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ARBASINO SPIA - A PRANZO DAGLI AGNELLI CON TRUMAN CAPOTE E UN FUMETTO SCANDALOSO CHE SPARISCE NELLA TASCA DI GUIDO CARLI – “MAI ENTRARE IN UN’AUTOMOBILE SE C’È GIANNI AGNELLI ALLA GUIDA, PERCHÉ I SUOI OCCHI GUARDANO DAPPERTUTTO, TRANNE CHE SULLA STRADA”
Alberto Arbasino per “la Repubblica” - ARTICOLO DEL 22 DICEMBRE 2014
«Trummy & Mommy» venivano soprannominati Truman Capote e la moglie del magistrato di Kansas City che gli permetteva di incontrare uno dei due imputati di A sangue freddo. In visita a Roma, tutt’e due.
Ma non andavano tanto d’accordo. Lui voleva andare continuamente dagli Agnelli, non essendo ancora allontanato da Gianni e Marella, che ricevevano parecchio. Qui si potrebbe ricordare un pranzetto con Kiki Brandolini e Giovanni Urbani e Guido Carli, ove portai i primi fumetti scandalosi, che allora si trovavano solo a Copenaghen. In ore antelucane Marella mi telefonò, per sentire se non li aveva lasciati lì in giro. Risposi di no, e anche Kiki con Giovanni. Dunque li aveva potuti prendere solo Guido Carli.
Che frattanto, telefonando a un’amica lucchese, scendeva con Luisa Spagnoli al «Buco» per evitare — «ma tanto, chi se ne accorge» — una terrazza di cibi ebraici in onore degli ambasciatori di Israele.
Invece la consorte del magistrato, la prima volta a Roma, si divertiva soprattutto ai ristoranti con gli allegri legionari tipici sulla porta, con fiaccole e tutto. Fece rapidamente amicizia con un’americana molto ricca e molto piccola, biondissima e non giovane, nota come «una diva della Dolce vita», giacché appariva per un momento nel film di Fellini. E abitava in via degli Orsini, a un ultimo sontuoso piano che divenne poi dimora di Tomas Milian, e con al seminterrato un vasto atelier di Giosetta Fioroni. Ma non parlavano l’italiano, né l’una né l’altra.
- A causa degli Agnelli, si stava a Maiorca in un villaggio fortificato dei Fierro e dei March. Con Brando e Cristiana Brandolini, si commentava in motoscafo la schiena gracile e ossuta di Audrey Hepburn. Ma suo marito, Andrea Dotti, preferiva far lezioni alle figlie di Franca Sposito. Jack Dunphy, vecchio compagno di Truman, si riposava. Lui, Capote, veniva a cena tardi.
- Già annunciato su una copertina di Vogue dedicata ad «Italian Verve», ecco peraltro che «Truman Capote writes about his friends, the Agnellis». E lì, dopo i «Mamma mia!» di apertura e prammatica, un consiglio circa la velocità: «Mai entrare in un’automobile se c’è lui alla guida, perché i suoi occhi guardano dappertutto, tranne che sulla strada». E in quanto a Donna Marella, un «definitely not!» se per caso «vi invita a far sight-seeing o shopping». Infine, «va particolarmente evitato il loro echeggiante palazzo torinese. Pretty nice, ma sono tutti italiani, e appassionati di pasta come tutti i loro connazionali».
- L’ho ancora, quel vecchio numero «italianissimo! » di Vogue, dell’aprile 1969, dove tenevo una rubrica romana, poiché vi figurava un mio pezzo su D’Annunzio e le dame dannunziane. In copertina, Suzy Kendall fotografata da David Bailey. All’interno, Allegra Caracciolo vestita da Federico Forquet presenta come novità Selvaggia Borromeo e Claudia Cardinale. Lanfranco Rasponi indica le trattorie con «excellent pasta». (Quella copia di Vogue mi giunse inviata da Diana Vreeland, allora o ancora, Editor-in- Chief).
- Sulla spiaggia di Fire Island — allora di gran moda — si veniva salutati da Truman Capote: vestito di bianco, e con cappello bianco in testa. Dopo due o tre volte, al Tea Dance (di prammatica, ogni pomeriggio), con Egon Fürstenberg si decide di andarlo a salutare. Ci saluta graziosamente, e incomincia a parlare dell’anno scorso. Ma non ci si era stati. In compenso, anni prima. Ed era appena spirato, su un autobus, il vecchio “landlord” che ci affittava i capanni. Decidemmo, con Egon, che malgrado la vocetta non era lui. E invece lo era.
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