Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
donald trump all'assemblea generale onu
Donald Trump comincia il suo discorso davanti all' Assemblea dell' Onu, come se fosse in un comizio nel Minnesota. Ma ad ascoltarlo non ci sono i suoi fan con i cappellini rossi del «Make America great again», bensì una platea di capi di Stato e di governo, ambasciatori e delegati, piuttosto diffidente, nella media.
Così quando «The Donald» si issa addirittura sul piedistallo più alto della storia, sostenendo «di aver realizzato in neanche due anni più di qualunque altro presidente americano», dall' emiciclo sale una risata spontanea, cristallina.
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A quel punto, anziché buttar via gli appunti, Trump si rifugia in una battuta: «Non mi aspettavo questa reazione, ma va bene lo stesso». Il testo è stato scritto in gran parte dal giovane consigliere Stephen Miller, teorico della alt-Right, la destra radicale, cresciuto alla scuola di Steve Bannon.
Questo spiega l' impianto ideologico, pesante, barocco: «il patriottismo» e il «sovranismo» come alternativa virtuosa al «globalismo» e tutto l' ormai collaudato repertorio che Trump sintetizza con una frase: «L' America non si scuserà mai perché difende i suoi cittadini». Il leader della Casa Bianca cita un solo predecessore: James Monroe, che nel 1823 elaborò la dottrina che porta il suo nome: isolazionismo e «America agli americani». Lo slogan antenato del trumpiano «America First».
donald trump emmanuel macron
Ma non è uno schema astratto, come il mondo ormai ha imparato a conoscere. Questa volta Trump attacca i produttori dell' Opec, perché minacciano la stabilità del mercato con prezzi «orribilmente» alti; annuncia che gli Stati Uniti taglieranno gli aiuti ai Paesi «che non sono nostri amici e non ci danno nulla in cambio».
E ancora: nessun ripensamento sul ritiro dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani; nessuna adesione al «Global Compact sull' immigrazione», messo a punto dal Palazzo di Vetro. Poi arriva laddove la platea lo stava aspettando: Nord-Corea, Iran, Cina. «Il nostro approccio ha già prodotto incredibili cambiamenti.
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Con l' appoggio di molti Paesi oggi ci stiamo confrontando con il presidente Kim che voglio ringraziare per il coraggio che ha dimostrato e per ciò che ha già fatto». Le sanzioni contro il regime di Pyongyang resteranno, comunque, in vigore. Ma il modello adottato in Asia, pressioni, accerchiamento economico per spingere alla trattativa, può funzionare anche con l' Iran.
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Dal podio delle Nazioni Unite, Trump investe con asprezza il governo di Teheran: «Il popolo iraniano è oppresso dai suoi leader che rubano miliardi di dollari dalle casse pubbliche e che seminano guerre nella regione».
Ma nelle dichiarazioni alla stampa e nei tweet, Trump si dice pronto a incontrare il presidente Hassan Rouhani: «Probabilmente è anche una persona amabile, ma gli iraniani devono cambiare atteggiamento».
il segretario generale dell'onu antonio guterres saluta melania trump
In un' intervista alla Cnn, Rouhani replica: «Non siamo noi che abbiamo chiesto un incontro con il governo americano. Sono loro che nel 2017 ci hanno invitato otto volte. Ma per ora non ci sono le condizioni per il dialogo».
Ancora avanti ed ecco il messaggio alla Cina. Trump ringrazia «l' amico» Xi Jinping per l'«aiuto» nella crisi coreana. Ma subito dopo chiarisce che ciò non cambia nulla nello scontro sul commercio.
hassan rohani 2
«Gli Stati Uniti hanno perso più di tre milioni di posti di lavoro, circa un quarto di tutti gli addetti nel settore dell' acciaio, da quando la Cina è entrata nel Wto. E abbiamo accumulato un deficit di oltre 13 mila miliardi negli ultimi vent' anni. Tutto ciò non sarà più tollerato» .
Confermati i dazi e confermata la linea politica: trade e Corea del Nord sono due dossier separati. Infine una tirata da Guerra Fredda contro «i crimini» del socialismo e del comunismo, con un riferimento concreto però al Venezuela: «Annuncio che applicheremo ulteriori sanzioni», dice Trump e a margine aggiunge che l' esercito potrebbe «deporre rapidamente il leader Maduro».
DONALD TRUMP KIM JONG UN STRETTA MANO
Ma c' è qualcosa che non torna, anzi che manca vistosamente. Trump non cita mai la Russia, se non in un rapido passaggio per criticare la scelte della Germania «che dipende direttamente dal gas e dal petrolio russi». Nessun accenno al rapporto con Vladimir Putin, né tantomeno, alle interferenze nelle elezioni americane, considerate una minaccia ancora attuale dai servizi segreti di Washington,
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