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“LA SERIE ‘CALL MY AGENT’ CI REGALA UN RITRATTO TRISTANZUOLO DELLO SHOW BUSINESS ITALIANO” - ALDO GRASSO SI CUCINA LA SERIE SKY ARRIVATA ALLA TERZA STAGIONE: “OGNI PUNTATA SI REGGE SULL’OSPITE FAMOSO. QUANDO C’È LUCA ARGENTERO TI ASPETTI SEMPRE CHE TIRI FUORI UNO SPAZZOLINO, QUANDO C’È MIRIAM LEONE SI SA CHE SI PUÒ CONTARE SUL SUO FASCINO. TUTTI SI PRENDONO SUL SERIO, SCENEGGIATORI E INTERPRETI, E SENZA UN BRICIOLO DI AUTOIRONIA QUESTE OPERAZIONI VIA VIA PERDONO DI EFFICACIA…” - VIDEO

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Estratto dell’articolo di Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”

 

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La serie «Call My Agent», trasposizione nostrana della francese «Dix pour cent», è giunta intanto alla terza stazione, segno che piace.

Ha questo di singolare: forse senza volerlo, si autorecensisce e nello stesso tempo ci regala un ritratto tristanzuolo dello show business italiano, non così fertile di guest star di pregio.

 

Com’è noto, l’agenzia di spettacolo Claudio Maiorana Agency (CMA) vive sempre in uno stato di precarietà […]

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Svanito ormai l’effetto sorpresa, ogni puntata si regge sull’ospite famoso. Credo che gli stessi sceneggiatori, Federico Baccomo, Camilla Buizza e Tommaso Renzoni, e il regista Simone Spada ne siano ben coscienti: quando c’è Luca Argentero ti aspetti sempre che tiri fuori uno spazzolino da denti per esaltare il suo sorriso (è l’espressione che gli riesce meglio);

 

quando c’è Miriam Leone si sa che si può contare sul suo fascino (un po’ appannato dopo «Miss Fallaci», non per colpa sua); quando ci sono Michelle Hunziker e Aurora Ramazzotti sai già come andrà a finire, nel senso che vince l’amore materno; quando c’è Stefania Sandrelli la disposizione d’animo è quella del rispetto.

 

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Le cose vanno decisamente meglio quando in scena ci sono Marco Bocci, Vinicio Marchioni, Francesco Montanari, Edoardo Pesce, Alessandro Roia e Daniela Virgilio, tutti alle prese con un complicato reboot di «Romanzo criminale» o quando entrano in scena Ficarra e Picone.

 

Ovviamente le cose diventano gustosissime quando intervengono Emanuela Fanelli e Corrado Guzzanti. Fine dell’autorecensione e del ritratto del cinema italiano.

[…] Il fatto è che tutti si prendono molto sul serio, sceneggiatori e interpreti, e senza un briciolo di autoironia queste operazioni via via perdono di efficacia.

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