DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
1. QUATTRO MINUTI DI ORGIA IN ''WESTWORLD'', CON NUDITÀ FRONTALE SIA FEMMINILE CHE MASCHILE. IL BIZZARRO AVVISO DI CASTING...
Da www.vox.com - Nel quinto episodio di Westworld, serie HBO trasmessa in Italia da Sky, è andata in onda una lunga e meccanica orgia tra androidi, che faceva da sfondo alle interazioni tra i personaggi principali. Il canale ha talmente abusato del sesso di gruppo (si ricordano ammucchiate in True Detective, True Blood, Rome, e naturalmente Game of Thrones) che l'evento non ha poi destato tutto questo scalpore. Pur avendo adoperato a piene mani il full-frontal, ovvero la nudità integrale frontale, pene incluso.
Addirittura, era un anno che si aspettava il fatidico momento. Da quando un annuncio di casting del settembre 2015 cercava ''attori che siano a proprio agio con il contatto genitali-con-genitali, la simulazione di sesso orale, il contatto mani-genitali. Dovete essere pronti a contorcervi fino a formare la sagoma di un tavolo mentre siete integralmente nudi, mettervi a quattro zampe mentre altri che sono completamente nudi cavalcano sulla vostra schiena, e ingroppare qualcuno da dietro, sempre completamente nudi''.
Nel 2012, il regista di Game of Thrones Neil Marshall ha rivelato a ''Empire Online'' che un produttore esecutivo di HBO si avvicinava spesso a lui per suggerirgli di introdurre più nudità frontale negli episodi. Lui rappresentava ''il lato pervertito del pubblico del canale''. Nel 2014, il creatore di True Detective Nick Pizzolatto ha confermato a Buzzfeed che c'è ''un chiaro ordine di scuderia nei canali via cavo a pagamento per una certa quantità di nudità''.
2. WESTWORLD - VIOLENZA E ANDROIDI
Giulia Zonca per www.lastampa.it
L’ultimo giocattolo della tv si spinge in una zona d’ombra difficile da decifrare. Westworld, ambiziosa serie della Hbo in onda in contemporanea negli Stati Uniti e in Italia, porta nel titolo, «Dove tutto è concesso», le istruzioni per l’uso. Solo che la mappa è molto meno chiara di quanto possa sembrare.
L’elaborato parco dei divertimenti a tema western si trasforma ogni dieci minuti in un bagno di sangue festeggiato con stupri e violenze. E il limite non esiste perché tutta questa brutalità, venata di vago romanticismo e interrotta solo da lunghe occhiate languide, non si sfoga contro degli esseri umani ma contro delle sofisticate macchine. Quindi, appunto, vale tutto.
Molti personaggi non fanno che ripeterlo ad amici più timidi: «È disegnato apposta per farti divertire, lasciati andare, non è reale» ed è pure girato per non essere mai neanche vagamente verosimile. Non esiste nemmeno una realtà contemporanea da contrapporre alla mattanza del vecchio west, si vedono solo gli uomini che vivono dietro al parco e lo controllano e nulla si sa dell’epoca e del luogo in cui si muovono.
Gli androidi dalle sembianze perfettamente umane stanno quasi tutto il tempo nudi, in officina, dove una serie di programmatori psicologi, tutti fuori controllo, impartiscono ordini surreali del tipo: «Togli la parte emotiva». E poi cancellano ogni giornata dalla memoria dei cyborg. È un fumetto e la responsabilità non trova radici, scivola, perde di senso. Eppure la domanda di fondo torna: ma davvero avrebbe senso pagare quasi 40 mila euro al giorno per poi sparare a tutto quello che si muove e violentare quel che resta in piedi?
Preoccupati che il quesito contagi l’audience, gli attori iniziano a rivelare trame e dettagli per chiarire che nulla è gratuito e del resto pure il copione rispecchia l’idea perché segue letteralmente il percorso di un labirinto che appare fra le mani di diversi ospiti. Trovare un senso nel disegno della fiction avrebbe poco senso: da Twin Peaks a Lost ormai si è capito che conta l’atmosfera, l’idea di fondo. L’evoluzione della storia on è poi così importante in molta parte delle serie contemporanee.
Accantonato il problema di logica resterebbe quello morale. Però in una scenografia dove il fondale cambia, le intenzioni pure, i protagonisti si perdono e le menti dietro il progetto sono logorate dai segreti, dare un peso a quel che è giusto diventa complicatissimo.
Il padre del baccanale, interpretato da Anthony Hopkins, non aiuta. Tanto memo il visitatore seriale con la faccia di Ed Harris e nemmeno un nome a disposizione. Per sciogliere qualche nodo e capire se il fascino supera l’imbarazzo o viceversa bisogna andare alle radici dell’idea.
Westworld è figlio di una visione più arcaica già diventata film nel 1973 grazie alla regia di Michael Crichton che ha scritto il soggetto originale. La realizzazione non lo aveva soddisfatto e in realtà lui si era tolto lo sfizio di un parco degenerato con Jurassic Park, diciassette anni dopo. Gli avevano proposto un remake di Westworld, ha rifiutato. Il primo a cui hanno offerto la direzione del remake è stato Quentin Tarantino e pure lui ha deciso di stare alla larga. Più raffinati diventavano i mezzi e più rischioso si faceva il programma.
C’erano tutti gli elementi del fiasco e invece la serie ha successo. Esordio sopra le aspettative, nessun rimpianto per Games of Thrones ,che ha creato persino casi di inspiegabile dipendenza, seconda stagione più o meno concordata nonostante i costi. Il giocattolone perverso funziona, il sangue finto è catartico, peccato che alla quinta puntata ormai sia chiaro che le intelligenze artificiali hanno imparato pure a provare emozioni e anche quando vengono resettate mantengono psichedelici ricordi. Quindi prenderle a pistolettate e trascinarle per i capelli torna a essere un reato. Non proprio, la sceneggiatura ci risparmia il voyarismo illecito. Gli ospiti non sanno che le macchine stanno assimilando sentimenti, se la godono. Con quel che costa il soggiorno.
Il pubblico è adulto e consenziente ed è lo stesso che chatta on line raccontando frottole in cambio di sesso virtuale. Il senso di colpa per quel che non è reale lo ha perso almeno da una generazione.
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