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“I DUE RIMASERO MUTI TUTTA LA SERA” - MARCELLO SORGI RIPERCORRE IN UN LIBRO ("SAN BERLINGUER") IL PRIMO INCONTRO TRA IL SEGRETARIO DEL PARTITO COMUNISTA E SCIASCIA - ALLA FINE DELLA CENA, IL DIRETTORE DELL’ORA DI PALERMO, VITTORIO NISTICÒ, CHIESE A BERLINGUER COME FOSSE ANDATA. LA RISPOSTA, BREVISSIMA, FU: “MOLTO BENE” – “QUEL SILENZIO SICILIANO DI SCIASCIA, INVECE DI IMBARAZZARLO, AVEVA RASSICURATO IL TIMIDO SEGRETARIO SARDO”

Luigi La Spina per lastampa.it

 

leonardo sciascia

Non ancora santo, forse, ma almeno beato, di sicuro. Il mito di Enrico Berlinguer non solo resiste al tempo, ma si rinforza al confronto dei nostri tempi, quando l’attualità politica non offre simili figure carismatiche. Così, a quarant’anni dalla sua tragica morte, le commemorazioni e i ricordi si affollano di nostalgie e rimpianti.

 

È proprio la volontà di comprendere i motivi di questa icona del nostro Novecento che ha spinto Marcello Sorgi a scrivere un libro, intitolato, appunto San Berlinguer, che sfugge a due tentazioni. Quella di unirsi al coro agiografico che l’anniversario ha suscitato, ma di evitarne una, forse ancor più seducente, quella di scalfire la sacralità dell’immagine, mettendo in evidenza solamente gli errori e le illusioni della sua parabola politica.

 

L’autore riesce a intrecciare dieci anni tra i più tormentati della storia italiana attraverso il chiaroscuro della figura di Berlinguer, accompagnando l’analisi di idee e comportamenti con aneddoti sulla vita del segretario comunista che non solo rendono piacevole la lettura, ma lentamente riescono, con efficacia, a ricostruirne il carattere e un profilo molto riconoscibile.

sorgi berlinguer cover

 

Un esempio può essere proprio quello citato in apertura del libro, l’incontro tra Berlinguer e Sciascia, quando, pronubo il direttore dell’Ora di Palermo, Vittorio Nisticò, lo scrittore accettò la candidatura al Consiglio comunale del capoluogo siciliano. L’attesa era quella di una fervorosa perorazione del segretario comunista per convincerlo a un impegno di fronte al quale era già titubante, tanto è vero che, poco tempo dopo, Sciascia se ne pentì, passando ai radicali. 

 

Ma, «a parte qualche generico convenevole, i due rimasero muti tutta la sera», rivela Sorgi. Alla fine della cena, il direttore del giornale chiese a Berlinguer come fosse andata. La risposta, brevissima, fu: «Molto bene». Il commento dell’autore all’episodio è indicativo del metodo con cui indaga le vicende del protagonista del libro: «Quel silenzio siciliano di Sciascia, invece di imbarazzarlo, aveva rassicurato il timido segretario sardo».

La storia politica di Berlinguer si lega sicuramente, oltre al faticoso ma determinato distacco del Pci dall’Unione sovietica, al grande progetto del «compromesso storico».

 

leonardo sciascia

Avanzato in tre famosi articoli su Rinascita, dopo il colpo di Stato in Cile del 1973, la sua proposta di una collaborazione con la Dc ebbe un effetto sconvolgente non solo sul popolo comunista. Il libro di Sorgi ricostruisce il clima di sorpresa e di sconcerto che attraversò la politica italiana di quel tempo, anche attraverso alcuni gustosi retroscena nell’ambiente del giornale L’Ora dove allora lavorava.

 

L’idea, tanto suggestiva, quanto azzardata, dimostra indubbiamente la capacità strategica del pensiero berlingueriano, tanto lontana dagli ambigui tatticismi dell’attuale nostra politica. L’ipotesi di un ingresso dei comunisti al governo del Paese si infranse, come si sa, con il rapimento e la morte di Aldo Moro nel 1978. Sorgi ne spiega il valore e, nel contempo, la fragilità, attraverso una serie di testimonianze molto chiarificatrici, così come indaga sul secondo “azzardo” del segretario comunista, quando, fallito il “compromesso storico”, lanciò l’idea dell’“alternativa”, collegata alla famosa “questione morale”, fondata sulla presunta “diversità” del Pci.

 

prima della fine. gli ultimi giorni di enrico berlinguer

A questo proposito, sono molto interessanti le sette interviste a corredo del libro. Sorgi interpella politici e intellettuali che hanno conosciuto bene Berlinguer, i quali si dividono significativamente proprio sul valore dell’ultima sua intenzione. Achille Occhetto, per esempio, riconosce la sua capacità di intuire che «la corruzione avrebbe minato la stabilità del sistema democratico», ma mette in evidenza la scarsa comprensione del clima internazionale di quegli anni, un clima che avrebbe reso impossibile il progetto di Berlinguer. 

 

Altri, come Walter Veltroni, preferiscono puntare sul valore di un mito, che, aldilà della contingente proposta politica: «è un esempio, una fonte di valori, di politica, di sobrietà». L’autore lascia aperto il dibattito su quali sviluppi avrebbe potuto avere il sogno ideale e politico di Berlinguer se, quarant’anni fa, non fosse scomparso dopo il drammatico comizio di Padova. Certamente la storia non si fa con i “se”, ma dopo il crollo della Prima Repubblica e forse anche della Seconda, è davvero intrigante pensarci.

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