DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA…
Marco Belpoliti per "la Stampa"
La credenza nella jettatura è assai radicata in Italia, in particolare al Sud. Nel 1999 un siciliano ha ucciso i vicini di casa perché parlavano di lui come di uno jettatore; il cantante Marco Masini, invece, si è ritirato temporaneamente dalla scene perché perseguitato dalla fama di portar scalogna, come si diceva di Mia Martini.
Ma non è solo questione di cantanti. Togliatti, segretario del Pci, teneva sempre in tasca chiodi di ferro contro il malocchio e Benito Mussolini sembra temesse gli jettatori più degli antifascisti. Sergio Benvenuto, psicoanalista e filosofo, nato a Napoli, ha scritto una breve storia della jettatura ( Lo jettatore , Mimesis, p. 48, Euro 3,90) che è una discesa nei recessi dell'anima italiana, per non dire del Sud in generale.
Benvenuto (cognome quanto mai adatto ad affrontare un simile tema) invita a non confondere la jettatura col malocchio, il quale riguarda piuttosto lo sguardo invidioso che provoca disgrazie in chi ne è oggetto. Il malocchio rivelerebbe la potenza soprannaturale del desiderio umano, tanto che in varie lingue le due parole - desiderio e invidia si dicono con un medesimo termine.
La jettatura nasce ufficialmente nel Settecento con il libro di un illuminista napoletano, Nicola Valletta, Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura (1787) e, come aveva indicato l'antropologo Ernesto de Martino, è dominata da personaggi maschili appartenenti al ceto colto, professori, magistrati, medici e avvocati. Valletta sancisce con il suo trattatello il divorzio tra psicologia e fisica, tra la forza del desiderio e le cieche energie naturali.
L'illuminista napoletano istituisce la figura dello jettatore che non vuole, come l'invidioso tradizionale, il male altrui. La jettatura, scrive Benvenuto, sospende la separazione tra realtà e illusione, e sopratutto quella tra Bene e Male. Cosa significa? Che lo jettatore non è più una figura malvagia, un mago o uno stregone, bensì un brav'uomo che porta male. Tutto questo sarebbe l'effetto del razionalismo settecentesco che, come ha mostrato Todorov, separando razionalità da irrazionalità , realtà da fantasia, provoca la nascita della stessa letteratura fantastica.
E qui spunta lo jettatore, ben incarnato da Totò nel film di Zampa, Questa è la vita , dove interpreta il personaggio creato da Pirandello nel racconto "La patente": un uomo per bene, morigerato, disoccupato, un menagramo che decide di fare di questo un mestiere per campare, e pretende la patente di jettatore, al fine di ottenere compensi dai negozianti che minaccia con la sua presenza.
Cosa significa? Lo jettatore moderno non è dunque l'invidioso della tradizione, bensì il suo contrario: uno privo d'invidia. Si tratta di un personaggio privo di desiderio, e proprio per questa carenza in grado di far convergere una forza indesiderabile su chi fissa. Se si segue René Girard, il creatore del paradigma del «capro espiatorio», il desiderio umano è mimetico, imita, e tende alla rivalità : si desidera quello che l'altro possiede. Questa dinamica ha bisogno di un capro espiatorio, un individuo o un gruppo, su cui far cadere, nei momenti di grande tensione collettiva e di crisi, la colpa del Male. Lo jettatore sarebbe secondo Benvenuto un capro espiatorio.
Ma cosa c'entra tutto questo con l'Illuminismo? Separando razionalità da irrazionalismo, scienza da spiritismo, i Lumi della Ragione hanno creato involontariamente i presupposti per un doppio regno che prima non esisteva, essendo il pensiero pre-illuminista mitologico e simbolico: la realtà è una sola, l'Anima Mundi che pervade sia il micro come nel macrocosmo.
La psicosi della jettatura nascerebbe qui, come una forma di paranoia, l'unica malattia mentale che, come ci ricorda Luigi Zoja in Paranoia (Bollati Boringhieri), si comunica agli altri, e che può avere perciò una dimensione collettiva. Benvenuto arriva a supporre che nel Settecento e nell'Ottocento la jettatura sia stata addirittura una forma di xenofobia. Il passaggio dal malocchio alla jettatura ha significato il passaggio dal primato dello sguardo a quello della parola, dalla magia visiva alla magia del linguaggio.
E oggi? Viviamo nel regno del «non è vero, ma ci credo». Lo jettatore non esiste per il sapere scientifico, ma quando il napoletano - e non solo lui - incontra una «certa persona» si tocca le palle e fa il segno delle corna. Esiste, ma a livello viscerale, che è poi quello di cui si occupa la psicoanalisi.
Siamo divisi, proprio come il feticista o il perverso di cui parla Freud: crediamo in certe forze in virtù del sapere empirico, ma temiamo, oppure desideriamo intensamente, altre forze che manifestano il nostro lato infantile, quello primordiale e irrazionale. Le superstizioni apparterrebbero, dice Benvenuto, a una area ambigua tra razionale e irrazionale: «sono saperi desideranti, e desideri in forma di saperi».
Come nel caso delle credenze intorno a Babbo Natale e alla Befana, si scopre ben presto da bambini che non esistono, e subito si capisce, più o meno chiaramente, che sono proprio gli adulti ad alimentarle: «la credenza puerile serve a far sopravvivere la fede mistica degli adulti». Serve, proprio come la jettatura, così che è il bambino ad essere il padre dell'uomo, come diceva Wordsworth. Siamo divisi.
Che male c'è? Nessuno, ovviamente. Si sa che non si dovrebbe credere nel potere dello jettatore, ma ci si comporta come ci si credesse. Una volta Umberto Eco ha detto: «Non siate superstiziosi! La superstizione porta iella». Sergio Benvenuto replica: la credenza nello jettatore contesta la razionalità dominante e afferma, sì credenze superate, ma dimostra che razionalismo, scienza e tecnologia portano iella e ci rendono infelici. Sarà vero? Meglio toccarsi.
MARCO MASINIMIA MARTINIbenito mussolinisilvio BerlusconiO' JETTATORE DI ANDREA PETRONE
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