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    LA BOMBA MPS SULLA CRISI DI GOVERNO - MATTARELLA BLOCCA IL DECRETO PER IL SALVATAGGIO DEL MONTE DEI PASCHI: SOLUZIONE GRADITA ANCHE A RENZI CHE NON VOLEVA USCIRE DI SCENA FIRMANDO IL SALVATAGGIO PUBBLICO DELLA BANCA - L'IRRITAZIONE DEL TESORO NEI CONFRONTI DEL PREMIER PER NON AVER NAZIONALIZZATO L’ISTITUTO GIA’ LA SCORSA ESTATE


     
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    Alberto D’Argenio e Roberto Petrini per la Repubblica

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    «Bisogna intervenire d’urgenza per salvare Mps, ma non è una questione di ore, qualche giorno ancora reggiamo». È l’analisi tecnica giunta nel pomeriggio dal Tesoro - mentre il crollo in Borsa della banca faceva temere il peggio - ad avere permesso alla politica di immaginare la scappatoia dalla doppia crisi di governo e finanziaria che si è manifestata ieri.

     

    Così è stato il Quirinale a indicare la via, con una soluzione gradita anche all’uscente Matteo Renzi. Il Colle non vorrebbe che un governo dimissionario, in carica solo per gli affari correnti, approvasse un decreto politicamente sensibile come quello per il salvataggio della banca più antica del mondo. E d’altra parte Renzi per salvaguardare la sua immagine - preferirebbe evitare di uscire di scena firmando proprio il salvataggio pubblico di Mps.

     

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    E dunque se il nodo Siena non cambia l’agenda delle consultazioni e non favorisce un possibile premier rispetto ad un altro (ovvero il tecnico Padoan sul politico Gentiloni), comunque un effetto sulla crisi di governo lo avrà: sarà accelerata. Così non sarà Matteo Renzi a intestarsi, nel caso, il decreto salva-Mps, ma il suo successore. Che procederà, se necessario, già la prossima settimana, magari in modo da poter debuttare al Consiglio europeo di giovedì con la crisi bancaria alle spalle.

     

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    Il testo del decreto è pronto - e questo nei piani del Tesoro dovrebbe tranquillizzare i mercati lunedì mattina - ne hanno parlato ieri a Palazzo Chigi gli stessi protagonisti della transizione politica di questi giorni: Renzi, Gentiloni e Padoan.

     

    Non è un mistero che da mesi il Tesoro sia irritato con il premier, che la scorsa estate non ha voluto salvare Mps con soldi pubblici per non fornire un argomento a grillini e leghisti in campagna elettorale. Tesi però che in queste ore i renziani respingono spiegando che se avesse vinto il Sì e Renzi fosse rimasto a Palazzo Chigi, i fondi stranieri chiamati a ricapitalizzare Mps sarebbero arrivati.

     

    Tuttavia l’intenzione di accelerare la crisi di governo non è stata sufficiente a convincere il Supervisory board della Bce, le cui motivazioni a Francoforte vengono riassunte così: non aveva senso dare 20 giorni in più, è chiaro che non c’era interesse degli investitori alla ricapitalizzazione e comunque non sarebbero bastati a dare certezze politiche a medio termine, ora la banca deve essere messa in sicurezza.

     

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    E così Padoan, mai come ieri, ha dovuto vestire i panni del tecnico e definire nei minimi dettagli il decreto di intervento sulla banca ormai concordato sul piano giuridico con Bruxelles per evitare gli stop che vennero prima dell’estate (ieri è stato in contatto con il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis).

     

    Di fatto si tratterà di un intervento di ricapitalizzazione o di sottoscrizione dell’inoptato che eviterà di far scattare la regola del bail-in che si aziona al primo euro di intervento pubblico. La via d’uscita sta nel combinato disposto delle due direttive (Brrd del 2014 e “burden sharing” del 2013) dove si apre la strada all’intervento statale in presenza di «circostanze eccezionali» e quando è a rischio la «stabilità finanziaria ». Il decreto, utilizzando i margini contenuti nella direttiva del burden sharing, prevederebbe la conversione obbligatoria in azioni per i grossi portafogli, come i fondi, ma “salverebbe” i piccoli obbligazionisti al dettaglio. Questo il piano di salvataggio del decreto sul tavolo di Renzi e Padoan che di fatto ripercorre la filosofia dell’intervento sulle quattro banche (Etruria-Marche-Ferrara- Chieti) dove i retail sono stati rimborsati e gli istituzionali no.

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    Il decreto sarebbe stato pronto al varo anche oggi, e si era parlato anche della convocazione di un Consiglio dei ministri, che invece in serata è stato escluso per tutto il fine settimana. La situazione critica di Mps del resto sarebbe stata ribadita durante l’incontro di Padoan di ieri mattina con l’ad della banca Marco Morelli e gli esponenti del consorzio di collocamento J.P. Morgan e Mediobanca. Tuttavia la lettera con lo stop Bce, seppure il contenuto sia confermato da Francoforte, ieri sera, a cda del Monte concluso, non era ancora arrivata e all’interno del governo si contava addirittura su una indicazione non ultimativa ma «interlocutoria ».

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    Nel frattempo i tentativi per una soluzione di mercato per Mps non sono ancora finiti: ieri sera il consiglio di amministrazione stava ancora cercando disperatamente strade alternative. Dunque senza lettera con la certificazione del “no” alla proroga, nessun decreto; tanto più che Mps, pur in forti difficoltà, è ancora solvibile. E dunque senza corsa agli sportelli, nessuna necessità di un decreto già nel week-end. Ma da lunedì si tornerà a ballare.

     

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