1. IL VICE DIRETTORE DE “LA REPUBBLICA” MASSIMO GIANNINI PUBBLICA UN PAMPHLET DEDICATO ALL’ANNO ZERO DEI POTERI MARCI DE’ NOANTRI E TRA GLI AVIDI LOR SIGNORI DEL CAPITALISMO PREDATORE NON MENZIONA MAI IL SUOI EDITORI-PADRONI CARLO E RODOLFO DE BENEDETTI, CHE HANNO PRESO LA SCOSSA CON SORGENIA A RISCHIO DEFAULT 2. E COME ALICE NEL PAESE DEGLI GNOMI IL MAGGIORDOMO MAX INDOSSA I GUANTI BIANCHI PER RACCONTARCI LA SUA VISITA NELLA MEDIOBANCA DEI “PAPELLI” NAGEL-LIGRESTI 3. ACCOVACCIATO SUL FUSTO DI CANNONE DI PADRON DE BENEDETTI, L’ARDITO MAX SPARA INVECE A PALLETTONI (BAGNATI) CONTRO DAGOSPIA CHE AVREBBE AVUTO UN OCCHIO DI RIGUARDO PER GERONZI, E FINGE DI NON SAPERE CHE I MIGLIORI “AMICI” DI GERONZI CE L’AVEVA (DA TEMPO IMMEMORABILE) IN CASA PROPRIA. A COMINCIARE DA VITTORIO RIPA DI MEANA, CHE SEDEVA FINO ALLA SUA SCOMPARSA NEL BOARD DEL GRUPPO ESPRESSO 4. (A PROPOSITO DI BISI: PERCHE’ NON CHIEDE A FRANCESCO DINI, BRACCIO DESTRO DI CDB?)

DAGOANALISI

A differenza del suo collega Federico Rampini il cui nome ne evoca l'impresa, Max Giannini da anni studia (e s'impegna) per scalare la poltrona direttoriale de "la Repubblica" oggi occupata saldamente da Ezio Mauro. Ma agli occhi del suo padrone-editore, Carlo De Benedetti, la sua visione dei fatti dell'economia è ancora troppo "provinciale" rispetto alle larghe vedute internazionali di Rampini con lunghi viaggi di lavoro a Parigi, Bruxelles, San Francisco, Bejiing e New York.

Con l'ex allievo del mitico Raymond Aron, l'Ingegnere ha firmato pure un libro-intervista.
Così, se qualcuno in redazione vuole mandare di traverso il rito del caffè allo scalpitante vice direttore basta citargli l'ultimo articolo-analisi, sempre puntuale, argomentato e colto, di Rampini.

Per stare al passo con il collega-rivale, anche Massimo Giannini ha preso però il vezzo di dare alle stampe qualche volume di un qualche interesse.
L'ultima sua fatica è l'instant-book, "L'anno nero del capitalismo" edito in coppia da Laterza-la Repubblica, appena arrivato in libreria.

Il pamphlet che non manca di graffiare la pelle dei "poteri storti" rivela tuttavia, ancora una volta, l'altra faccia di Max: la sua capacità darwiniana (leccaculismo) a non pestare mai i piedi al suo padrone Carlo De Benedetti.

E di usare i guanti bianchi da maggiordomo non soltanto con l'Ingegnere e i suoi cari, ma anche quando viene introdotto da Alberto Nagel nel "salotto buono" di Mediobanca.
Una volta indossate le vesti di Alice nel paese degli gnomi, Max suggerisce di far visitare l'ufficio disadorno di Enrico Cuccia agli scolaretti e ai "politici corrotti" per capire come una volta funzionava il capitalismo famigliare.

"Di fronte un tavolo rettangolare per le riunioni, con otto sedie comuni ai due lati. Nient'altro. Niente tappeti", riferisce proustianamente Giannini.
Tappeti che, magari, sarebbero tornati utili quando Nagel doveva nascondere (ai magistrati) il "papello" con la dote di 45 milioni alla famiglia Ligresti a conclusione del passaggio della Sai a Unipol.

