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    PER COMBATTERE IL POPULISMO BASTA UNA CAPATINA A SALISBURGO – MATTIOLI: “IL FESTIVAL, OPULENTO E MONDANO, RESTA FEDELE ALLE LINEE DEI PADRI RIFONDATORI E RIMANE COSMOPOLITA, APERTO, CURIOSO, EUROPEO. E, BENCHÉ ISTITUZIONALE, CONTINUA A RISCHIARE E SFIDARE IL POLITICAMENTE CORRETTO. E IL NUOVO GOVERNO (MOLTO DI DESTRA) NON INTERFERISCE”


     
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    Alberto Mattioli per “la Stampa”

    the bassarids di henze the bassarids di henze

     

    Una capatina al Festival di Salisburgo può rivelarsi un eccellente antidoto al populismo montante e ormai tracimante anche nella sfera artistica (oltre a permettere di osservare l' esotico comportamento della kasta europea che insiste a usare i congiuntivi e a non mettersi le dita nel naso).

     

    Il Festival, opulento e mondano quanto si vuole, resta però fedele alle linee dei padri rifondatori, in primis la trinità Hofmannsthal-Strauss-Reinhardt. Rimane cosmopolita, aperto, curioso, europeo.

     

    l'italiana in algeri l'italiana in algeri

    E, benché istituzione, anzi il più «istituzionale» e classico dei festival, continua a rischiare: nella scelta del repertorio, pieno di riscoperte e perfino di eccentricità, e nel modo di proporlo, con letture sceniche e musicali non scontate. Non è un caso, per dire, che i concerti più richiesti ed esauriti fossero quelli di Teodor Currentzis, il direttore che per molti è un genio, per altri un bluff, ma è tutto men che «classico» e rassicurante.

     

    Certo, non tutte le ciambelle riescono con il buco. Per esempio, non è stata una buona idea affidare la nuova Incoronazione di Poppea al coreografo Jan Lauwers, che ne ha fatto un gran pasticcio concentrandosi sui misteriosi movimenti dei suoi ballerini e lasciando i cantanti a loro stessi.

     

    l'italiana in algeri cecilia bartoli l'italiana in algeri cecilia bartoli

    Impossibile capire perché per tutto il Monteverdi, tre ore e mezzo di spettacolo, su un podio in mezzo alla scena ci sia uno dei ballerini che, a turno, piroetta su se stesso. Girogirotondo, solo che non casca il mondo ma qualcos' altro, almeno allo spettatore.

     

    Fantasia e senso del teatro

    Peccato perché la direzione di William Christie con le sue Arts Florissants è un prodigio di fantasia e senso del teatro e la compagnia nel complesso buona, dominata da Sonya Yoncheva, Poppea sfrontatamente sexy.

    l'incoronazione di poppea salisburgo 2018 l'incoronazione di poppea salisburgo 2018

     

    Invece Nerone (Kate Lindsey) è insufficiente, mentre Stéphanie D' Oustrac, Ottavia altera e chic, sembra una delle duchesse di Downton Abbey che trova il marito a letto con la sguattera. Da segnalare due giovani barocchisti italiani di valore, Carlo Vistoli e Renato Dolcini, rispettivamente Ottone e Seneca.

     

    Invece la regia di Krzysztof Warlikowski per le meravigliose Bassarids di Henze, uno dei capolavori ottimi massimi del Dopoguerra, è uno spettacolo ambizioso, complicato e anche un po' incasinato, ma pieno di trovate illuminanti e tecnicamente strepitoso nello sfruttare al meglio lo spazio impossibile della Felsenreitschule.

    l'incoronazione di pompea l'incoronazione di pompea

     

    Sul podio, Kent Nagano fa Nagano: oggettivo, freddo, preciso, un po' tipo chirurgo impegnato a sezionare la complessissima scrittura di Henze fino a renderla intelleggibile.

    Poi, si diceva, l' apertura mentale del Festival è tale da sfidare anche i tabù del politicamente corretto.

     

    l'incoronazione di poppea salisburgo 2018 1 l'incoronazione di poppea salisburgo 2018 1

    Così, secondo i soliti monelli Moshe Leiser e Patrice Caurier, l' Algeri dell' Italiana di Rossini è quella attuale, una metropoli mediorientale sgarrupata piena di case non finire con le parabole sul balcone dove Mustafà diventa una specie di volgarissimo boss impegnato in affari loschi. E poi cammelli, yacht e gag a ripetizione: è una specie di commedia all' italiana un po' scorreggiona (oltretutto Alessandro Corbelli, al solito bravissimo come Taddeo, è uguale a Gianfranco D' Angelo) di quelli di cui è bon ton dire male: in realtà si ride, e molto.

    cecilia bartoli l'italiana in algeri cecilia bartoli l'italiana in algeri

     

    La produzione esiste perché c' è Cecilia Bartoli. Certo, la parte di Isabella è troppo bassa per lei, che la risolve facendo continuamente variazioni acute, e nel primo atto gioca un po' di rimessa, salvo scatenarsi nel secondo.

     

    Però la virtuosa è sempre impeccabile e l' interprete geniale: mai sentiti cosparsi di tanto pepe i doppi sensi malandrini del libretto. Benissimo anche Ildar Abdrazakov come Mustafà (una gran voce di quelle «di una volta»). Quanto all' idea di far Rossini sugli strumenti originali, è condivisibile: il problema è che l' Ensemble Matheus non riesce a garantire una lettura corretta, fra stecche, spernacchiamenti e altre amenità pochissimo rossiniane.

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    Ultima notazione: il nuovo governo austriaco di destra (molto di destra) non interferisce con il Festival, anche perché sarebbe come prendersela con la gallina dalle uova d' oro.

    Se pensate che i leghisti di Macerata hanno chiesto di censurare uno spettacolo dello Sferisterio e gli «esperti» grillini dettano direttive per i teatri lirici che sembrano partorite dalla povera zia, il paragone con l' attuale provincialissima Italietta populista senza essere pop diventa impietoso.

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