Alessandro Giuli per “Libero Quotidiano”
MANIFESTO DELLA FESTA DELL UNITA AFFISSO TRA GLI ANNUNCI MORTUARI
Manca soltanto la data delle esequie. Perché il trapasso del Partito democratico è ormai avvenuto, effigiato com'è in due recenti foto impossibili da equivocare. La prima, da Taranto, ritrae un manifesto della festa dell' Unità incorniciato nello spazio predisposto per gli annunci mortuari, come da targhetta soprastante accompagnata dallo stemma comunale.
La seconda, appena più controversa, immortala (si fa per dire) la mesta spicciolata di spettatori seduti in piazza Bologna a Roma per ascoltare un discorso confidenziale di Matteo Orfini. Il presidente del Pd ha denunciato un attacco a colpi di «fake news», contropubblicando un altro scatto nel quale in effetti la folla sembra più numerosa, ma nell' ordine delle trenta unità. Una riunione di condominio.
Che ciò sia colpa di Orfini è assai dubitabile. Lo conosco da anni e l' ho avuto ospite lunedì sera a Night tabloid su Raidue: pur poco più che quarantenne, è un amabile residuo storico del glorioso centralismo democratico togliattiano; uomo perbene e di apparato, ha come unica colpa quella di essersi sempre immolato nella rappresentazione coscienziosa dei leader che via via si sono alternati alla segreteria di un partito in decomposizione.
COMIZIO DI ORFINI A PIAZZA BOLOGNA A ROMA
Vecchio-giovane turco dalemiano, Orfini, poi bersaniano per mancanza di alternative e infine renziano tendenza playstation. Adesso è solitario ma non triste, piuttosto si dice rassegnato alla necessità di sciogliere il Pd - concordiamo: una cremazione doverosa - salvo poi cedere alla tentazione di rifondarlo. Massimo rispetto per lui, stima immutata. Ma rifondare un cadavere è un' impresa per spiritisti ottocenteschi e che sconsigliamo.
Meglio prendere atto del segno proveniente da Taranto, che non è un vaticinio ma un inconsapevole commiato famigliare. Quel manifesto ospitato nella sede degli annunci mortuari parla più d' ogni mozione congressuale, è più comunicativo di qualsiasi piattaforma e mobilita sentimenti (di cordoglio) più di una convocazione per le primarie.
COMIZIO DI ORFINI A PIAZZA BOLOGNA A ROMA
Dovrebbe farsene una ragione anzitutto l'esecutore testamentario Maurizio Martina, che con Orfini condivide la stessa classe d' età e la provenienza dai giovani comunisti, e invece si ostina a proclamare che il morto è vivo e sta ancora battagliando per pochi intimi. Se n' è accorto perfino l' ex montezemoliano Carlo Calenda, che ha aderito al Pd in limine mortis, immaginando di salvarlo con un capolavoro a cuore aperto, e adesso ne certifica l' estinzione come uno svampito medico legale.
In questo quadro (natura morta con piazza deserta) diventa rilevante il silenzio sdegnoso di Matteo Renzi, il primo dei sospettati nell' inchiesta immaginaria per il sinistricidio e al contempo colui che del Pd aveva fatto un capolavoro di vitalità. Anche troppa: l' eccessiva dose di elettrochoc carismatico cui ha sottoposto il partito, sospingendolo ai limiti dell'autocrazia berlusconiana, ha finito per tramortirlo. Dopo di lui è tornato il grigiore protocollare della ditta, privo però dell' ossigeno elettorale e del seguito sufficiente a dirsi vivi.
ORFINI MARCUCCI MARTINA DELRIO
E adesso, tumulata la salma? In Italia la morte è sempre prematura e i nostri annali sono costellati dai ritorni dei morti viventi, sicché conviene mantenere una certa prudenza.
Vero è che se le facce restano queste, se il nuovo che avanza è un incrocio fra Nicola Zingaretti e Roberto Saviano, tanto vale sigillare il sepolcro e affidare la lapide allo scalpellino affinché vi imprima una saggia perifrasi delle parole urlate dall' ultimo genio sopravvissuto a sinistra, l' antifascista Ivano da Rocca di Papa: «I militanti del Pd, oltre a essersi fatti la navigata, la sosta e 10 ore di pullman, quando arrivano qua se devono gode' pure sta rottura dei coglioni dei funerali del partito».
maurizio martina
ORFINI