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    MARIA “ETRURIA” BOSCHI E’ RIMASTA CON IL CERINO IN MANO: GHIZZONI NON HA SMENTITO, DE BORTOLI HA RINTUZZATO (“QUERELA? SPERIAMO ARRIVI”) E NESSUNO NEL PD OSA DIFENDERLA - GENTILONI SA BENE CHE NON PUO’ CHIEDERE LA SUA TESTA: SE SALTA LEI, SALTA IL GOVERNO - RENZI TACE, ANCHE SE IL DANNO DI IMMAGINE E’ ENORME


     
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    1 - RENZI, CHE FAI LA CACCI?

    Maurizio Belpietro per “la Verità”

     

    MARIA ELENA BOSCHI E LE BALLE SU ETRURIA MARIA ELENA BOSCHI E LE BALLE SU ETRURIA

    Dopo le rivelazioni di Ferruccio de Bortoli sul tentativo che, all' inizio del 2015, Maria Elena Boschi fece per rifilare Banca Etruria a Unicredit, una cosa appare certa. La storia del crac della popolare di Arezzo, di cui il padre dell' allora ministro delle riforme era vicepresidente, è ancora tutta da scrivere.

     

    Ma questa certezza si accompagna a un fatto che ormai appare incontrovertibile: mentre l' istituto di credito toscano affondava, lasciando sul lastrico migliaia di risparmiatori e provocando il suicidio del pensionato Luigino D'Angelo, a Palazzo Chigi conoscevano con largo anticipo le condizioni in cui versava la banca e non solo non è stato fatto nulla per impedirne il fallimento, ma addirittura si è fatta una riforma delle Popolari che ha consentito, proprio sulle azioni dell'Etruria, forti speculazioni. Insomma, la banca sprofondava nei debiti, il governo sapeva ma ufficialmente taceva, qualcun altro invece guadagnava.

     

    boschi ghizzoni boschi ghizzoni

    Per capirlo, del resto, basta rimettere in ordine i fatti. Arrivato a Palazzo Chigi nel febbraio del 2014, quando Matteo Renzi incontra per la prima volta il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, oltre a parlare delle condizioni dell' economia, chiede informazioni proprio su Banca Etruria, cioè sulla Popolare che l'istituto di vigilanza ha messo sotto osservazione. Perché il presidente del Consiglio cerca di sapere da Visco le reali condizioni della banca di Arezzo? Di quali notizie «privilegiate» disponeva?

     

    Secondo fatto. All'inizio di gennaio del 2015, quando la Popolare ha già l'acqua alla gola, qualcuno sollecita Unicredit a studiare la possibilità di un intervento di salvataggio dell'Etruria. Secondo l'ex direttore del Corriere della Sera a spingere Federico Ghizzoni, amministratore delegato della banca milanese, ad aprire il dossier e a studiare la possibilità di comprare l' istituto toscano, è Maria Elena Boschi.

    il servizio di francesca biagiotti a ballaro su pier luigi boschi 1 il servizio di francesca biagiotti a ballaro su pier luigi boschi 1

     

    Che Unicredit abbia valutato l'operazione è certo, non lo negano neppure i vertici della banca. Ma perché proprio Etruria e non altri istituti in difficoltà? Un testimone ha riferito alla Stampa che nel gennaio del 2015 Lorenzo Rosi, presidente di Etruria, e Ghizzoni si incontrarono per parlare del salvataggio. I due non si conoscevano e la riunione venne «facilitata» da una persona esterna a Unicredit. «L'appuntamento», scrive il quotidiano torinese, «avvenne con modalità irrituali». Chi è dunque quel qualcuno così potente da spingere Ghizzoni a incontrare Rosi e a «promettere» di valutare l'operazione Etruria?

     

    il servizio di francesca biagiotti a ballaro su pier luigi boschi 5 il servizio di francesca biagiotti a ballaro su pier luigi boschi 5

    Terzo fatto. Mentre Renzi si informa con Visco e la Boschi prova a far intervenire Unicredit, il governo vara la riforma delle Popolari e, tra quelle oggetto del provvedimento, viene inserita la banca di cui Pierluigi Boschi è vicepresidente. È il 24 gennaio 2015 e pochi giorni prima le azioni dell'Etruria hanno registrato una fiammata in Borsa, aumentando del 60 per cento.

     

    Si tratta però di un fuoco di paglia perché 18 giorni dopo, l'istituto, che era già stato oggetto di ispezioni della Banca d'Italia e di sanzioni nei confronti degli amministratori tra i quali papà Boschi, viene commissariato. Si alza dunque il velo sulle reali condizioni della banca, che poi porteranno alla liquidazione. Perché il governo fa per decreto, cioè con urgenza, la riforma delle Popolari e vi inserisce una banca che in capo a due settimane viene commissariata?

