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THE NOBELS THEY ARE A- CHANGIN' - LO SCRITTORE MARTIN AMIS: ''IL PREMIO A DYLAN? IN QUESTI ANNI SI E’ VISTO DI PEGGIO. LA LISTA DEI GRANDI ESCLUSI E’ LUNGA E INIZIA CON NABOKOV'' - MICHAEL CUNNINGHAM: “CHE OSSESSIONE STUPIDA QUELLA DEI VERI SCRITTORI”

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BOB DYLAN 3BOB DYLAN 3

1. MICHAEL CUNNINGHAM: “È L’ESSENZA DEL PREMIO BOB HA SCOSSO L’ANIMA DI UN INTERO PAESE”

Antonello Guerrera per “la Repubblica”

 

«The times they are a- changin’. I tempi cambiano. Devono cambiare. Altrimenti tutto muore. Anche la letteratura». E allora ben venga il Nobel a un menestrello. La voce di Michael Cunningham è radiosa: «È fantastico, meraviglioso», giubila al telefono da New York.

Eppure lui è un celebre scrittore, americano, vincitore di un Pulitzer. Molti suoi colleghi gli chiedono di difendere la categoria, dopo che la Svezia ha stabilito che Bob Dylan è un re della letteratura. Ma per Cunningham queste distinzioni tra generi, queste “frontiere corporative”, oggi non hanno più senso. Soprattutto in una società eterea come la nostra, dove la fruizione dell’arte (anzi, delle arti, come dicono in inglese) scavalca spesso il mezzo fisico, in questo caso il libro.

 

 

MARTIN AMIS 2MARTIN AMIS 2

Quindi questo Nobel a Dylan è anche un segno dei tempi, signor Cunningham?

«Lo è. Apparentemente, può sembrare una svolta pop dell’Accademia, dopo alcune scelte un po’ snob. E per molti la vittoria di Dylan è un ritorno alla millenaria tradizione orale della poesia, come ha detto Salman Rushdie. Ma il passato c’entra fino a un certo punto. Oggi il libro ha un’entità diversa, meno materiale, pensi agli ebook e agli audiolibri. La scelta di Stoccolma si giustifica anche in questo modo ».

Ma quindi che cos’è oggi per lei la letteratura?

LAS VEGAS CONCERTO DYLANLAS VEGAS CONCERTO DYLAN

«La capacità di parlare alle persone, di scuotere i loro sentimenti. E non è necessario un libro per fare letteratura. Anzi. Se davvero pensassimo che questo Nobel rappresenta un pericolo per la letteratura cosiddetta “pura”, allora i libri sarebbero davvero in grosso pericolo. Ma non è vero».

 

 

Così Dylan è un letterato, secondo lei?

MICHAEL CUNNINGHAMMICHAEL CUNNINGHAM

«Assolutamente sì. Come lo era il Nobel dell’anno scorso, Svetlana Aleksievic, nonostante fosse essenzialmente una cronista. Ma allora non ho sentito le stesse critiche. Dylan è un artista devastante, ma allo stesso tempo genuino. Esprime la sua letteratura in una serie di forme, tra cui la poesia. E ha un’influenza straordinaria su milioni di persone. Costituisce a pieno l’essenza del Nobel: una figura che ha scosso l’anima culturale e politica di un paese, come tanti suoi predecessori. Allen Ginsberg scoppiò in lacrime ascoltando Hurricane ».

 

Ma non crede che questo premio sia stato perlomeno ingiusto nei confronto dei “veri” scrittori?

«Che ossessione stupida quella dei “veri scrittori”. Lo si potrebbe dire ogni volta, ogni anno. La scelta di ogni premio ha organicamente un lato falso e arbitrario. Allora cosa dovrebbero dire Murakami o De-Lillo? Sono tutti autori leggendari. Ma non paragonabili tra loro, nemmeno con Dylan. Le parole, cioè la letteratura, possono avere tante forme, soprattutto oggi.

