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Carlotta Scozzari per Dagospia
Il guru dell'economia Nouriel Roubini, oggi piuttosto mattiniero, inaugura la giornata con una teoria che gli fa di nuovo guadagnare a pieno titolo l'etichetta di "pessimista", o "mister doom", come lo chiamano oltre oceano. Così, otto ore fa, in diretta dal World economic forum in corso a Davos, Roubini, su Twitter, se ne è uscito con questo non proprio tranquillizzante cinguettio: "Né Abe (Shinzo, premier giapponese, ndr) né un influente analista cinese possono escludere un confronto militare tra la Cina e il Giappone".
E, subito dopo, caso mai il messaggio non fosse stato abbastanza chiaro, un altro tweet: "Molti comparano il 2014 con il 2015, quando è scoppiata la Prima guerra mondiale e nessuno se lo aspettava. Un cigno nero in forma di una guerra tra Cina e Giappone?". E, poco dopo ancora, l'economista, famoso per avere predetto la crisi innescata dai mutui subprime della fine degli anni Duemila, ha rincarato la dose, sempre con un nuovo messaggio affidato al social network: "Analogie con il 1914: reazione negativa alla globalizzazione, età ingannevole ("Gilded age", ndr) di ineguaglianza, tensioni geopolitiche crescenti, rischi di coda che vengono ignorati".
Tra l'altro, anche in base a quanto riportato sia dal "Financial Times" sia dalla Bbc, lo stesso premier nipponico Abe mercoledì avrebbe dichiarato che Cine a Giappone si trovano in condizioni simili a quelle dell'Inghilterra e della Germania alla vigilia della Prima guerra mondiale. Un portavoce di Abe, tuttavia, in un secondo momento ha precisato all'agenzia "Reuters" che il premier non intendeva dire che un nuovo scontro internazionale fosse alle porte. Il classico fraintendimento dei giornalisti, insomma.
E' evidente comunque come con il parallelo del 2014 al 1914, quando cioè fu assassinato l'arciduca Francesco Ferdinando, l'erede al trono degli Asburgo, Roubini torni a essere il "pessimista" che abbiamo imparato a conoscere. E meno male che ultimamente era stato descritto come più ottimista sul futuro dell'economia globale soltanto perché non vedeva all'orizzonte la creazione di nuove bolle speculative sui mercati finanziari.
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