     

    pier luigi boschi pier luigi boschi

    Quarto fatto. La linea di difesa adottata dall'allora ministro delle Riforme e attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio è sempre stata netta. In Parlamento, rispondendo alla mozione di sfiducia, la Boschi ha sostenuto di non essersi mai occupata di Etruria e di essersi sempre tenuta al largo dalle decisioni riguardanti la banca. Ora però la linea di difesa vacilla.

     

    Non solo perché de Bortoli rivela un suo intervento diretto sull'amministratore delegato di Unicredit, ma perché Bruno Tabacci, parlamentare di Centro democratico, ieri a una domanda di un giornalista di Repubblica ha rivelato che il sottosegretario «non ha mai saltato un incontro in cui si discuteva del sistema bancario». Tabacci, che partecipava ai vertici di maggioranza, ricostruisce: «Come ministro dei Rapporti con il Parlamento, Boschi partecipava a tutte le riunioni».

    LORENZO ROSI 2 LORENZO ROSI 2

     

    Dunque, riepiloghiamo: Renzi sapeva, Boschi sapeva e interveniva, la banca affondava, e sia Renzi che Boschi preparavano prima il decreto per riformare le Popolari, poi commissariavano la banca del papà della Boschi e quindi la mettevano in liquidazione lasciando i risparmiatori con un pugno di mosche in mano. Tutto regolare? Nulla da chiarire?

     

    federico ghizzoni federico ghizzoni

    Ah, sì, una cosa da chiarire c'è: mentre tutto ciò accade, Pierluigi Boschi si incontra con Flavio Carboni, noto bancarottiere e massone, e chiede consigli su come salvare la banca. Quando poi si scoprono i rapporti con il piduista, lo stesso Boschi avrebbe sollecitato Carboni, tramite un amico massone, ad andare in tv per smentire di essersi occupato di Etruria e di aver detto di poter far cadere il governo. Le ricostruzioni del nostro Giacomo Amadori le trovate a pagina 4. Le spiegazioni di come tutto ciò sia potuto accadere invece le attendiamo direttamente da Renzi.

     

    2 - E MARIA ELENA SCAPPA DALLA CONFERENZA

    Wanda Marra per il “Fatto Quotidiano”

     

    Non c' è la querela di Maria Elena Boschi a Ferruccio de Bortoli, come non c' è nessuna spiegazione dei fatti da parte sua. L' autodifesa della Sottosegretaria sta tutta in una scena che si svolge ieri mattina a Palazzo Chigi. Occasione, una conferenza stampa sul dissesto idrogeologico con il ministro Galletti ed Erasmo D' Angelis. La Sottosegretaria entra con loro, abito nero, spacco e sguardo cupo. Introduce l' iniziativa.

     

    ferruccio de bortoli ferruccio de bortoli

    Poi attacca: "Sulle anticipazioni del libro del dottor De Bortoli mi sono già espressa pubblicamente. Sulla questione sono già intervenuta in Parlamento. La misura è colma: con molta tranquillità ora se ne occuperanno i miei legali". È aggressiva, ma la voce le trema. Poi, alza i tacchi e se ne va. "Pubblicamente" martedì si è espressa su Facebook, ma il confronto con i giornalisti lo evita. Meglio fuggire. Nomina i suoi legali: Paola Severino e Vincenzo Zeno Zenovich. Stanno studiando le carte: la querela a De Bortoli non è ancora stata presentata.

     

    paola severino paola severino

    Per quel che riguarda l'intervento in aula, il 18 dicembre 2015, aveva scandito: "Non c'è alcun conflitto d' interessi, non c'è alcun favoritismo". Ora è chiaro che di Banca Etruria si è interessata. Come è chiaro che non ha intenzione di fare un passo indietro. Per ora, nessuno glielo chiederà. A meno che non emergano fatti nuovi. A Palazzo Chigi, la sensazione che si respira è di impotenza. Gentiloni le conferma la sua fiducia: convincerla ad andarsene significa correre il rischio che cada il governo.

