caso vuole che proprio ieri il ministro degli Esteri del Mali, Abdoulaye Diop, fosse a Mosca per incontrare l'omologo russo Serghei Lavrov, il quale non ha mancato di sottolineare come in Mali «la situazione della sicurezza rimane estremamente difficile».
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