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“ALLA SCALA DEBUTTA IL NOME DELLA ROSA CON 12 MINUTI DI APPLAUSI” – PANZA: "L’OPERA CON LA REGIA DI DAMIANO MICHIELETTO È STATA TRE ORE DI TONFO AL CUORE. ALCUNE SCENE SONO DI PERENTORIA EFFICACIA. POCO DOPO L’INGRESSO DI ADSO DA MELK (KATE LINDSEY EN TRAVESTI) E GUGLIELMO DA BASKERVILLE (LUCAS MEACHEM) UN ALTORILIEVO RIELABORATO DEL PORTALE DI MOISSAC SI SGRETOLA ED ESCONO TERSICOREI IN UN SABBA APOCALITTICO" – LA FAMIGLIA ECO “SODDISFATTA”, MARIO ANDREOSE, CHE FU AGENTE DI ECO E DIRETTORE BOMPIANI: “SCELTA ATTENDIBILISSIMA DI MUSICISTA E REGISTA”. MA MOLTI LAMENTANO "UN PO’ POCA MUSICA…"
Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera” - Estratti
Per molti di quelli che hanno conosciuto o letto Umberto Eco e ieri sera erano alla Scala alla prima mondiale de «Il nome della rosa», l’opera è stata tre ore di tonfo al cuore: fedeltà al testo e alta qualità senza concessioni al pop: un successo, alla fine 12 minuti di applausi.
Musica e libretto di Francesco Filidei, direzione di Ingo Metzmacher, regia di Damiano Michieletto, orchestra, coro e voci bianche del Teatro alla Scala, testo in italiano con citazioni in latino (anche troppe, percentualmente al romanzo), greco, ebraico, tedesco e francese e lunghi elenchi, passione che Eco aveva preso da Borges.
Siamo come in un nero teatro anatomico. Dall’alto si affacciano i monaci che pregano (in realtà leggono il romanzo) su una doppia fila di stalli mentre sul palco si svolgono i 7 giorni della narrazione, 7 come le trombe dell’Apocalisse divisi in 24 scene, ciascuna delle quali caratterizzata da un elemento simbolico come «installazioni, una serie di pannelli ognuno di colore diverso», dichiara Filidei.
L’opera segue il romanzo: in una abbazia medievale avvengono morti sospette sulle quali indaga Guglielmo da Baskerville con il novizio Adso scoprendo che sono dovute a un libro vietato custodito in biblioteca (l’inesistente secondo libro sul riso della «Poetica» di Aristotele) con pagine avvelenate.
Ma oltre il thriller ci sono tutti gli strati del romanzo: la femmina tentatrice (con lunga scena onirica), il bestiario che esce dai codici miniati ed entra in scena, la disputa sulla povertà di Cristo tra gli azzurri francescani e i rossi domenicani con l’inquisitore Bernardo Gui (Daniela Barcellona en travesti), l’eresia dulciniana, la proiezione semiologica del secondo livello del romanzo che si dipana tra giochi linguistici e specchi riflettenti.
Alcune scene sono di perentoria efficacia: poco dopo l’ingresso di Adso da Melk (Kate Lindsey en travesti) e Guglielmo da Baskerville (Lucas Meachem) un altorilievo rielaborato del portale di Moissac si sgretola ed escono tersicorei in un sabba apocalittico. Da anatomisti le teche con i cadaveri dei monaci mentre la Madonna da van Eyck ha Adso al posto del Salvatore. La luce del velario, sagomata come eptagono che riproduce la pianta della biblioteca, è sempre fredda, salvo nell’incendio finale dell’abbazia, e ciò la rende anni Settanta, che sono quelli nei quali maturò il romanzo (Bompiani nel 1980).
Presenti la famiglia Eco, compositori come Salvatore Sciarrino, Fabio Vacchi, Luca Francesconi e Silvia Colasanti, direttori di teatro, il direttore di Rai Cultura Fabio Zappi, quello del Piccolo, Lanfranco Li Cauli, e quella del Franco Parenti, Andrée Ruth Shammah. Stefano Eco è soddisfatto, trova l’opera «armonica» e lo è anche Mario Andreose, che fu agente di Eco e direttore Bompiani: «Scelta attendibilissima di musicista e regista». Molti apprezzano che Filidei non abbia ceduto al fumettone, alcuni, però, lamentano un po’ «poca musica». In effetti, commenta un esperto, tra la riduzione cinematografica di Jean-Jacques Annaud e l’opera lirica di Filidei, al netto delle 5 recite tutte esaurite c’è in mezzo spazio anche per un musical stile Broadway.
IL NOME DELLA ROSA ALLA SCALA DI MILANO
IL NOME DELLA ROSA ALLA SCALA DI MILANO
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francesco filidei
il nome della rosa
francesco filidei
il nome della rosa 33
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umberto eco
ingo metzmacher
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