     

    Per oggi è confermata la riunione al Nazareno, con lei, Renzi, i capigruppo di Camera e Senato, Rosato e Zanda e Finocchiaro per fare il punto sui provvedimenti. La Boschi resta il punto di congiunzione tra il governo e il segretario dem, che la difende ancora. Ma senza nessuna dichiarazione pubblica, senza calore: sa perfettamente che è un problema, almeno a livello di immagine, tanto è vero che teme per i sondaggi. Intanto, la mozione di censura dei 5Stelle sarà alla Camera, dove non nuoce.

    ferruccio de bortoli ferruccio de bortoli

     

    Però, si apre un' altra partita: il vero uomo forte della Boschi a Palazzo Chigi è Paolo Aquilanti, il segretario generale (quello che ha emanato la circolare ai ministri per rimarcare i compiti del sottosegretario). Ora è membro del Consiglio di Stato, che venerdì non gli ha dato l' assenso per il distacco alla Presidenza. Sia lui che lei stanno cercando una soluzione per farlo rimanere a Palazzo Chigi. Non è chiaro se altri si spenderanno. Se lo dovesse perdere, ne uscirebbe ridimensionata.

     

    3 - RENZI E GENTILONI MUTI

    Massimiliano Scafi per “il Giornale”

     

    BOSCHI E GENTILONI BOSCHI E GENTILONI

    Renzi che tace, Gentiloni che gira al largo, Palazzo Chigi che si rifà «alle comunicazione del sottosegretario». In compenso parla Pier Luigi Bersani e le sue non sono delicatezze: «Senza chiarezza l' unica strada sono le dimissioni». Non siamo ancora al fuoco amico, ma insomma, al fuoco cugino sì. E per il governo si apre un problema. Passi per i Cinque Stelle, che hanno sentito odore di sangue e vogliono che il premier sfiduci Maria Elena Boschi, togliendole le deleghe.

     

    maria elena boschi gentiloni renzi maria elena boschi gentiloni renzi

    «Il partito degli avvoltoi è sempre azione - commenta il senatore renziano Andrea Marcucci -, M5S attacca il sottosegretario per nascondere le sue difficoltà». Messe in conto pure le reazioni di Forza Italia e Lega, che chiedono di ascoltare l' ex amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni. Però adesso che l' attacco al cuore del potere arriva dagli scissionisti di Mdp, coinquilini della stessa maggioranza, la vicenda si complica. L' ex segretario del Pd ha «una sola certezza». Quale?

     

    «De Bortoli è un grande professionista, è una persona seria e perbene. Non riesco a pensare che possa essersi inventato qualcosa». Eppure la Boschi ha negato tutto. «Non credo - risponde l' ex capo della Ditta - che basti una semplice smentita. Bisogna andare a fondo. E se si rivela vera una cosa così, io non vedo francamente come possa restare. Ci sono troppe cose in pochi chilometri...».

    roberto speranza roberto speranza

     

    Dimissioni, quindi, per evitare ripercussioni su Palazzo Chigi. La parola magica viene pronunciata da Roberto Speranza. «La cosa che mi colpisce di più - ha dice il coordinatore di Mdp - continua a essere il familismo e l' eccesso di concentrazione di potere in venti chilometri de Bortoli è un professionista molto serio. Boschi, che ha avuto la fiducia del Parlamento, non può cavarsela con una dichiarazione. Valuteremo con attenzione. Certo è che occorre fare chiarezza in modo definitivo senza lasciare zone d' ombra».

     

    I grillini vogliono un processo davanti alle Camere. E siccome i sottosegretari non si possono sfiduciare, spiega il capogruppo Raffaele Fico, «chiederemo l'immediata calendarizzazione per dare il via alla commissione di inchiesta sulle banche, così potremo sentire Ghizzoni, Boschi e un pericoloso rivoluzionario come de Bortoli».

    giovanni toti giovanni toti

     

    Non basta. «E chiediamo un'informativa urgente a Gentiloni, che dovrà venire a riferire in aula, e il ritiro delle deleghe al sottosegretario alla presidenza». Per Alessandro Di Battista «la Boschi è una bugiarda cronica. Gentiloni batta un colpo, deve parlare lui e venire in aula: non può fare il verginello che non sa nulla, deve dire da che parte sta».

     

    Anche Forza Italia ritiene «necessaria» l' audizione di Ghizzoni. «Noi siamo sempre garantisti - dice Giovanni Toti - ma per i danni subiti dei risparmiatori non si dovrebbe dimettere solo la Boschi». Forse, come nota Maurizio Gasparri, «non ci sarà nulla di penalmente rilevante e l' inchiesta evaporerà come una bolla di sapone», però «un' altra abbondante dose di fango è caduta su questi innovatori del nuovo corso del Pd». Per Sinistra italiana «l' accusa è troppo grave per chiudere il caso così» Conclude Matteo Salvini: «In qualunque Paese civile non sarebbe più al governo».

     

    boschi ghizzoni boschi ghizzoni

     

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