BOB DYLAN LIKE A ROLLING STONEBOB DYLAN LIKE A ROLLING STONE

 

Persino il rumore può avere valenza letteraria. E poi molti scrittori si ispirano, lavorano o acquisiscono il ritmo di scrittura proprio grazie alla musica. Mentre scrivevo The hours su Virginia Woolf mi hanno aiutato molto Brahms e Schubert, perLa regina delle nevi Laurie Anderson e John Cale. E Bob Dylan sin da piccolo ha solcato, con forza, la mia narrativa. Perchè i confini non esistono».

 

2. MARTIN AMIS: “NON È CERTO LUI LA PIETRA DELLO SCANDALO”

Antonio Monda per la Repubblica

Martin Amis parla con il distacco di chi non è mai entrato in gioco: è collega e amico personale di molti dei candidati americani al Nobel, ma Bob Dylan è un eroe innanzitutto della sua generazione. «Più che un eroe è un punto di riferimento», dice l’autore inglese dalla casa di Brooklyn dove vive ora, «e non sempre il mio punto di riferimento, ma una personalità imprescindibile del 900 e anche di questo primo scorcio di secolo».

 

 

Ritiene che meritasse il Nobel?

DYLANDYLAN

«In passato abbiamo assistito a scelte imbarazzanti: Dylan certamente non lo è».

È un grande poeta o scrittore?

«Un grandissimo autore di canzoni. La vera discussione da fare è se il Nobel è da riferirsi solo a romanzieri, drammaturghi e poeti».

 

Le sue canzoni hanno valore letterario senza la musica?

«Sì, alcune hanno testi magnifici, ma non ha senso separarle dalla musica, come non ha senso separarle dal suo modo di cantarle ».

Qual è l’importanza di Dylan?

«Saper essere uguale a se stesso e cambiare sempre. In questo Dylan è unico e inimitabile».

 

Dylan ha attraversato vari periodi: li ha apprezzati tutti?

«Alcuni mi hanno sconcertato, specie alla fine degli anni 70, ma poi mi sono reso conto che erano parte di un percorso. Mi riferisco alla conversione al suono elettrico e, soprattutto, al momento mistico, che oggi appare meno evidente, ma continua».

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Come ha reagito all’annuncio del Nobel?

«Se ne parlava da anni, non è stata una sorpresa. Anche se le scelte dell’Accademia oscillano tra conservazione e avventura: a volte nomi alquanto oscuri, altre volte sorprendenti come Dario Fo. Mi è venuto in mente il premio per la pace preventivo a Obama… Si può dire che è stata una scelta discutibile e sorprendente? ».

 

Hanno ancora senso i premi letterari?

«La domanda vera è se lo abbiano mai avuto».

Chi sono i grandi esclusi?

«Un nome per tutti: Nabokov… ».

Per 23 anni il Nobel ha ignorato l’America, ora premia Dylan, saltando a piè pari Roth, DeLillo, Pynchon, McCarthy… 

«Tutti nomi di primissimo ordine, ma prima di parlare di Dylan, analizziamo quanti dei premiati in questi anni siano al livello dei nomi che ha fatto».

 

Qual è la sua interpretazione della scelta?

«Due parole: Stockholm Politics ».

Un membro dell’Accademia qualche anno fa accusò la cultura americana di insularità… 

«Fu costretto a scusarsi: basta leggere quei nomi per rendersi conto di quanto siano universali ».

 

Quali sono le canzoni di Dylan che preferisce?

«Sono tante, a cominciare da All along the watchtower, ma oggi voglio citare Maggie’s farm, che è tra le più politiche. Una canzone suggestiva, efficace e poco più: ecco forse questo è la differenza con una poesia».

Cosa intende?

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«Parliamo di oggi: Maggie’s farm, usata trenta anni fa contro l’odiata Thatcher, può aiutare a capire anche gli elettori di Trump, e questo è un pregio. Tuttavia parliamo di splendide canzoni, non necessariamente di poesia, e torniamo alla domanda fondamentale: quali sono i limiti del Nobel letterario? È un allargamento legittimo o semplice provocazione? ».