E chissà se Alice-Giannini avrà chiesto al suo soave accompagnatore quale sedia occupava Don Salvatore nei lunghi anni passati in via Filodrammatici. Per non parlare degli emolumenti milionari che ricevono annualmente i nuovi amministratori rispetto ai sobri Cuccia e Maranghi.

Tant'è.
Basta sfogliare il centinaio di pagine prodotte (o ripescate tra i suoi vecchi articoli) per averne la conferma di Max a lustrare l'argenteria di casa De Benedetti&C.
Il nome dell'Ingegnere non figura mai nel libro tra i Lor signori che nell'ultimo decennio, secondo Giannini (anche a giudizio di Dagospia), hanno dato vita a un "capitalismo di rendita, che accumula e non investe, che depreda e non paga dazio".

Una dimenticanza? Oppure davvero De Bendetti e le sue imprese finanziarie e industriali (Cir, Olivetti,Sme, Banco Ambrosiano di Calvi, Mondadori, Sogefi, Kos, M&C e Sorgenia) ha attraversato il nostro capitalismo da alieno della finanza e della politica?
Domande, ovviamente, senza risposte.

Giannini come altri suoi colleghi, osserva Piero Ottone nel suo libro di memorie "Novanta" (Longanesi), ormai si "sono rassegnati a scambi di favore" tra giornali e poteri forti, "E si consolano - aggiunge l'ex direttore del Corriere - con un sofisma, affermando che l'obiettività dell'informazione, comunque, è una chimera. Tanto vale metterla all'incanto? L'affermazione - finisce Ottone - non attesta un alto livello di moralità".

Quell'assenza di etica (o cotica) professionale che il supponente Max rimprovera (aridaje!) pure a Dagospia che avrebbe avuto un occhio di riguardo per il banchiere di Marino, Cesare Geronzi, in occasione della sua cacciata prima da Mediobanca e poi da Generali. (A proposito di Bisignani: se vuol sapere notizie interessanti sul "famigerato faccendiere" di Gianni Letta perché non chiede notizie a Francesco Dini, braccio destro di Carletto De Benedetti?)

Accovacciato sul fusto di cannone di padron De Benedetti, l'ardito Max spara invece a pallettoni (bagnati) contro questo sito e finge di non sapere, manipolando la verità, che i migliori "amici" di Geronzi ce l'aveva (da tempo immemorabile) in casa propria.

A cominciare dall'avvocato Vittorio Ripa di Meana, un galantuomo che sedeva fino alla sua scomparsa nel board del gruppo che gli paga lo stipendio. Per non dire dei suoi colleghi delle pagine economiche. E che, en passant, a "sdoganare" Salvatore Ligresti è stato tra i primi proprio il suo adorato Ingegnere che ha preso la scossa con Sorgenia a rischio default.

Alla fine della lettura del pamphlet di Giannini, sorge - o meglio Sorgenia -, un altro dubbio: perché il vice di Mauro non cita Dagospia quando pure la copia? Un intero capitoletto del suo volume è dedicato, infatti, ai Poteri marci di cui questo sito vanta, modestamente, il copyright.
Ah saperlo.

 

 

 

 

MASSIMO GIANNINI francesco dini FDMASSIMO GIANNINI FEDERICO RAMPINI CON I GOOGLE GLASS Ezio Mauro DeBenedetti Bazoli Geronzi RODOLFO DE BENEDETTI ALLA PRESENTAZIONE DEL MESSAGGERO FOTO OLYCOM MARCO TRONCHETTI PROVERA E ALBERTO NAGEL FOTO BARILLARI LA SEDE DI MEDIOBANCA GERONZI PONZELLINI E LIGRESTI LUDOVICA RIPA DI MEANA VITTORIO SERMONTI